« Io non ho nome. – Io son la rozza figlia / dell’umida stamberga; / plebe triste e dannata è la mia famiglia, / ma un’indomita fiamma in me s’alberga. » da Senza nome, Fatalità 1892
Figlia di un vetturino e di una tessitrice, Ada Negri (Lodi 1870 – Milano 1945) fu la prima e unica donna ammessa alla Reale Accademia d’Italia, un’istituzione culturale operante fra il 1926 ed il 1945 fondata con il compito di coordinare e promuovere il movimento intellettuale italiano. Trascorse la sua infanzia nella portineria di un palazzo nobiliare osservando affascinata e incuriosita il via vai delle persone ed iniziando a costruire nel suo animo, tassello dopo tassello, quella ricchissima interiorità umana e di pensiero che la resero la voce poetica più potente di quegli anni. Non rinnegò mai la sua adesione al regime. Fatalità (1892); Tempeste (1894): Maternità (1904); Dal Profondo (1910); Il libro di Mara (1919) sono le opere che raccolgono le sue poesie.
Anniversario
Non chiamarmi, non dirmi nulla
Non tentare di farmi sorridere.
Oggi io sono come la belva
che si rintana per morire.
Abbassa la lampada, copri il fuoco,
che la stanza sia come una tomba.
Lascia ch’io mi rannicchi nell’angolo
con la testa sulle ginocchia.
L’ore si spengano nel silenzio.
Salga in torbide onde l’angoscia
e m’affoghi: altro non chiedo
che di perdere la conoscenza.
Ma non è dato. Quel volto,
quel riso l’ho sempre davanti.
Giorno e notte il ricordo m’è uncino
confitto nella carne viva.
Forse morire io non potrò
mai: condannata in eterno
a vegliare il mio strazio in me,
piangendo con occhi senza palpebre.