Joan Fontaine
Dopo l’attore Peter O’ Toole, il mondo del cinema piange un’altra scomparsa, quella dell’attrice Joan Fontaine, nome d’arte di Joan de Beauvoir de Havilland, morta domenica 15 dicembre, nella sua abitazione di Carmel, California, all’età di 96 anni. Sorella minore (un anno e sei mesi), di Olivia de Havilland, nacquero entrambe a Tokyo da genitori inglesi, e si trasferirono in California con la madre, attrice (Lilian Augusta Ruse, nome d’arte Lilian Fontaine, cognome del secondo marito), una volta che questa divorziò dal consorte. Joan iniziò a studiare dizione insieme ad Olivia, per poi, quindicenne, tornare a vivere col padre in Giappone, dove rimase circa due anni.
Quando nel 1935 decise di debuttare nel mondo del cinema, dopo aver frequentato i corsi di recitazione di Max Reinhardt, Joan scelse di usare il cognome da nubile della madre, la quale anzi le impose di non usare quello di famiglia, per non ostacolare la carriera della sorella, che già vantava alcuni trascorsi teatrali, qualche apparizione sul grande schermo ed aveva appena firmato un contratto con la Warner Bros (per Sogno di una notte di mezza estate, A Midsummer Night’s Dream, Max Reinhardt e William Dieterle). Joan esordì con una partecipazione in No More Ladies, Non più signore, per la regia di Edward H. Griffith, cui seguirono altre piccole parti (Una magnifica avventura, A Damsel in Distress, George Stevens, ’37; Donne, The Women, George Cukor, ’39), sino all’incontro decisivo per la sua carriera, quello col produttore David O. Selznick, con il quale si ritrovò a parlare durante un party del romanzo Rebecca, opera di Daphne du Maurier. E così Joan divenne protagonista nel 1940, accanto a Laurence Olivier, nella trasposizione del suddetto romanzo ad opera di Alfred Hitchcock, debutto americano del regista inglese (l’unica sua realizzazione ad aver vinto l’Oscar come Miglior Film, cui va aggiunto quello per la Miglior Fotografia, George Barnes). Praticamente perfetta nel ruolo di Lady de Winter (come nel libro non se ne rivela il nome), in virtù dei suoi lineamenti delicati, con un aspetto in apparenza fragile ed impaurito, Joan diede vita al solido ritratto di una donna che man mano perde la sua insicurezza, il suo disagio esistenziale, e conquista definitivamente il proprio posto nella vita, accanto all’uomo che ama, ricambiata. Un’interpretazione che le valse una nomination all’Oscar come Miglior Attrice Protagonista, premio ottenuto l’anno successivo, un’altra splendida prova recitativa, il ruolo di Lina, ancora una volta in un film di Hitchcock, Il sospetto, Suspicion, dal romanzo Before the Fact di Francis Iles (Anthony Berkeley), dove recitava insieme a Cary Grant. Furono questi i due ruoli chiave della carriera di Joan Fontaine, quelli che l’indirizzarono stabilmente verso il melodramma con venature romantiche, dove offrì sempre valide interpretazioni, come in La porta proibita (Jane Eyre, Robert Stevenson), Il fiore che non colsi (The Constant Nymph, Edmund Goulding), entrambi del ’43, o Letter from an Unknown Woman (Lettera da una sconosciuta, ’48, Max Ophüls).
Il successo si mantenne pressoché stabile per tutti gli anni ‘50 (Ivanhoe, ‘52, Richard Thorpe, Beyond a Reasonable Doubt, L’alibi era perfetto, Fritz Lang), mentre la fase discendente ebbe inizio inel decennio successivo, quando i ruoli dell’attrice trovarono spazio soprattutto in teatro o in televisione. Il suo ultimo lavoro per il grande schermo risale al 1966, Creatura del diavolo (The Witches, Ciryl Frankel, ’66) ed intorno alla metà degli anni ’90 annunciò il ritiro definitivo dalle scene.