Eccocci arrivati all’ultima parte di questa serie di articoli. Qui potete trovare la prima e la seconda.
In questi racconti si nota eclatantemente la paura da parte del soggetto di perdersi nella dipendenza.
Da qui il suo comprimersi nel darsi al compagno e nell’esprimere liberamente verso di lui emozioni d’affetto, rappresentando tutto ciò per lei solo debolezza e vulnerabilità… per cui possibile dipendenza.
La sua mania di distruggere il rapporto ne è la manifestazione più evidente (entrare nel ruolo di compagna e… vivere), come anche l’aggressività che talvolta aveva verso la figlia (entrare nel ruolo di madre e responsabilizzarsi).
Il punto era proprio il legame affettivo in generale, poiché esso veniva vissuto come una minaccia al bisogno di autonomia purtroppo mai raggiunto. Ogni possibile richiesta di inserimento nel ruolo di compagna o madre, era dunque costruito in modo persecutorio, a tal punto che erano presenti in tale donna, comportamenti a volte estremamente aggressivi verso i due, e talvolta anche crudeli e vendicativi verso il compagno, poiché vissuto come simbolo di coercizione e di richieste imposte.
L’aspetto estremamente ambiguo e drammatico era che i comportamenti di tale persona erano basati sull’alternanza tra ostilità e dipendenza, una dipendenza mascherata dall’amore e dal bene, sentimenti questi che in altri momenti rifiutava fortemente di possedere.
La donna su questo punto, infatti, mi raccontava di viversi conflitti terribili, un momento desiderava di passare tutta una vita con il suo compagno, mentre altri pensava che proprio questi la schiacciasse, impedendogli di raggiungere la tanto ambita autonomia.
Ora è bene dire che chiunque si trovi a convivere con simili persone viene purtroppo trascinato anch’egli, inevitabilmente, nell’irrazionalità determinata proprio dalla loro incoerenza comportamentale e soprattutto affettiva. Si crea nell’altro una sorta di rincorsa verso una normalità relazionale il più delle volte negata, dovuta ad un vero e proprio bisogno di coerenza e di equilibrio psichico richiesto al partner, ma che questi purtroppo non riesce a dare.
Si nota dunque dal racconto, che la donna viveva emozioni di “amore” e rifiuto verso la stessa persona: il compagno, cosa questa estremamente disorientante per quest’ultimo, che veniva costruito proiettivamente come richiedente affettività imposta, come già affermato.
E’ ovvio in questo caso proprio la presenza del conflitto oggetto di questo articolo: il conflitto di indipendenza/dipendenza con le figure genitoriali, non ancora risolto.
La donna, infatti, esprimeva, alla fine della sua storia, proprio il fulcro dei suoi problemi, cioè viveva ancora oggi il rapporto con sua madre in modo conflittuale, ella diceva: “è come se non riuscissi ad accontentarla ancora oggi come figlia, mi sento sempre inadeguata e insicura, non mi sento libera di agire e ho paura di defraudarla… pena un pesante senso di colpa”.
Qui si comprende, punto centrale, il perché la donna relazioni ancora oggi, con le persone con le quale si trova legata affettivamente, con schemi infantili.
E’ la primaria conoscenza che decide se saremo o no persone adattate, felici o infelici. Purtroppo sono proprio i primari schemi cognitivi, che se disfunzionali costituiranno la devianza nevrotica, che filtrerà tutte le acquisizioni conoscitive successive.
Riepilogando, questa era una persona con forti incapacità di individualizzazione per cui ogni vicinanza del suo partner o della sua figlioletta lo viveva come una minaccia all’indipendenza, un’indipendenza ambita ma nello stesso tempo fortemente temuta… da qui la sua ambiguità emotiva.
Il conflitto fulcro, che questa persona era costretta a vivere, era quindi centrato sulla dipendenza/indipendenza. Il tipico conflitto che caratterizza il bambino/adolescente, il quale si vive contemporaneamente sia il bisogno di dipendenza tipico dell’infanzia (il bisogno di protezione e affetto) sia il bisogno di indipendenza dell’adolescente (libertà e autonomia).
In conclusione, da quanto detto, risulta ovvio proporre e indurre sempre l’autonomia per i propri figli, e non ingannarsi legandoli a sé solo per non sentisi genitori inutili o abbandonati!
Images credit: Yo, adolescente: memorias de miss 16 ; Erin MC Hammer