Acqua: vi ricordate il referendum? Il 26 novembre a Roma

Creato il 25 novembre 2011 da Francesco Sellari @FraSellari

Dopo il referendum del 12 e 13 giugno non sembra essere cambiato nulla nella gestione del servizio idrico. Anzi, se, come è facile temere, tutte le richieste della Banca Centrale Europea troveranno una buona accoglienza all’interno del nuovo governo Monti, potremo rischiare di aver votato invano. Proprio la privatizzazione dei servizi che oggi sono a carico del pubblico sarebbe una delle ricette per risanare i conti e far fronte alla cosiddetta crisi del “debito sovrano”. E’ per questo che domani le associazioni i comitati e i cittadini che hanno promosso il referendum saranno in strada a Roma. E importante esserci.

Questo l’appello pubblicato oggi su alcuni quotidiani, dal Forum dei Movimenti per l’acqua:

Domani il popolo dell’acqua tornerà in piazza. Lo facciamo perché il 12 e 13 giugno scorsi la maggioranza assoluta del popolo italiano ha votato per l’uscita dell’acqua dalle logiche di mercato, per la sua affermazione come bene comune e diritto umano universale e per una gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico.

Ad oggi nulla di quanto deciso ha trovato alcuna attuazione: la legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua continua a giacere nei cassetti delle commissioni parlamentari, gli enti locali – ad eccezione del Comune di Napoli – proseguono la gestione dei servizi idrici attraverso S.p.A. e nessun gestore ha tolto i profitti dalla tariffa.
Non solo. Con l’alibi della crisi e dei diktat della Banca Centrale Europea, il Governo Berlusconi ha rilanciato, attraverso l’art. 4 della manovra estiva successivamente rafforzato con la legge di stabilità, una nuova stagione di privatizzazioni dei servizi pubblici locali, addirittura riproponendo il famigerato “Decreto Ronchi” abrogato dal referendum.
Gli stessi soggetti gestori e gli ATO non hanno finora proceduto all’elimininazione del profitto garantito dalle tariffe del servizio idrico, di fatto disconoscendo l’esito del secondo referendum e lo stesso pronunciamento della Corte Costituzionale chiaramente esplicitato nella sentenza di ammissibilità del quesito stesso.

L’ostinarsi a procedere lungo questa strada produce non solo una chiara lesione dei principi democratici, ma arriva a legittimare posizioni che non vogliono tener conto della volontà popolare espressa il 12 e 13 giugno. Su questa base abbiamo chiesto un incontro al nuovo Presidente del Consiglio Monti, perché riteniamo che anche il nuovo esecutivo non può sottrarsi dal rispettare l’esito referendario.

Il popolo dell’acqua torna a riempire le strade di Roma per ribadire con forza che non ci sta a subire questo “vulnus” democratico e che, nonostante i grandi media abbiano tentato di far calare un silenzio assordante su questi temi, la spinta che ha portato al raggiungimento del quorum nei referendum di giugno non si è esaurita con essi.
Per questo, il movimento per l’acqua si prepara a lanciare la campagna nazionale “Obbedienza civile”, ovvero una campagna che, obbedendo al mandato del popolo italiano, produrrà in tutti i territori e con tutti i cittadini percorsi auto organizzati e collettivi di riduzione delle tariffe dell’acqua, secondo quanto stabilito dal voto referendario.

La manifestazione nazionale sarà anche l’occasione in cui rilanciare l’iniziativa per la ripubblicizzazione del servizio idrico, sia con azioni a sostegno della nostra legge di iniziativa popolare affinché sia discussa e approvata dal Parlamento, sia per avviare a livello territoriale la trasformazione in enti di diritto pubblico dei soggetti gestori privati ad oggi operanti, in particolare a partire dalle S.p.A. a totale pubblico presenti in grandi città come Torino, Milano, Venezia, Palermo e altre ancora.
Quello che avviene per l’acqua è solo il paradigma di uno scenario più ampio dentro il quale si colloca la crisi globale. Un sistema insostenibile è giunto al capolinea. I poteri forti invece di prenderne atto invertendo la rotta, ne hanno deciso la prosecuzione, attraverso la continua restrizione del ruolo del pubblico a colpi di necessità imposte dalla riduzione del debito e dai patti di stabilità, la consegna dei beni comuni al mercato, tra cui la conoscenza e la cultura, lo smantellamento dei diritti del lavoro anche attraverso l’art. 8 della manovra estiva, la precarizzazione dell’intera società e la conseguente riduzione degli spazi di democrazia.

Un altro modello di società è necessario per l’intero pianeta e insieme proveremo a costruirlo anche nei prossimi appuntamenti internazionali, come la conferenza sui cambiamenti climatici di Durban di fine novembre e a Marsiglia nel Forum Alternativo Mondiale dell’acqua a Marzo 2012.

Indietro non si torna. Dalla crisi non si esce se non cambiando sistema, per vedere garantiti il benessere sociale, la tutela dei beni comuni e dell’ambiente, la fine della precarietà del lavoro e della vita delle persone, un futuro dignitoso e cooperativo per le nuove generazioni.


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