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Addio all’estate – Ray Bradbury (estratto)

Creato il 26 maggio 2012 da Maxscorda @MaxScorda

26 maggio 2012 Lascia un commento

Capitolo 13
Notte nella casa acida di Calvin C. Quartermain, e lui a letto, rottame già da tempo, da quando la sua parte giovane aveva rotto il carapace ed era scivolata fra le costole, lasciando il guscio a seccare come scaglia al vento.
Quartermain piegò la testa e suoni della notte d’estate respirarono nell’aria. Ascoltandoli, rimuginava il suo odio.
“Dio, fulmina quei mostri bastardi col tuo fuoco!”
Sudando freddo, pensò: Braling ha perso la sua coraggiosa battaglia per fari diventare esseri umani, ma io ce la farò. Cristo, che succede? Guardò il soffitto e gli sembrò he un mucchio di polvere da sparo esplodesse per combustione spontanea, che le loro vite si estinguessero tutte insieme alla fine di un’estate incredibilmente lunga, un fenomeno del tempo e del cielo accecante, del miracolo a sorpresa per cui egli era ancora vivo, e respirava, in mezzo ad avvenimenti così pazzeschi. Ma chi guidava la parata, dove andava? All’erta, perdio: i tamburini vogliono massacrare i capitani.
“Devono essercene altri” mormorò alla finestra aperta. “Altri che la pensano come me, su quei miscredenti!”
Sentiva le ombre fremere, all’esterno: gli altri uomini di ferro arrugginito nascosti nelle loro nelle loro inaccessibili torri a mangiucchiare pappette di avena e a mordicchiare biscotti per cani. Li avrebbe invocati con alte grida, mentre la febbre saliva come un lampo di calore in cielo.
“C’è il telefono” ansimò Quartermain. “E’ il momento, Calvin, convocali tutti!”
Nel cortile buio si sentì un fruscio. “Cos’è?” mormorò il vecchio.
I ragazzi i ammassarono dabbasso nel mae d’erba senza luce: Doug e Charlie, Willie e Tom, Bo, Henry, Sam, Ralph e Pete, tutti  spiare la finestra della camera da letto di Quartermain, lassù.
Portavano tre bellissime zucche intagliate, terrificanti. Le avvicinarono al marciapiede e intonarono sotto le stelle, sempre più forte: “I vermi s’intrufolarono strisciando, i vermi escono strisciando”.
Quartermain chiuse a pugno le mani incartapecorite e afferrò il telefono.

“Bleak?”
“Quartermain, santo cielo, è tardi!”
“Zitto. Hai saputo di Braling?”
“Sapevo che un giorno l’avrebbero beccato senza la clessidra”
“Non è tempo di scherzare.”
“Al diavolo lui e i suoi dannati orologi: lo sentivo ticchettare per tutta la città. Quando fai tanta fatica a reggerti sull’orlo della fossa , la cosa migliore è saltarci dentro. Un ragazzino con una pistola a tappo non significa niente. Cosa vuoi farci, proibire le pistole giocattolo?”
“Bleak, ho bisogno di te!” 
“Abbiamo tutti bisogno l’uno dell’altro.”
“Braling era il segretario del Consiglio scolastico.
Io sono il presidente! Questa dannata città brulica di assassini in embrione.”
“Caro Quartermain” disse asciutto Bleak, “mi ricordi quell’acuto direttore del manicomio che sosteneva che i suoi ospiti erano matti. Ti sei accorto solo adesso che i ragazzi sono delle bestie?”
“Ma dobbiamo fare qualcosa!”
“Lo farà la vita.”
“I maledetti idioti sono davanti a casa mia in questo momento e cantano un lamento funebre!”
“I vermi s’intrufolano strisciando? Era la mia preferita, da ragazzo. Non ti ricordi quando avevi dieci anni? Chiama i loro genitori.”
“Quegli scriteriati? Gli direbbero solo: “Lasciate in pace quel vecchio antipatico”.
“Allora votiamo una legge che obblighi tutti ad avere settantanove anni.” Anche attraverso i fili del telefono, il ghigno di Bleak arrivava chiaro. “Ho ventiquattro nipoti, io, e quando li minaccio di vivere per sempre sudano freddo. Svegliati, Cal: siamo una minoranza, come gli africani neri e gli scomparsi ittiti. Viviamo nel paese dei giovani. Tutto quello che possiamo è aspettare che alcuni di quei sadici compiano diciannove anni per poi spedirli in guerra. Il crimine che hanno commesso? Essere pieni di succo d’arancia e pioggia primaverile. Pazienza, un giorno ormai vicino li vedrai vagabondare con l’inverno nel capelli. Gustati la tua vendetta con calma.”
“Dannazione, vuoi aiutarmi o no?”
“Vuoi sapere se puoi contare sul mio voto, al consiglio dei professori? Se comanderò l’Esercito delle Vecchie Carogne di Quartemain? Mi siederò in panchina e ogni tanto getterò un voto a voi cani feroci: abbreviare le vacanze estive, scorciare quelle di Natale, eliminare la Festa degli aquiloni a primavera. E’ a questo che pensi, eh?”
“Vuoi dire che sono un pazzo?”
“No, un alunno ritardato. Solo a cinquant’anni mi sono accorto che ero entrato a far parte dell’esercito degli uomini indesiderati. Non saremo africani, Quartermain, e nemmeno cinesi pagani, ma le stimmate della nostra razza sono grigie e i polsi che una volta giravano a meraviglia sono arrugginiti. Odio la faccia che vedo allo specchio ogni mattina, odio quel tipo solo e impotente . Quando passa una bella donna sento l’oltraggio. Dio, certi pensieri sono adatti alla primavera, non a un faraone estinto. Quindi, Cal, entro certi limiti puoi considerarmi dei tuoi. Buonanotte.”
I due telefoni si abbassarono.
Quartermain si affacciò alla finestra. In basso, la luce della luna gli permetteva di vedere le zucche che scintillavano della terribile luce d’ottobre.
Perché immagino, si chiese, che una somigli a me, l’altra a Bleak e altra ancora a Gray? No, no non può essere. Cristo, dove lo trovo un metronomo come quello di Braling?
“Andate via!”  gridò alle tenebre.
Quindi prese le stampelle e lottò per mettersi in piedi, si avventò al piano di sotto, zoppicò sul portico e in qualche modo raggiunse il marciapiede, avanzando sulla linea luminosa delle zucche vuote.
“Gesù” mormorò. “Sono le zucche di Halloween più brutte che abbia mai visto. Allora…”
Brandì una stampella e picchiò uno dei mostri arancio, poi un altro e un altro, finché le luci all’interno furono spente.
Fece qualche passo indietro e ricominciò ad ammaccare, fracassare: le zucche erano aperte, i semi  sparpagliati, la polpa arancione schizzata dappertutto.
“Qualcuno venga qui!” gridò.
La governante, allarmata, uscì di corsa e si avviò al grande prato.
“E’ troppo tardi per accendere il forno?” s’informò Quartemain.
“Il forno, signor Cal.”
“Allora raccolga quei resti sbrindellati. Domani, a pranzo, avremo solo dessert.”
Quartermain si voltò e con l’aiuto delle stampelle tornò al piano sopra. 

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