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Accordi di libero scambio dell’Unione Europea: i maggiori ostacoli alle trattative in corso

Creato il 12 novembre 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Accordi di libero scambio dell’Unione Europea: i maggiori ostacoli alle trattative in corso

Gli accordi di libero scambio (Free Trade Agreements – FTA) hanno dimostrato di essere uno dei modi migliori per aprire i mercati esteri agli esportatori. Gli FTA riducono le barriere alle esportazioni, proteggono gli interessi esteri, e intensificano il rispetto delle norme nel paese partner dell’accordo. La riduzione delle barriere commerciali e la creazione di un ambiente più stabile e trasparente per il commercio e gli investimenti rende più facile ed economico per le imprese straniere esportare i loro prodotti e servizi nel mercato del paese partner. La situazione di stallo o, per essere più realisti, il fallimento del Doha Round ha condotto, negli ultimi anni, alla proliferazione di questi accordi che coinvolge tutte le aree del globo, e in particolare Asia Orientale e America Latina. Anche l’Unione Europea è molto attiva in questo settore.

Per quanto concerne l’Unione Europea, è importante ricordare che la politica commerciale è una sua competenza esclusiva. Di conseguenza, la Commissione europea svolge un ruolo chiave nei negoziati per FTA. In breve, la procedura per la negoziazione di un FTA stabilisce che la Commissione negozia con il trading partner per conto della UE e si coordina strettamente sia con i Paesi membri sia con il Parlamento europeo. La Commissione richiede al Consiglio l’autorizzazione a negoziare un accordo commerciale con un trading partner. Questa autorizzazione fornisce le linee guida e gli obiettivi da raggiungere durante le fasi del negoziato. All’interno della UE, il Consiglio e il Parlamento europeo sono gli organi che approvano formalmente i risultati del negoziato e aprono la strada alla firma dell’accordo con il partner commerciale. L’accordo commerciale entra in vigore solo quando è completamente ratificato da tutti gli Stati membri. Sebbene non vi sia un modello unico di accordo commerciale europeo, nella maggior parte dei casi l’Unione Europea negozia FTA omnicomprensivi.

Nella Comunicazione Global Europe: Competing in the World si sostiene che l’apertura dei mercati può essere lo strumento per la crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro. Perseguendo questi obiettivi la UE, negli ultimi anni, ha concluso FTA con Cile, Messico, Sudafrica, e, recentemente, con la Corea del Sud. Attualmente la UE sta portando avanti negoziati per accordi di libero scambio con altri Paesi e regioni. Tuttavia, non è facile raggiungere un accordo commerciale tra la UE e un altro Paese perché ci sono molti interessi in gioco. Inoltre, l’opinione pubblica è diventata negli anni molto sensibile a questo argomento. Nel seguente articolo osserveremo lo status attuale dei negoziati che la UE sta conducendo con l’ASEAN, l’India, l’Ucraina, il Canada e i Paesi del Golfo.

Negoziati dell’UE con l’ASEAN

La UE ha selezionato l’ASEAN come partner per un nuovo accordo di libero scambio tenendo ben presente l’importante crescita economica dell’area e il livello di protezionismo verso le esportazioni europee. Bisogna tener presente che l’interscambio commerciale tra UE e ASEAN è inferiore a quello della UE con la Cina, ma è maggiore di quello con altri importanti Paesi, come la Corea del Sud e l’India. In breve, l’ASEAN, considerata nel suo insieme, rappresenta il terzo partner commerciale più grande per la UE, dopo USA e Cina, con più di € 206 miliardi di commercio in beni o servizi nel 2011. Invece, la UE è il secondo partner commerciale più grande dell’ASEAN, dopo la Cina, incidendo per circa l’11% del suo commercio. La UE è di gran lunga il maggior investitore nella regione dell’ASEAN. Le aziende europee hanno investito annualmente in media circa € 9,1 miliardi nel periodo 2000-2009. Le esportazioni principali della UE verso l’ASEAN consistono di prodotti chimici, macchinari e mezzi di trasporto. Viceversa, le principali esportazioni dell’ASEAN verso la UE comprendono macchinari, mezzi di trasporto, prodotti agricoli e tessili.

