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Addio Ucraina! Buongiorno repubblica!

Creato il 19 ottobre 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Di NATALIJA MINJAJLO per Retrò Online Magazine - Tradotto da TOMASS  VADI e INGA SLAVINSKAITE

Natalija Minjajlo (Cherkassy, 1988), dottoressa magistrale (2009-2011) in Storia e dottoressa di ricerca (2011-2014) in Storia mondiale presso l’Università Nazionale «Taras Shevchenko» di Kiev. Dal 2014 è giornalista presso la «Gazeta» di Kiev.

Ci siamo concordati con Valeria e suo marito Maksim per incontrarci nel centro di Kiev. Tre anni fa lei, suo marito e il figlio di quattro anni, Makar, si sono trasferiti da Donetsk a Kiev. Stanno terminando gli ultimi giorni d’estate, ma nell’aria già si sente il profumo sfuggente dell’autunno. Questo idillio pacifico viene rovinato dalle ceneri della nube causata dalle torbiere in fiamme nei pressi di Kiev nei giorni scorsi. Con Maksim e Valeria ricordiamo gli eventi dell’ultimo anno, quando hanno dovuto lasciare Donetsk.

Maksim ci racconta di come ciò sia accaduto: «Ci siamo trasferiti di proposito. Abbiamo aspettato fino all’ultimo, pensando di trascorrere l’estate a Donetsk. Valeria e Makar sono andati a Mariupol, dal padrino di Makar, mentre io sarei dovuto andare a Kiev per cercare un posto dove poter alloggiare. Il giorno in cui avevo preso il biglietto del treno, hanno fatto saltare in aria il ponte che portava alla stazione di Donetsk ed è stato limitato l’accesso all’intera zona. Sono dovuto andare a Makeyevka perché lì passavano i treni provenienti da Luganks. Molte persone si aspettavano di riuscire a salire senza biglietto. Hanno fatto salire anche me senza biglietto, ma poi hanno voluto 300 grivna, anche se in realtà il prezzo del biglietto era di circa 120 grivna. Contrattando sono riuscito a prenderlo per 200 grivna».

«Quando sulle strade principali abbiamo visto arrivare i mezzi militari ci siamo resi conto che era il momento giusto per andarcene» ricorda Valeria. «Stavamo tornando da Mariupol, ma le nostre cose erano in viaggio per Donetsk. Le abbiamo inviate per mezzo del corriere “Delivery”, ma poi ci hanno comunicato che il loro deposito era stato saccheggiato. Abbiamo preso di nuovo il treno, non sapendo se i nostri averi ci avrebbero mai raggiunto. Avevamo con noi solo ciò che avevamo addosso, il cane ed il bambino».

I primi giorni a Kiev non sono stati facili, hanno dovuto sopravvivere contando solo su loro stessi, sia nel cercare dove stare, che nel trovare lavoro, ma hanno avuto fortuna: sono riusciti a trovare un alloggio nel giro di una settimana. Maksim racconta: «Ho cercato per conto mio l’alloggio perché non mi andava di pagare un’agenzia. Il problema consisteva nel fatto che nessuno voleva bambini e animali, avevamo infatti anche un cane. Dopo una settimana avevo trovato due opzioni: un alloggio in via degli Eroi del Dnepr, un altro in via Teremki. Abbiamo scelto quello in via degli Eroi del Dnepr per la vicinanza alla clinica pediatrica».
«Abbiamo sentito parlare molto del fatto che era difficile trovare una sistemazione per le persone con residenza a Donetsk. Forse la situazione variava da persona a persona. Noi abbiamo dichiarato di arrivare da Mariupol, non da Donetsk, si tratta sempre della regione di Donbass. Comunque nessuno ci ha mai rinfacciato che siamo di Donetsk» continua Valeria.

Maksim racconta dei suoi primi giorni a Kiev: «All’inizio è stato difficile, spendevamo tutti i nostri soldi per l’alloggio. Tuttavia per noi non è stato uno shock, perché eravamo abituati a vivere in affitto. Ma il problema più grande è stato trovare un asilo per il bambino. La padrona di casa, a cui pagavamo l’affitto, aveva sette figli e alcuni di essi andavano già all’asilo, perciò lei ci ha dato una mano nel fare ciò».

