Acqua – Letizia Dimartino 2010-2011

Creato il 10 novembre 2010 da Fabry2010

L’acqua sulla veste
l’acqua che sognai
spogliata, sfogliata
a poco a poco rammento
quanto la terra sa piangere
quanto allontano della vita
ora che lo specchio sorride
ho un viso che sconosco
lo schiaffo sulla pelle
vorrei sentissi la parola
- come non sono io.

Quest’acqua innocente
ha luce ha freddo
è fatta di terra e verità
brucia, ribolle
tormenta

sai che non vagavo
sai che la storia mia bagnava
le ore furtive, lontane dal mare,
le mie braccia tremavano, di sera
le mani toccavano vetri lucidi.

Apro la diga, è pure vita questa
che non vuoi vedere
come anima della notte
che finisce nell’ombra

amavo la nube che dormiva
la sera che attendeva

ero io il mio luogo.
Attutisce col gesto
la sonnolenza preme
è polvere che comanda
come il dolore che sento
grigio di vertebre grigie

esci dalla notte e non ti
basta l’ora, l’attimo
sul rogo del mattino
spargi acqua in spilli
disperdi le parole

erano ancora mie
nell’attesa nell’ombra
aprile apre con fronde
- cupo il suo verde -
il mio corpo ormai leggero
amaro di versi
sciupato – sottaciuto -
lo riconosco adesso
con acqua bagno o lacrime

ha forse più importanza?
la goccia la pelle
perdo ogni giorno
nell’attimo incolore
nella parola sgombra
chiedo e ripeto
è sete è dolore
e ancora, giù, neve

del battito insensato
cade con me l’anima
la malattia risale, asciuga
ho fame di memoria
ho sensi lacerati
senza la notte
è facile vegliare
niente perdona, niente

ma chi adesso mi parla?

Gelo – posso dirti che non aspetto

vedere palpebre, la terra che dilata
e il freddo di brina alle mani
col soffio nei capelli e quel che poi
rimane
sto ferma senza morire però
senza lo sguardo.

Gelo – e manca la mia vita.

C’è un giro un gorgo
scivola sulla pietra
sciolgo lacrime
raccolgo le nostre parole
bagno con acqua pelle e volto.
Tutto riempie, la vita di fango
le ore assopite per aprire alla notte
per ridare carezze lontane – perse -

ed io che mi accompagno.

Era come sabbia – come acqua -
c’era un corpo – la schiena -
schiuma che tramuta
ansia che è voce, senza affanno
sposto le mie cose nella forma che cela

la madre mi chiamava
- Aspettami – le dico,
in fondo, nelle sere tue immobili.

Quel che avvicina entra col vento
un rivolo asciuga

se mi guardi la sabbia corrode le mani
aspetto fra i divani. Un corpo fatto di terra – pensiero informe -
dentro c’è morte e acqua
il silenzio non parla, il muro di questa casa apre – fuori nessun segno l’aria batte le guance, la pioggia non cade

nulla succede, nulla
bianco su bianco
la brina sulle labbra
sento ultime le tue parole

sei ancora qui?

Gli occhi miei scompaiono

la solitudine arriva
risveglia il dolore imperfetto.
Varia dentro, fra le palpebre scure
annerite – lo sai, custodisco una donna
così parla così muove le orbite

ogni passo conduce alla terra
al muscolo incerto
che grida, lo senti – ingrata ! -
la forma il senso della verità
aggiunge e allontana, fuori,
nella luce sembra facile parlare
torbido guardare.

Soffoco la parola
se aggiungo un lamento
vedo in alto il risveglio

di quella volta non sentii
neanche il suono del luogo

ho preso il mio vivere piano
lembi strappati dalla mia parte
scorreva acqua, in silenzio
in rima – taciuta – ora cresce
il mattino, con voce appannata
esaurisce, frantuma in sostanza

e mi allontano senza più cercarmi.

Squaglia l’osso, forse il cuore
camminare non serve
riesci a vedere nell’imbrunire
una macchia un colore
che circonda il corpo

seduta scelgo il grido
dei gatti in fondo alla strada
nella tazza rimane poco
il tuo piatto vuoto mette pensiero
arrivi ed è silenzio

mi disperdo nel mio viaggio
nell’acqua che cola sul mento

rido, finalmente, delle mie esili ali.

Di questa assenza indichi il bivio
dito puntato sull’ombra
ho paura a camminare
ogni anno è una storia
ma senti, scivola acqua
fra le scarpe e le cose
di questa casa illuminata

scappo alla vita agli occhi
occhi fondi e poca luce
perdere è poca cosa
mi trovo un male nell’anima
e sparisce.



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