Nell’aprile 2007 il Consiglio ha approvato il mandato che autorizza la Commissione europea a iniziare i negoziati per l’accordo di libero scambio con l’ASEAN, di cui fanno parte Birmania/Myanmar, Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Filippine, Singapore, Tailandia e Vietnam. La UE aveva ipotizzato tre possibili scenari: un FTA tra UE e ASEAN nel suo insieme; un FTA con l’ASEAN ma con l’esclusione dei tre Paesi meno sviluppati, Laos, Cambogia e Myanmar; FTA bilaterali con Brunei, Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore, Vietnam e Tailandia – Paesi con i quali la UE aveva già avviato accordi di cooperazione e partnership individuali. La Commissione europea ha deciso per un approccio regionale per il negoziato con l’ASEAN. Nel maggio 2007 il meeting dei Ministri economici dell’UE-ASEAN, svoltosi a Brunei, ha concordato per l’avvio dei negoziati per l’accordo di libero scambio.

Per quanto riguarda il contenuto dell’accordo, la UE richiede un periodo di transizione di dieci anni per l’eliminazione delle tariffe, impegni nel settore degli investimenti e dei servizi e un periodo di transizione più lungo per i prodotti agricoli. È disposta a concedere uno Special and Differential Treatment (SDT) ai Paesi meno sviluppati dell’ASEAN sotto forma di un periodo di transizione più lungo. La UE già concede alla Cambogia e al Laos un accesso duty-free al suo mercato come parte del pacchetto Everything but Arms per i Paesi meno sviluppati. Il mandato contiene anche disposizioni concernenti public procurement e la concorrenza, sebbene le indicazioni siano meno rigorose rispetto all’accordo con la Corea del Sud. La UE ha anche proposto un Capitolo sullo Sviluppo Sostenibile che comprende un vasto insieme di interessi collegati al lavoro e agli standard socio-economici. Dall’altro lato, l’ASEAN ha differenti posizioni su alcune questioni. Innanzitutto, vuole un accordo limitato. Le tre maggiori obiezioni alla UE sono rappresentate dall’avversione all’inclusione del public procurement, dalla volontà di una copertura limitata della politica di concorrenza sulle iniziative di cooperazione e dalla volontà assoluta dell’esclusione della questione dello sviluppo sostenibile. Infine, l’ASEAN è restia a negoziare i diritti di proprietà intellettuale al di là degli impegni presi nel WTO.

Nel marzo 2009, entrambe le parti hanno concordato di prendere una pausa dalle trattative per riflettere meglio sul format più appropriato per il negoziato in futuro. Lo stallo nella trattativa è dovuto principalmente a due questioni. La prima è la posizione di Myanmar. Myanmar è destinatario delle sanzioni dell’Unione Europea a causa delle continue violazioni dei diritti umani. Per tale ragione la UE vuole escludere Myanmar dall’accordo. Per contro, l’ASEAN insiste che l’accordo debba includere tutti i Paesi membri, in linea con gli altri accordi di libero scambio che ha concluso con Paesi terzi. La seconda questione è la considerazione europea che l’ASEAN nel suo insieme non sia ancora pronta a soddisfare le alte aspettative che la UE nutre. Infatti, l’ASEAN ha un processo decisionale debole e di fatto un potere nullo per obbligare un Paese membro ad adottare le sue decisioni. Tenendo presente queste difficoltà, la UE ha deciso di iniziare dei negoziati con singoli Paesi membri dell’ASEAN. Lo scopo di questi FTA bilaterali è la costituzione di un “building block” che potrebbe rappresentare la base per un futuro FTA con l’ASEAN nel suo insieme. Di conseguenza, nel 2010, sono stati avviati i negoziati con Singapore e Malesia, i maggiori partner della UE nell’ASEAN.

