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Adinolfi: vogliamo tutelare i più deboli

Creato il 19 ottobre 2014 da Alessandro Zorco @alessandrozorco

Quando Zac saprà che non ha una madre gli si spezzerà il cuore”. Mario Adinolfi, giornalista ed ex parlamentare del Pd, scandisce bene le parole di Elton John, la popstar che insieme al suo compagno David qualche anno fa ha speso fior di sterline per acquistare suo figlio. Ospite a Cagliari dell’associazione Rivoluzione Morale, Adinolfi racconta la vicenda del piccolo Zac nel suo libro “Voglio la Mamma”, uscito lo scorso 19 marzo all’indomani dell’approvazione alla Camera del ddl Scalfarotto. Quello di Adinolfi è un libro simbolo della protesta di chi, negli ultimi mesi, sta scendendo in piazza anche in Italia per difendere la libertà di dire che un figlio nasce solo ed esclusivamente dall’unione responsabile tra un uomo e una donna.

Ora la storia del ragazzino adottato dalla famosa popstar britannica, che ha pianto per mesi dopo essere strappato dal petto della madre che lo aveva partorito, rischia di essere la stessa di tanti altri bambini che potranno essere liberamente acquistati quando la cosiddetta stepchild adoption, in pratica la legalizzazione del cosiddetto utero in affitto, diventerà legge. Roba di questa legislatura, visto che la compravendita di bambini è stata inserita nel ddl sulle unioni civili annunciato dal Governo Renzi.

Ma la domanda sorge spontanea: tra il pianto del piccolo Zac e il desiderio di paternità di un ricco cantante omosessuale qual è il diritto che deve essere tutelato? Qual è il soggetto più debole che non deve essere discriminato?

Mario Adinolfi ha tenuto nei giorni scorsi a Cagliari il primo incontro pubblico immediatemente dopo l’annuncio, anticipato dal quotidiano Repubblica, del ddl sulle unioni civili. E poco prima della trascrizione dei matrimoni contratti all’estero da alcune coppie omosessuali fatta dal sindaco di Roma Ignazio Marino in aperta e provocatoria violazione delle leggi della Repubblica italiana e delle disposizioni del ministro dell’Interno.

Nell’aula magna della Facoltà Teologica gestita dai Gesuiti, circa trecento persone, tra cui tanti giovani, hanno ascoltato l’ex parlamentare del Pd che da qualche mese ha ingaggiato una battaglia durissima per rivendicare quella che dovrebbe essere una verità assodata: quella secondo cui i bambini nascono da un padre e da una madre.

«Non siamo contro i diritti di nessuno – ha ripetuto Adinolfi tante volte durante l’incontro –: siamo contro un sistema economico insensato che ha un disegno ben preciso: trasformare le persone in cose attraverso il denaro».

Eppure, per le sue opinioni, l’ex parlamentare del Pd è stato sottoposto a un procedimento disciplinare per omofobia dal collegio dei probiviri del suo partito, è stato censurato da Facebook, che ha cancellato la fanpage dove aveva pubblicato integralmente il suo libro “Voglio la Mamma” e in particolare il capitolo intitolato provocatoriamente “Contro il matrimonio omosessuale”. E’ stata necessaria una lunga mediazione della sua amica e collega di Avvenire, Costanza Miriano, per far ricomparire la pagina (ndr: Costanza Miriano è l’autrice del libro Sposati e sii sottomessa utilizzato dai detrattori per denigrare le cosiddette Sentinelle in Piedi senza probabilmente sapere neppure di cosa parla).

Per via delle sue opinioni Adinolfi riceve quotidianamente sui social network, su cui è attivissimo, una interminabile sequela di insulti e improperi, circa 500 al giorno, che hanno per lo più ad oggetto il suo aspetto fisico e la sua corporatura.

«Se fosse vigente il ddl Scalfarotto per un libro del genere rischierei sei anni di carcere», ha spiegato: «mi basterebbe trovare un magistrato come quello che a Roma ha ammesso la stepchild adoption o quello che in Francia ha convalidato l’arresto di alcuni militanti del movimento La Manif Pour Tous perché nella maglietta avevano il logo di una famiglia fatta di papà, mamma e figli».

Eppure, ha aggiunto, «il mio è un  libro in favore della libertà di espressione per tutti ed è strano che intellettuali come Roberto Saviano abbiano parlato addirittura di “violenza culturale” dopo le aggressioni fisiche subite dalle Sentinelle in piedi. La verità – ha spiegato – è che il ddl Scalfarotto doveva passare in Senato prima ad aprile, poi a luglio e poi a settembre: non passerà mai perché c’è stata una grande risposta popolare per tutelare la libertà di espressione».

Chi è Mario Adinolfi

Mario Adinolfi
A sentirlo raccontare la sua vita, Mario Adinolfi non è quello che si direbbe un bigotto fasciocattolico come oggi la stampa descrive chi ha l’ardire di occuparsi di questi argomenti.

