Nico Orengo, attento osservatore nella sua prosa dei mutamenti della modernità, descriveva con toni sarcastici, a volte stralunati e surreali, ciò che vedeva intorno a sè. Forse era consapevole che la tradizione è la linfa che ci dà forza, ci nutre, ci fa fiorire e maturare. Era curioso del nuovo: ricordo la sua recensione su Tuttolibri nel lontano 1987 quando partecipammo per la prima volta alla Fiera di Bologna con uno stand “fatto in casa”, come lui scrisse. Ci guardava sorridendo, scrisse che eravamo operose e creative. Si era occupato di libri illustrati per la Emme, proprio prima della sua chiusura.
La sua raccolta di rime, filastocche e ninnenanne è ora un classico, come diceva Calvino, un libro che non ha finito di dire quel che ha da dire.
Grazia Gotti