Il negoziato FTA tra UE e Singapore

Tra i membri dell’ASEAN, Singapore ha una posizione unica. È un paese sviluppato con un PIL pro capite uguale a quello europeo. Inoltre, l’economia di Singapore, in termini di commercio internazionale e investimenti esteri, è una delle più aperte e competitive al mondo. Con poche eccezioni le tariffe sono zero, il commercio totale in merci è quasi quattro volte il PIL e gli afflussi di investimenti esteri diretti sono notevoli. Oltre a ciò, Singapore ha una posizione strategica tra i Paesi dell’Asia Sudorientale che ne fa l’hub naturale della regione. Di conseguenza, Singapore è il principale partner della UE nel Sud-est asiatico. Per contro, la UE è il secondo trading partner di Singapore, dopo la Malesia ma prima della Cina e degli USA. Visti i forti legami economici, Singapore rappresenta il miglior partner col quale avviare i negoziati per un FTA.

Dal punto di vista europeo, il negoziato FTA con Singapore dovrebbe condurre a una rapida e non problematica soluzione poiché Singapore non è un grande esportatore nei settori politicamente sensibili, quali agricoltura, tessili, macchinari e acciaio. Inoltre, da non sottovalutare, vi è una volontà unanime delle società europee a favore di una rapida conclusione. Infatti, la Camera Europea di Commercio ha sottolineato come l’accordo di libero scambio stipulato da Singapore con gli USA e il Giappone sia fonte di discriminazione per le aziende europee dato l’accesso preferenziale concesso ai loro concorrenti. Anche Singapore è favorevole ad una rapida conclusione perché avrebbe un accesso preferenziale a un mercato di 500 milioni di consumatori.

Tuttavia, ci potrebbero essere alcuni ostacoli sulla strada del negoziato. Uno di questi è l’accesso al public procurement di Singapore, il quale costituisce una parte rilevante del suo PIL. Per quanto riguarda i servizi, le aree più difficili riguardano banche, assicurazioni e servizi postali. In particolare, per i servizi bancari, la UE chiede lo stesso trattamento garantito alle banche statunitensi. Un altro ostacolo riguarda il riconoscimento dei titoli e delle qualifiche professionali. Infine, la UE vorrebbe includere nell’accordo un capitolo sullo sviluppo sostenibile che include alti standard per il lavoro e per l’ambiente sebbene Singapore sia parte di convenzioni dell’ILO sulle tematiche del lavoro e di altre convenzioni sull’ambiente. L’obiettivo della UE di includere alcune tematiche nel FTA con Singapore è quello di rendere tale accordo il modello del futuro accordo con l’ASEAN nel suo insieme.

Il negoziato FTA tra UE e Malesia

La UE è il quarto maggiore trading partner e la seconda fonte di investimenti della Malesia. La Malesia è il secondo partner commerciale più grande della UE tra i Paesi ASEAN. Dal punto di vista della Malesia, un FTA con la UE garantirebbe un miglior accesso al mercato europeo, promuoverebbe i flussi commerciali e di investimento e comporterebbe un mutuo riconoscimento degli standard e delle qualifiche. Una delle richieste principali della Malesia è la “reciprocità ragionevole” cioè, dati i differenti livelli di sviluppo, l’accordo tra Malesia e UE dovrebbe cercare soluzioni soddisfacenti complessive e non obbligazioni equivalenti. La UE mira a creare un miglior accesso al mercato della Malesia per le sue imprese. Le questioni più importanti evidenziate dalla UE sono: la restrizione all’acquisizione delle aziende della Malesia e l’obbligo di penetrare il mercato tramite joint venture; le restrizioni all’acquisto di proprietà e beni immobili; i requisiti dell’impiego locale; la trasparenza sul public procurement. Inoltre, la UE è interessata a rimuovere le barriere non tariffarie in molte aree. Alcune associazioni europee hanno posto in evidenza i vantaggi limitati che potrebbero derivare da un FTA con un piccolo mercato come quello della Malesia contro gli enormi vantaggi che deriverebbero a quest’ultima dall’accesso al mercato europeo. Tuttavia, dovrebbe considerarsi che l’accordo con la Malesia, più di quello con Singapore, potrebbe rappresentare il modello di FTA per le future trattative con l’ASEAN poiché le condizioni economiche e sociali della Malesia sono più simili a quelle del resto dei membri dell’ASEAN di quelle di Singapore.