Giornalista, Adinolfi vanta trent’anni di vita politica, iniziata nel 1985 quando aveva 14 anni e attaccava sui muri di Roma i volantini contro l’aborto. Dopo una lunga militanza nell’ala sinistra dei partiti di ispirazione cattolica è approdato nel Partito Democratico, dove nel 2007 è arrivato quarto (su cinque candidati) alle primarie fondative vinte da Walter Veltroni. Membro della direzione nazionale dei Democratici è stato parlamentare del Pd per una legislatura.

«Quello che mi ha sempre spinto a fare politica è stata la voglia di tutelare i più deboli», ha spiegato. Una voglia evidentemente castrata durante l’attività parlamentare dove trattare certi temi sensibili come la vita, l’amore e la morte non gli è stato concesso perché – ha spiegato – erano considerati dai suoi colleghi argomenti “divisivi”: «un parlamentare – ha raccontato Adinolfi – ha un unico obiettivo, quello di rimanere parlamentare e allora fa di tutto per passare inosservato ed essere riconfermato».

«Non li definisco temi etici perché sono un grande peccatore e non ho certo la patente per trattare temi etici: preferisco parlare di temi essenziali. La nascita, l’amore e la morte sono questioni essenziali per la vita umana – ha detto durante la conferenza – ma oggi siamo di fronte a un capovolgimento della realtà. Vogliono trasformare le persone in cose». E qual è l’elemento che può trasformare le persone in cose? Il denaro, i soldi. «Ormai la vita sta diventando qualcosa che si mercanteggia, sta diventando una compravendita».

La vita, l’amore e la morte sono i temi essenziali che una volta uscito dal Parlamento Adinolfi ha inserito nel libro “Voglio la Mamma”, dedicato alle due figlie una di 18 e una di 4, nate – ha spiegato – da due madri diverse.

Nettamente contrario alle unioni civili annunciate dal Governo (“un istituto esattamente identico al matrimonio ma con un nome diverso”), Adinolfi si è scagliato soprattutto contro la stepchild adoption spiegando che questa pratica, che i tribunali stanno surrettiziamente introducendo nel nostro ordinamento, è una vera e propria compravendita di bambini.

«Con arroganza intellettuale vi parlerò di verità – ha detto Adinolfi – : un bambino nasce da un uomo e una donna. La verità è auto evidente, cioè non ha bisogno di essere dimostrata. Un’altra verità è che le persone non sono cose che si possono vendere o acquistare. Eppure la stepchild adoption è un istituto che permetterà a un senatore del mio partito di comprare un bambino per 150 mila dollari».

Adinolfi ha citato l’esempio sintomatico del ricchissimo cantante Elton John che, previo pagamento di centinaia di migliaia di sterline a un’agenzia specializzata, ha fatto un vero e proprio casting per scegliere due donne: una “donatrice” (le virgolette sono messe lì apposta) e una gestante.  Si perché – ha spiegato Adinolfi – nella legge sulla fecondazione eterologa si parla di “donazione”, ma in realtà dietro queste pratiche c’è un enorme giro di danaro basato sullo sfruttamento di povere donne. Elton John e il suo compagno – ha raccontato Adinolfi – hanno persino mescolato il loro lo sperma per l’inseminazione artificiale: cioè il povero Zac, oltre a non conoscere la madre, non saprà neppure chi è il suo vero padre.

Adinolfi Elton John

 

Il traffico di bambini

Quella che i grande media internazionali descrivono come una grande conquista del progresso è in realtà un traffico molto remunerativo che fa guadagnare poche persone spregiudicate alle spalle di povere donne che mettono a disposizione il proprio corpo per fame. Un traffico che ha il suo cuore in India, la cosiddetta “fabbrica dei bambini”, dove centinaia di donne vendono per poche rupie i loro ovuli o danno in affitto il loro utero a persone ricche. «E’ un discount – ha spiegato Adinolfi –: c’è un catalogo e chi paga vuole avere il bambino esattamente come l’ha scelto. In caso contrario il neonato viene lasciato alla mamma. Il sito Indian Express testimonia che ogni anno ci sono decine di migliaia di bambini che vengono rifiutati dalle coppie che li avevano prenotati».

Ecco l’appello di Adinolfi ai “compagni di sinistra” e alle “compagne femministe”: «Chi va tutelato tra il pianto di Zac o i ricchi omosessuali? Come non scandalizzarsi  davanti allo sfruttamento di queste donne?».

Che i prodotti che si deteriorano possano essere eliminati lo dimostra quel che succede in Belgio e in  Olanda, dove la legge consente l’eutanasia e vengono soppresse ogni anno decine di migliaia di persone, per malattie che gradualmente sono sempre meno gravi: «Per risparmiare si eliminano gli esseri umani invece di curarli».

«Se passa questa cultura ci passiamo tutti», ha continuato Adinolfi citando Peter Singer, un autorevole scienziato e docente universitario, grande animalista, che qualche tempo fa avrebbe candidamente affermato che “un bambino va ammazzato possibilmente entro 10 giorni perché altrimenti i genitori si affezionano”. Una affermazione che è purtroppo la naturale conseguenza del ragionamento fatto dal legislatore italiano quando ha emanato la legge 194, che permette l’aborto entro i primi 90 giorni di gravidanza e dunque, con una finzione giuridica, dice che un essere umano per la legge esiste solo dopo quel momento. «Un elemento convenzionale può essere sempre spostato – ha detto Adinolfi -: ma se apri i cancelli entri nell’inferno».

