Gli intervistati che passano più di tre ore al giorno sul web superano quelli che trascorrono più di tre ore a guardare la tivù e a farla da padrone sono i video, You Tube in testa (77,5%), e le chat (69%). Alta anche la percentuale di coloro che utilizzano Internet per cercare informazioni (67,5%) o per stare nei social network come Facebook e Twitter (qui la media è del 64,7%, ma tra le femmine sale al 69,1%).
Di per sé la cosa non è necessariamente negativa perché, come ha commentato il presidente della Sip, Alberto Ugazio, "Internet è una straordinaria finestra sul mondo, con un enorme potenziale di arricchimento culturale e di crescita, soprattutto se rapportato a ciò che oggi propone la televisione".
Il problema è che, parallelamente all'aumento dell'uso del web, aumentano anche i rischi a esso connessi. Sempre dalla ricerca emerge infatti che il 16,7% non ha remore a dare il proprio numero di telefonino a uno sconosciuto incontrato in Rete, il 22,8% a dire quale scuola frequenta, l'11,2% a farsi vedere in cam.
Preoccupa anche la solitudine delle famiglie. Il premio della fiducia infatti lo vincono i genitori, di cui "ci si può sempre fidare" per l'88,4% degli intervistati. Ma tutte le altre figure adulte di riferimento seguono a grande distanza: 58,8% poliziotti e carabinbieri, 55% gli insegnanti e solo il 39,1% i religiosi.
Che fare allora? La ricetta arriva sempre dal dottor Ugazio che sottolinea come alcuni valori fondamentali, quali il desiderio di conoscenza e la capacità di distinguere il bene dal male, vadano insegnati fin dalla primissima infanzia perché "quando si arriva a 12-14 anni è molto più difficile".
Aggiungerei che questo compito delicato non può però essere affidato solo ai genitori, ma deve diventare patrimonio di tutta la società adulta a partire da coloro che svolgono ruoli di maggiore responsabilità.
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