Makar, che stava giocando nei paraggi, arriva di corsa e salta in braccio alla madre. «Ti manca Donetsk?» chiedo al ragazzino. «Si» afferma lui. «Perché?» continuo. «Perché si» risponde con faccia furbetta. Riesco anche a scoprire che gli piace il gelato di Kiev, ma gli mancano i nonni, rimasti a Donetsk.

«Pur avendo solo 4 anni, capisce tutto» continua Valeria. «Un anno fa è tornato dall’asilo dicendo: «Sai, la nostra maestra ha detto che presto non dovremo più dire “Buongiorno Ucraina!”, ma “Buongiorno repubblica!”». Ha anche spiegato perché la bandiera del DNR (Repubblica Popolare di Donetsk) ha questi colori. Una volta Makar mi ha detto: «Mamma, sai che il colore rosso indica il sangue?». Io sono andata all’asilo e ho chiesto spiegazioni. Dopo questo avvenimento abbiamo deciso di non fargli più guardare la televisione, poco dopo abbiamo addirittura deciso di non mandarlo più all’asilo. Vicino a casa nostra c’erano i dormitori dell’università, dove alloggiavano le milizie che arrivavano da Sloviansk, erano giunti in molti. Quello fu l’ultimo giorno di asilo per Makar, che ha trascorso il resto dell’estate a casa. Poi ci siamo trasferiti».

Dopo essersi trasferiti, né Valeria né Maksim sono più tornati a Donetsk. «L’80% delle persone con cui avevo rapporti a Donetsk mi considera una traditrice» dice Valeria. «Perché laggiù le persone di origine ucraina sono in minoranza».

«Quando ci fu il corteo a favore dell’Ucraina ci furono tanti feriti, in molti furono accoltellati. Coloro che passavano per la via principale furono assaliti da provocatori. Tra i manifestanti c’erano bambini e anziani. E le forze dell’ordine erano presenti, ma nessuno ha protetto le persone» dice Valeria. «Mi hanno detto che all’inizio la polizia appoggiava la controparte. Hanno invitato le persone a sciogliere il corteo e hanno esortato a “non fare provocazioni”: sin dall’inizio loro consideravano provocatori coloro che erano per l’Ucraina» prosegue Maxim.

Nonostante ciò, i giovani non immaginavano che gli eventi a Donetsk avrebbero seguito lo stesso scenario: «Eravamo seduti a guardare increduli ciò che accadeva a Lugansk, pensando che non sarebbe mai potuto accadere anche a Donetsk».

«C’erano due punti in cui le milizie hanno eretto barricate: uno nei pressi dell’amministrazione del distretto regionale, l’altro nell’aeroporto. Nei primi di maggio c’è stato un attacco all’ufficio della procura, venne tutto distrutto. I documenti più importanti tuttavia, erano stati portati via prima. Noi abitavamo vicino, perciò abbiamo visto tutto. Ritengo che se sin dall’inizio avessero ripulito questi punti, tutto il resto non sarebbe accaduto. Tutti coloro che sostenevano l’Ucraina decisero di rimanere ad attendere, ci aspettavamo che dopo la presa di Sloviansk, l’esercito ucraino avrebbe liberato Donetsk» dice Maksim. Ma vedendo i mezzi militari per le strade, per la coppia è apparso chiaro che il trasferimento era inevitabile.

Era solo una questione di tempo. Per quanto riguarda il futuro di Donbass, Valeria e Maksim non condividono l’ottimismo che a volte si vede in televisione. «Le persone continuano a rimanere ingenue. Ci sono molti separatisti, in particolare a Mariupol, sono in attesa del loro “congedo”. A Donetsk non c’è un canale televisivo specifico della città, ma ci sono dei canali con un’attiva propaganda russa. Nel complesso, queste persone non hanno un senso di patria, la loro patria è l’Unione Sovietica» conclude tristemente la nostra conversazione Maksim. E così ci incamminiamo verso la metropolitana.

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