...beh, è la mia...
In Italia l'adozione è:un casinouna gran tirata per il culoun lusso per pochiuna sfilza di giudizi burocrazia
In Italia, l'adozione per una persona cronicamente affetta da una patologia è:
un doppio casinouna doppia tirata per il culoun doppio lusso per pochiuna doppia sfilza di giudizidoppia burocrazia ...F R U S T R A N T E...nonchéI M P O S S I B I L EUn bel quadretto italico, eh?!Non scambierei la mia nazione d'origine, ma giuro che il Sistema ce la sta mettendo tutta per farmi convertire al passaporto!Mi sono informata ed ho parlato con un'assistente sociale, colei la quale dovrebbe approvare o meno l'idoneità, mia e di mio marito, ad essere genitori.Cauta e poco simpatica, ci ha illustrato tutto il [lunghissimo] iter indispensabile; in soldoni, se vuoi presentare domanda d'adozione DEVI partecipare ad incontri all'Asl, compilare una serie immemore di richieste, pregare ed aspettare. Il tutto correlato da detrattori professionisti, che vi mettono innanzi gli scenari meno piacevoli, le situazioni più estreme. E tutto questo SE sei una persona sana, se hai la sfiga di non esserlo al 100%, oltre il danno hai la beffa: controlli raddoppiati, una figura che ti sostituisca al trapasso [tiè] e che sia già conscia e consapevole della maternità non scelta ma trasferita che le aspetta. Diventa quindi una cosa a tre, durante la quale, i genitori miei e di Brivido, avrebbero dovuto essere parte integrante, perché, in Italia, non è la coppia che adotta, ma la famiglia. Ho rinunciato.Non sono MAI stata una che molla, anzi, guardo a Don Chisciotte come ad un degno avversario davanti ai mulini a vento, tuttavia, ho appena ricevuto un sonoro e spregevole rifiuto alla maternità, da parte del mio corpo "imperfetto", ed è stata una lama infetta, del cui taglio porto ancora ferite profonde, e non sono pronta ad anni di scoramenti vari, senza poi la certezza di che ne sarà di noi.Lo ammetto, vedevo la cosa ben più semplice, avevo innescato un processo di fiaba, che coinvolgeva testa cuore ed anima, e che mi piaceva cullare.C'è tanto male nel mondo, mi ero detta, che agevoleranno chi vuole fare e dare bene.Vedevo quella bellissima bimba dalla pelle color ebano, scorrazzare per casa, sentivo la sua voce cristallina chiamarmi mamma, e provavo un tuffo al cuore mentre la portavo dall'amichetta al parco, a giocare con gli altri, a vederla andare più su con l'altalena, provando paura perché cadesse, ed orgoglio per il suo coraggio. Le volevo già bene, di più, l'amavo già per osmosi ai sogni di maternità cullati senza pausa, e non sentivo la distanza tra la naturalezza del rapporto che si instaura durante la gravidanza, convinta che, il colpo di fulmine, passi sempre attraverso gli occhi. Ci commuovono gli spot di bambini abbandonati, ci disgusta sapere di un'umanita bistrattata dalle guerre dei potenti, ci ripugna il maltrattamento ad esseri innocenti, ma agire per un bene comune è ostacolato da regole e lungaggini.Mi fa ribrezzo pensare al nostro parlamento seduto in qualche aula climatizzata, con il culo nella bambagia e l'auto blu che lo aspetta parcheggiata in tripla fila.Mi annichilisce che il mio domani sia nelle loro mani, che io non possa perché è legge che sia così, che l'eccezione sia da mettere al bando e che la generalizzazione dilaghi come un morbo. Mi metto in fila ed aspetto il mio turno, pago le [troppe] tasse, che mi impoveriscono e mettono in ginocchio la mia economia, rispondo al comune senso civico di buon comportamento, e mi vedo negato un dono, come quello della maternità adottiva, perché sono affetta da fibrosi cistica?!?Ma se io, che ho 29 anni, restassi al mondo solo altri vent'anni, non sarebbero 20 anni più felici per me, mio marito e per un bambino che non sa cosa sia l'amore?!Perché debbo sprecarne 7/8 in pratiche assurde, consumata di aspettative ed attese, con una facciata di violento rifiuto, prima che quel bambino possa conoscerci, perché "questi sono i tempi tecnici" da rispettare?!Sono arrabbiata, come donna, come cittadino, come persona, perché il mio Paese non pensa al mio bene; perché vivo in una società becera e clericale; perché ho doveri ma non diritti.