E allora cosa fare?

«Bisogna rispondere a questa insensatezza con la logica, con il ragionamento e con la sensatezza», ha detto Adinolfi ai trecento che lo ascoltavano a Cagliari.  «Dobbiamo essere consapevoli di quello che sta succedendo, essere pronti a batterci e anche a pagare un prezzo salato. Dobbiamo essere pronti ad ingaggiare un corpo a corpo». Nei tribunali, dove le sentenze dicono che il diritto al figlio è un diritto “assoluto e incoercibile”, nelle scuole dove stanno passando i libretti dell’Uaar in cui papà e mamma sono sostituiti dal genitore 1 e genitore 2 e dove si vorrebbe insegnare l’educazione sessuale a ragazzini di due anni. Nelle aziende, dove alle lavoratrici che vogliono avere un figlio viene proposto un bonus per congelare i loro ovuli in onore del dio lavoro.

D’altronde dietro questi disegni c’è solo il denaro. Tanto denaro. C’è il denaro dietro la vicenda di Guido Barilla, massacrato dai media perché aveva detto che i suoi prodotti erano rivolti alla famiglia tradizionale e costretto a ritrattare pateticamente le sue dichiarazioni. C’è  il denaro dietro la linea di lingerie di una famosa casa di stilisti dedicata alle bambine di 13 anni. Una deriva che, ha spiegato Adinolfi, si può evitare solo se esistono un papà e una mamma che non permettono alle loro figlie di vestirsi come delle mignotte.

Il mercato della vita e della morte, oggi, ha – secondo l’ex parlamentare del Pd – soprattutto la connivenza della grande stampa, ormai al servizio dei grandi potentati economici (della mistificazione che sta avvenendo sui temi dei diritti civili parlo in questo post). Ecco la decisione folle di Adinolfi di fondare un quotidiano e quella, ancora più folle, di chiamarlo “La Croce”.

L’usanza di considerare come oggetti gli esseri umani, d’altronde, non è nuova: già duemila anni fa, nell’impero romano esistevano gli schiavi, ma c’è stato un segno che ha liberato le persone dalla schiavitù: e quel segno è stato appunto la Croce di Cristo.

«La nostra non è una contrapposizione con chi soffre, chi vuole amare ed essere felice o anche ha il desiderio di avere un figlio – ha ribadito Adinolfi -: è una contrapposizione con un sistema insensato che tratta le persone come cose. L’Italia continua ad essere nonostante tutto un baluardo contro questa deriva: abbiamo la Costituzione e le leggi dalla nostra parte, ma le dobbiamo difendere come popolo».

Dall’ultimo censimento Istat sulle famiglie italiane risulta infatti che su circa 16 milioni di famiglie le coppie omosessuali sono poco più di 7mila. E, anche se all’università si parla di 200mila bambini, il fenomeno dei figli omogenitoriali (cioè effettivamente nati attraverso tecniche artificiali) si limita secondo mario Adinolfi solo ad alcune decine. «Ci stanno raccontando un sacco di balle – ha detto – ma il nostro è un movimento di popolo. Il mio amico Renzi dovrebbe evitare di fare come hanno fatto Hollande e Zapatero, che dopo questo tipo di provvedimenti sono stati contestati e messi da parte, ma dovrebbe tutelare le tante famiglie italiane che si fanno un mazzo così. E sono la maggioranza».

Adinolfi Cagliari
Qualcuno, durante il dibattito finale, ha citato la parte del libro in cui Adinolfi sostiene che “la libertà individuale è roba da infelici”.

«Un desiderio individuale che grazie ai tribunali si trasforma in diritto denota una vita povera e anche violenta», ha risposto Adinolfi. «Non siamo assolutamente contro gli omosessuali, ma contro quella parte dell’economia che sostiene questa finta battaglia civile, cavalcata da persone che sulla loro omosessualità hanno costruito una carriera».

Giocatore di poker tra i primi 100 al mondo, Adinolfi sa che la partita sarà lunga e difficile e che ognuno dovrà prendersi la sua dose di responsabilità, a partire da un mondo cattolico forse fin troppo silente.

«Probabilmente dovrete prendere la nave per venire a Roma dove organizzeremo una grande mobilitazione popolare di piazza – ha concluso – . La nostra è  una battaglia di persone di buona volontà e forse sarebbe opportuno anche andare a dare una sveglia al mondo cattolico per dirgli chi siamo e che ci stiamo battendo per i diritti delle persone più deboli. Sappiate che tutto si giocherà in queste settimane: se vareranno la legge ci metteranno il timbro, come è successo con l’aborto. Allora tutto sarà molto più difficile. Se anche in Italia passa questa visione antropologica passa tutto».


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