Il negoziato FTA tra UE e India

Sebbene l’India sia un paese in forte crescita da almeno 10 anni, rappresenta ancora un partner commerciale minore per la UE. Tuttavia, dal punto di vista indiano, la relazione appare differente. Infatti, la UE è il più grande trading partner e la prima fonte di investimenti. La rapida crescita dell’India e il suo enorme mercato potenziale rappresentano due buone ragioni per l’Unione Europea per stipulare un FTA con l’India. Entrambe le parti mirano a eliminare i dazi sul 90% delle linee tariffarie e dei volumi commerciali entro sette anni dalla firma dell’accordo. Mirano anche a eliminare i “non justified non-tariff obstacles to trade”; ad assicurare la liberalizzazione dei servizi, il reciproco riconoscimento delle qualifiche e una maggiore trasparenza nella regolazione dei servizi; a migliorare l’accesso al mercato e la trasparenza in materia di investimenti e public procurement; ad avere una maggiore cooperazione normativa sulla politica di concorrenza; a concordare una maggiore protezione sull’Indicazione Geografica dei prodotti e servizi; ad includere un sistema di risoluzione vincolante delle controversie. L’India è restia all’apertura del settore auto e delle componenti per automobili, del settore agricolo e bancario, mentre la UE pretende un più rigoroso rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Il problema nel raggiungere un accordo è dovuto anche alle difficoltà del governo indiano di riformare unilateralmente il proprio mercato e di liberalizzare il commercio e gli investimenti. Di conseguenza, è difficile considerare che il governo indiano possa applicare correttamente quanto stabilito nell’eventuale FTA con la UE.

Il negoziato FTA della UE con l’Ucraina

Il Consiglio europeo ha adottato la negotiating directive per l’accordo di libero scambio con l’Ucraina nel gennaio 2007, come parte integrante dell’“Enhanced Agreement” tra UE e Ucraina. Quest’ultimo accordo copre tutti gli aspetti delle relazioni tra UE e Ucraina con l’obiettivo di creare un’area stabile e prospera attraverso legami economici. I negoziati per il FTA sono stati ufficialmente aperti il 18 febbraio 2008 dopo l’ingresso dell’Ucraina nel WTO. L’obiettivo dell’accordo è più vasto di quelli con gli altri Paesi. Questo perché le parti mirano non solo a ridurre le tariffe commerciali per migliore l’accesso ai reciproci mercati ma anche ad armonizzare la legislazione ucraina con l’acquis communautaire dell’Unione Europea. Le aree dei negoziati sono: commercio di beni, commercio e sviluppo sostenibile, rule of origin, servizi, diritti di proprietà intellettuale, facilitazioni commerciali e doganali, public procurement, concorrenza, norme sanitarie e fitosanitarie.

