La sentenza che condanna "cicciotto e ' mezzanotte", il boss dei casalesi Bidognetti, ha suscitato grande soddisfazione. I telegiornali si sono dati da fare, con titoli e servizi, a mostrare, nell'ordalia dei media, la giusta vendetta contro uno di quelli che ha contribuito ad inquinare ed avvelenare, per gli anni a venire, popolazione, animali ed ambiente. Destinando una parte della Campania felix alla morte.
Eppure, salve rarissime eccezioni, nessuno si è posto una domanda fondamentale: a chi appartengono quei rifiuti? Verranno condannati allo stesso modo coloro che, dei casalesi, si sono serviti per sversare a basso costo (e quindi fare dei profitti sulla pelle altrui) rifiuti tossici in Campania?
Su questo blog qualche giorno fa abbiamo pubblicato alcune intercettazioni di un pentito di camorra relativo alle aziende del nord che hanno approfittato del servizio low cost dei casalesi.
Oggi il Fatto Quotidiano mi ha rinfrescato, giustappunto, la memoria su uno di quegli attori.
L'Acna di Cengio, azienda di coloranti fu assunta a modello per lo smaltimento dei rifiuti. Come modello anche per quei terroni (ricordate il video di Radio Padania per insegnarci a fare la raccolta differenziata) che non erano in grado neanche di smaltire quattro bicchieri di plastica.
Sapete dove sono andati a finire 30 mila e 600 tonnellate di rifiuti tossici dell'Acna di Cengio, tra il 1987 e il 1991? A Giugliano, in Campania, terza città per numero di abitanti. Un inquinamento che perdurerà fino al 2080, col picco nel 2064. Un'intera generazione in fila, sotto alla ghigliottina, in attesa del boia che inevitabilmente taglierà la testa. Un'area quella tra le province di Napoli e Caserta, dove l'incidenza dei tumori ha suscitato l'allarme perfino dell'organizzazione mondiale della sanità (in Italia un ministro della salute,sostenne che questa connessione era da provare e certe malattie avrebbero potuto anche essere causate da cattiva alimentazione!! sic!!)
A ciò si aggiungono 58 mila tonnellate di percolato che stanno penetrando il sottosuolo, inquinando terreni che un tempo erano tra i più fertili e produttivi d'Italia (la provincia di Caserta era chiamata, prima del 1861, "terra di lavoro"). Oltre ai roghi tossici abusivi che seminano diossina in quantità industriali, quotidianamente, nelle medesime zone, in quella che viene definita "la terra dei fuochi".
E mentre il nord operoso è modello di sviluppo per lo smaltimento di rifiuti, a nord di Napoli, si attende una "bonifica" (voi ci credete? io no) che anticipi l'ecatombe.