Avete presente quella vecchia “amica” che vi scopavate da ragazzini e della quale continuate a mantenere il numero in rubrica, telefono dopo telefono e sim dopo sim, da anni, perché sapete per certo che ogni tanto, anche in futuro, vi potrà tornare utile? Quella con cui da giovincelli facevate numeri da circo, in macchina, in casa, magari in un cesso pubblico o ovunque ci fosse la possibilità di fare due salti? Quella che anni fa era ovviamente molto meglio fisicamente, nonché più attiva e spensierata di oggi, perché, oh, il tempo, si sa, regala chilogrammi, tasse e pensieri a tutti. Quella a cui ai tempi d’oro telefonavate spesso, ma che ora sentite una volta ogni tanto, magari dopo mesi o addirittura anni, perché non è più come una volta, perché nel mezzo entrambi avete avuto rapporti più o meno “seri” o duraturi, perché c’è meno tempo, perché cercate di meglio e perché, dopo tutto questo tempo, vi ha anche un po’ scartavetrato i coglioni, ma alla quale fate sempre riferimento quando pensate ad una pompa come si deve. Quasi tutti, credo, avranno un’amica così. E vale anche per le donne. Se prendete il cellulare e scorrete i numeri in rubrica, molto probabilmente almeno uno dei vostri contatti corrisponderà a questa descrizione o almeno gli si avvicinerà in qualche modo. Cazzo c’entra tutto questo con gli Ac/Dc? Ma è ovvio: l’amica in questione, in ambito musicale, sono proprio loro e Rock Or Bust è quella famosa chiamata fatta o ricevuta dopo un lungo periodo. Parliamoci chiaro: questa è gente anziana che va in giro per il mondo da quando i nostri genitori erano dei verginelli delle scuole medie e il loro meglio – e che “meglio” – lo hanno già dato ai tempi che furono. Non c’è tanto da dire su questo disco, se vogliamo. Sono sempre loro, ma invecchiati, provati da decenni su decenni a base di estenuanti tour mondiali, interviste, trasmissioni televisive e radiofoniche, puttane, alcolici e droghe.
Il disco scorre via liscio, senza sussulti particolari o guizzi di sorta. Lo ascolti tenendo il tempo, fumando, rievocando vecchi ricordi e magari anche grattandoti il culo. Non ti viene mai voglia di saltare una traccia, ma nemmeno di tornare indietro per risentire un pezzo. E’ tutto regolare, tutto come da copione, tutto Ac/Dc, tutto rock’n’roll. E basta. Dopo qualche ascolto cresce un pochino, ma siamo sempre più o meno su questi lidi. Ho letto da qualche parte che questo è un disco ripetitivo. E’ come caricare in macchina una puttana da viale e, una volta salita, aggredirla gridandole: “SEI UNA TROIA DI MERDA CHE SI FA RIEMPIRE DI SPERMA PER SOLDI! VAFFANCULO!” per poi riempirla di botte e scaraventarla in un burrone dalla macchina in corsa. Sarebbe una cosa molto stupida, no? Se carichi un’ucraina che passeggia su un viale, sai già che vorrà dei soldi per saltarti sulla nerchia, quindi se la fai salire in macchina sai già cosa ti aspetta e se la cosa ti fa schifo continui per la tua strada e non accosti nemmeno. Gli Ac/Dc hanno fatto quattro o cinque pezzi che ripetono da anni e a me quei pezzi piacciono. E poi, oh, mia madre, che è più giovane di loro, se fa quattro passi a piedi si stanca, mentre loro mi hanno fatto Rock Or Bust nel 2014, invece di starsene a casa a giocare a briscola o guardare i lavori della casa di fronte. Squilla il cellulare, guardo il display e rispondo subito, perché una scopata old school a me va. Se va anche a voi, fate come me, altrimenti cliccate su “rifiuta chiamata” e continuate per la vostra strada. Che è quella sbagliata, per la cronaca. Perché l’unica via giusta è il rock’n’roll. (Il Messicano)