Per quanto riguarda il commercio, dopo il suo ingresso nel WTO nel 2008, l’Ucraina ha ridotto i dazi su prodotti agricoli e alimentari (carne e latticini, prodotti alimentari lavorati, alcolici, ecc.) e su alcuni prodotti industriali finiti (alcuni farmaceutici, auto, macchinari, prodotti IT, attrezzature mediche, ecc.). Le aziende europee hanno tratto vantaggio da ciò poiché esse esportano principalmente macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici, tessili e prodotti agricoli verso l’Ucraina. D’altro canto, la UE ha aperto il proprio mercato ai prodotti ucraini sin dai primi anni degli anni Novanta. Nel 1993 l’Ucraina è divenuta beneficiaria del General System of Preferences (GSP) dell’Unione Europea. Di conseguenza, le importazioni di alcune esportazioni-chiave ucraine, come chimici e oli vegetali, sono state liberalizzate. Invece, ad altri importanti prodotti ucraini, come ferro, acciaio, grano, frutta, prodotti ittici, non è stato garantito il GSP. Il problema maggiore rimane l’esportazioni di prodotti agricoli verso il mercato europeo che è altamente protetto. Perciò, la liberalizzazione del commercio di prodotti agricoli è una degli argomenti più critici del negoziato.

Sebbene i negoziati abbiano fatto progressi, altre questioni importanti rimangono ancora in sospeso, come l’armonizzazione dei diritti di proprietà intellettuale, materia in cui l’Ucraina è nota per una piuttosto diffusa pirateria, e public procurement a causa di un sistema di appalti non trasparente e privo di informazioni.
I negoziati procedono bene per la buona volontà di entrambe le parti. Tuttavia, ci vorrà del tempo prima che l’accordo venga firmato. Gli impegni del FTA avranno anche il compito di fungere da ancora esterna per le riforme interne dell’Ucraina.

Il negoziato FTA tra UE e Canada

Il Canada e l’Unione Europea hanno relazioni economiche consolidate che risalgono al 1958, quando il Canada ha accredito il suo primo ambasciatore presso la CEE. Il Framework Agreement for Commercial and Economic Cooperation, siglato con il Canada nel 1976, è stato il primo accordo di questo tipo firmato dalla UE con un paese industrializzato. In base a questo accordo Canada e UE si sono accordati lo status di nazione più favorita in tutte le categorie di prodotti. Un eventuale accordo di libero scambio tra UE e Canada è ritornato in agenda nel 2007 durante la presidenza tedesca della UE. L’enfasi fu posta sull’importanza delle relazioni transatlantiche, non solo con gli USA ma anche con il Canada. I negoziati sono stati aperti nel maggio 2009 e il contenuto e le modalità dell’accordo, che è stato denominato CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), sono stati approvati nel giugno 2009.

Il CETA contempla cinque settori chiave: commercio in beni e servizi e investimenti senza restrizioni, eliminazione dei dazi doganali, libera circolazione dei lavoratori qualificati e professionisti, apertura dei mercati del public procurement e cooperazione normativa. Per il Canada questo accordo sarà più esteso dei precedenti, incluso l’accordo commerciale NAFTA. Uno degli obiettivi principali della UE è l’apertura dei mercati del public procurement delle province canadesi alle imprese europee. Altre componenti importanti dell’accordo sono una rafforzata protezione della proprietà intellettuale, la liberalizzazione dei servizi aerei, convergenza in materia di concorrenza e politica fiscale, e una più stretta cooperazione nel campo tecnologico e scientifico. Le questioni delicate del CETA sono agricoltura, costruzioni navali, bevande alcoliche, rimedi commerciali, standard sanitari e di sicurezza, normativa ambientale, proprietà intellettuale e public procurement. Ad ogni modo, buoni progressi sono stati fatti durante i negoziati.

Il negoziato FTA della UE con il CCG (Consiglio di Cooperazione del Golfo)

Nel 1989 la Comunità Europea e il CCG (Bahrein, Kuwait, Qatar, Arabia Saudita, Oman e Emirati Arabi Uniti) hanno concluso un Cooperation Agreement con l’impegno di avviare i negoziati per un accordo di libero scambio. I negoziati sono iniziati nel 1990 ma sono stati interrotti più volte. Entrambe le parti hanno un forte interesse nel FTA. In particolare, la UE cerca un migliore accesso al mercato dei manufatti e dei servizi, mentre i Paesi CCG cercano un migliore accesso al mercato europeo dei petrolchimici, dell’alluminio e ittico. I contenuti del FTA includono: la progressiva eliminazione delle barriere tariffarie e non per ogni prodotto su base di reciprocità, una cooperazione rafforzata in aree trade-related, come la semplificazione delle procedure doganali, la reciproca liberalizzazione dei servizi. Le recenti inclusioni di public procurement, proprietà intellettuale, investimenti, standardizzazione delle procedure amministrative e doganali, risoluzione delle controversie, rules of origin rappresentano un passo verso una integrazione più profonda.

