Laura Antonelli
Ci lascia Laura Antonelli (Laura Antonaz, Pola, 1941), morta oggi, lunedì 22 giugno, a Ladispoli.
Una delle nostre ultime vere dive, capace di conciliare nelle sue interpretazioni, come poche altre attrici, un genuino melange di candido erotismo, innocenza e malizia, ironia ed autoironia, spaziando dalle commedie popolari al cinema d’autore. Profuga insieme alla famiglia durante l’esodo istriano, compì gli studi superiori a Napoli, città dove conseguì il diploma presso l’ I.S.P.E.F (Istituto Superiore Pareggiato di Educazione Fisica).
Divenne quindi insegnante d’Educazione Fisica presso un Liceo Artistico della Capitale, dove si era trasferita insieme ai suoi familiari, prendendo parte inoltre ad alcuni Caroselli ed interpretando una nutrita serie di fotoromanzi.
Il suo esordio cinematografico risale al 1964, un piccolo ruolo ne Il magnifico cornuto di Antonio Pietrangeli e poi l’anno successivo ne Le sedicenni, di Luigi Petrini. Già nel 1969, dopo altre partecipazioni in film come Le spie vengono dal semifreddo (Mario Bava, 1966) o La rivoluzione sessuale (Riccardo Ghione, 1968), ebbe la sua prima parte importante, quando il regista Massimo Dallamano la volle come protagonista nel suo Venere in pelliccia (dal romanzo di Leopold von Sacher-Masoch).
Il ruolo della domestica Angela le fece ottenere il Nastro d’Argento come migliore attrice protagonista e il Globo d’oro alla miglior attrice rivelazione.
Da qui in poi fu un susseguirsi di film che puntavano sull’indubbia sensualità espressa da Laura, valorizzata anche con toni ironici da registi come Dino Risi (Sessomatto, 1973) o Luigi Comencini (Mio Dio, come sono caduta in basso, 1974), giusto per ricordare i titoli più famosi, fra i quali vanno certo evidenziati altri idonei a mettere in evidenza una soffusa sensibilità interpretativa, capace di far risaltare una certa dolenza malinconica, vedi il bel personaggio di Giuliana ne L’innocente, 1976, ultimo film diretto da Luchino Visconti, che il regista trasse dall’omonimo romanzo di Gabriele D’Annunzio, offrendo, contrariamente alla pagina scritta, particolare rilievo ai personaggi femminili. O, ancora, il delicato ed intenso ritratto di Clara in Passione d’amore, 1981, per la regia di Ettore Scola (tratto dal romanzo Fosca, Iginio Ugo Tarchetti). Per tutti gli anni ’80 prolifereranno ruoli in commedie e film erotici, ma anche in serie televisive (Gli indifferenti, 1988, Mauro Bolognini; Disperatamente Giulia, 1989, Enrico Maria Salerno), mentre gli anni’90 saranno caratterizzati dalle note vicende giudiziarie che, in un’Italia non così poi lontana dagli anni ’70 nell’elargire “buoni consigli se non può dare cattivo esempio”, condurranno l’attrice verso un immeritato oblio, perché, senza intento di generalizzazione alcuna, forse è più facile dimenticare che perdonare.
Non so, dolce Laura, quanto questo ti possa consolare, ora che sei lontana da un mondo sempre più buffo nei suoi inutili affanni e hai smesso di recitare su quel particolare palcoscenico dove, volenti o nolenti, siamo tutti semplici comparse chiamate al nostro ruolo quotidiano, ma ti offro in dono il mio personale ricordo, condiviso, ne sono convinto, da molti altri cinefili, rimembrando le emozioni che hai suscitato e continuando a vivere quelle che sarai sempre in grado di destare, grazie.