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Firenze, 15 novembre 2011 – Cento a centocinque. No, non è il risultato di una partita di pallacanestro o di rugby. È il rapporto tra i sessi alla nascita, il cosiddetto “sex ratio”, secondo il quale ogni cento femmine nascono centocinque maschi.
In Toscana, però, i conti non tornano. Secondo l'Agenzia regionale di sanità (Ars), infatti, nelle comunità straniere tra il 2008 ed il 2010 il rapporto non sarebbe stato rispettato. La paura, a questo punto, è che si sia iniziato a praticare il fenomeno degli “aborti selettivi”. [MORE]
All'appello mancherebbero ben cinquecento bambine, così che nella nelle tre comunità straniere più grandi della regione, cioè quella cinese, quella rumena e quella albanese, il rapporto sia – rispettivamente - di centoundici, centotredici e centoquindici maschi nati ogni cento femmine. Il boom, però, lo si registra – come fa notare Anna Meldolesi, biologa e giornalista scientifica autrice di “Mai nate” - nella comunità indiana presente nel nostro paese, laddove sono addirittura 141 i maschi nati ogni cento femmine.
Cina, Albania, Romania e India sono tra i paesi in cui la pratica dell'aborto selettivo è ancora in vigore – o, come nel caso cinese, è stata da poco dichiarata illegale – in quanto in queste nazioni si continuano a preferire i figli maschi per meri motivi economici. Bisogna però capire se tali fenomeni iniziano ad essere replicati, così come molte altre pratiche “importate”, anche in Italia.
«Per quanto riguarda le donne cinesi» - evidenzia Valeria Dubini, responsabile della ginecologia di Torregalli, vicepresidente della società italiana dei ginecologi ospedalieri e da sempre impegnata anche nell'assistenza agli immigrati - «nel loro paese c'è una politica demografica che favorisce obbiettivamente l'erede maschio. Così non si può escludere che anche nel nostro paese seguano dei percorsi simili, magari cercando anche una diagnosi precoce del sesso».
«Le famiglie albanesi» - scriveva già nel 2005 un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) - «tradizionalmente preferiscono gli uomini alle donne per due motivi principali: la perpetuazione del nome di famiglia e l'idea che gli uomini, da adulti, saranno i capofamiglia». Le autorità albanesi, però, sostengono che in realtà il problema non esiste - e dunque non trova fondamento alcuno la denuncia dello scorso ottobre di Doris Stump, parlamentare europea – perché in Albania il rapporto sarebbe addirittura al di sotto del “sex ratio”, con centouno bambini nati ogni cento bambine. La legge albanese ha vietato l'aborto selettivo nel 2002, pur non prevedendo alcuna sanzione per chi invece lo pratica, e non è difficile intuire come ospedali ed abitazioni private vedano tale operazione lungi dall'essere bandita.
In India, invece, questa pratica ha portato – negli ultimi trenta anni – alla scomparsa (o sarebbe meglio dire alla non-nascita) qualcosa come 12 milioni di bambine. Ed il fatto che proprio questo sia il paese dove si importano più apparecchiature per ecografie non indica certo una diminuzione del fenomeno.
Tale fenomeno rischia però di modificare, nel medio-lungo periodo, la stessa architettura sociale dei paesi in cui viene praticato. L'eccessiva competizione maschile, ad esempio, potrebbe portare a comportamenti antisociali o a vere e proprie forme di emigrazione verso l'estero o all'aumento di atteggiamenti criminali come la violenza sessuale o la pedofilia.
«Tra le immigrate» - sostiene Anna Meldolesi - «c'è un ricorso diffuso al Cycotec, una pillola antiulcera usata a scopo abortivo non senza rischi per la salute delle donne. Se per stabilire il sesso del nascituro ci saranno metodi più affidabili, come il semplice prelievo del sangue che si effettua alla settima settimana di gravidanza, gli aborti selettivi ai danni delle bambine diventeranno ancora più facili».
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