Attualmente, i negoziati sono sospesi. Tuttavia, i principali aspetti dell’accordo sono stati raggiunti. Gli ostacoli maggiori che si frappongono alla conclusione dell’accordo sono: le proteste del CCG contro le tariffe europee sui petrolchimici, le difficoltà del CCG di aprire il mercato del public procurement, l’armonizzazione degli standard e la capacità del CCG di conformarsi agli accordi sulla proprietà intellettuale e sugli investimenti. Ad ogni modo, l’ostacolo maggiore è la volontà della UE di includere una clausola concernente i diritti umani. Il CCG ha dichiarato di non aver problemi ad includere questa clausola nell’accordo. Tuttavia, il problema consiste nella volontà della UE di sospendere l’accordo in caso di violazione dei diritti umani. Per i Paesi del CCG ciò tale decisione sarebbe troppo soggettiva.

Conclusioni

Per concludere, riassumiamo i maggiori ostacoli alla conclusione degli accordi di libero scambio che l’Unione Europea sta incontrando. Essi sono: agricoltura, servizi, public procurement, sviluppo sostenibile e clausola dei diritti umani. L’agricoltura rappresenta il maggior ostacolo che la UE deve superare per soddisfare le richieste dei partner; invece le altre questioni rientrano tra le richieste della UE ai partner commerciali.

Nella UE l’agricoltura è un settore ancore ben protetto con molti interessi in gioco. I trading partner richiedono un libero accesso al mercato europeo per i loro prodotti agricoli ma le lobby europee sono molto forti a livello nazionale perciò costituiscono un’opposizione determinata all’apertura del mercato. In qualche modo la questione agricola influenza pesantemente i negoziati perché le richieste europee ai partner di liberalizzare altri settori collidono con l’incapacità della UE di soddisfare le richieste della controparte proprio nel settore agricolo. Ciò riguarda soprattutto il settore dei servizi e del public procurement. I partner della UE hanno timori nell’apertura di questi settori perché consapevoli che le imprese locali difficilmente possono misurarsi con l’elevata competitività delle imprese europee.

Invece, lo sviluppo sostenibile e la clausola sui diritti umani sono percepiti come indebite ingerenze negli affari interni, e di fatto costituiscono un enorme ostacolo alla conclusione dell’accordo. Un altro problema di queste due richieste è che solo la UE le richiede nei negoziati. Infatti, quando Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo negoziano un FTA preferiscono tralasciare queste tematiche e concentrarsi solo sul commercio. Di conseguenza, possono raggiungere un accordo molto più velocemente. Tuttavia, l’alto valore morale alla base della costituzione della UE impone all’Unione stessa di non poter tralasciare questi aspetti anche se di fatto rallentano il buon esito delle trattative.

Infine, un ultimo ostacolo, caratteristico della natura dell’Unione Europea, è dato dai differenti interessi degli Stati membri. Tale contrasto è di nuovo di attualità perché in questi giorni si discute della possibilità di aprire i negoziati per un FTA con il Giappone. I Paesi membri, in sede di Consiglio, devono autorizzare la Commissione Europea ad intavolare le trattative. Tuttavia forti sono i contrasti tra un Europa del Nord, guidata dalla Gran Bretagna, e un’Europa del Sud, guidata dalla Francia, sui reali vantaggi dell’accordo. Il tutto mentre le pressioni del Giappone sono sempre maggiori anche perché si ritiene altamente danneggiato dal FTA tra UE e Corea del Sud.


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