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Adrian Belew – Belew Prints: The Acoustic Adrian Belew, Vol. 2 (1998)

Creato il 12 luglio 2014 da The Book Of Saturday

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Se i Beatles non si fossero sciolti nel 1970… sarebbero pressappoco arrivati alle stesse conclusioni. Belew Prints: The Acoustic Adrian Belew Volume Two è l’undicesimo album del chitarrista e polistrumentista Adrian Belew, uscito nel 1998 e sequel di un Volume One pubblicato nel 1995. In questo secondo lavoro tutto chitarra, voce ed effetti, Belew rielabora precedenti lavori in chiave acustica e a differenza del predecessore Volume One ne espande la strumentazione: Belew suona anche basso, pianoforte, armonica, batteria e percussioni, oltre a dirigere un quartetto di archi nella prima traccia. Emerge un interesse profondo per le premesse poste dai Fab Four, quasi un epilogo immaginario dei satelliti che avrebbero potuto esplorare Lennon & Co. se non si fossero sciolti. E il parallelo funziona, soprattutto se si ascoltano vari lavori da solista di Paul McCartney. L’album contiene anche due brani dei King Crimson anni ’90 (Cage e Dinosaur), quelli su cui anche Belew può vantare crediti, e appunto una cover (Free As A Bird) dei Beatles. Onore anche al merito dell’ingegnere Ken Latchney, il cui ottimo lavoro in produzione rende il suono soffice e piacevole all’ascolto.

  1. Men in Helicopters (Belew) – 3:09 – Si apre con gli archi (David Davidson primo violino, David Angell secondo violino, Kristin Wilkinson viola, John Catchings cello), fin dall’inizio si entra nel mondo di Sgt. Peppers Lonely Heart Club Band. Le melodie si ampliano, Belew svaria da una voce densa e british fino a raggiungere vette estreme in falsetto.
  2. Cage (Belew/Bill Bruford/Robert Fripp/Trey Gunn/Tony Levin/Pat Mastelotto) – 2:25 – Dopo questa breve introduzione beat, si passa al prog dei King Crimson, con la prima cover della band di cui Belew fece parte per più decadi a partire da Discipline, uno di quei dischi a cui Belew contribuì all’ennesimo cambio di rotta dei KC.
  3. I Remember How to Forget (Belew) – 3:36 – Quasi un blues giocato su corde basse e arpeggi vertiginosi. Il brano arriva alle estreme conseguenze attraverso una sottile tela di accordi sequenziali. Chiunque ama la chitarra acustica, le sue possibilità, la sua durezza, questo è uno di quei brani “pizzicati” che non dovrebbero mai mancare nel proprio bagaglio musicale. Resterete ipnotizzati dalla sua energia tecnica.
  4. Young Lions (Belew) – 3:07 – Già, un grande chitarrista non può non confrontarsi con la chitarra spagnola. Belew, che pure potrebbe, non cade però nel tranello dell’iper-tecnica. Young Lions – e non solo per il titolo – è allo stesso tempo un omaggio agli Animals e quella passione latina che contagiò anche i Queen.
  5. Never Enough (Belew) – 3:31 – Da buon fenomeno poliedrico, Belew alterna esecuzioni a incontri, ascolti. C’è molto degli Smashing Pumpkins in questa Never Enough. Dove Belew sembra scimmiottare il Billy Corgan per spigoloso.
  6. Things You Hit with a Stick (Belew) – 2:05 – Il brano inizia con una serie di percussioni che disorientano da destra a sinistra l’ascoltatore. Seguono tutta una serie di oggetti sbattuti random sullo sfondo di piatti e giocattoli malefici. Una danza tribale moderna, casalinga. Qui Belew dimostra di aver recepito non solo la sua prima fase alle spalle di Frank Zappa, ma anche una buona dose di ascolto di classica contemporanea.
  7. Everything (Belew) – 2:56 – Si torna ai Beatles, esordisce il pianoforte. In Everething (anche nel modo di affrontare il microfono, con i controcanti eseguiti dallo stesso autore in sovraincisione) Belew assume la sua posizione a favore di Paul McCartney.
  8. Big Blue Sun (Belew) – 2:58 – Si chiude il cerchio su Sgt. Peppers. Questo grande sole blu ci mette poco a trasformarsi in una ballad canterina e cadenzata, conclusa nel più più classico epilogo beat. Il brano si chiude con un piano riverberato all’ennesima potenza.
  9. Bad Days (Belew) – 2:58 – Se c’è poco dei Talking Heads, lo stesso non si può dire del suo passato con David Bowie. In Bad Days (andiamo quasi per esclusione), si estrapola soprattutto la capacità del Duca Bianco di sovvertire in un istante le certezze su poco meno di tre minuti di canzone. Il genio sta tutto qui, con un pizzico di soul.
  10. One of those Days (Belew) – 3:01 – Belew procede spedito al pianoforte, siamo nel momento centrale dell’album e questo brano, con la sua velocità ritmica, ha una sua valenza concettuale: evitare di annoiare nel momento in cui spesso l’ascoltatore più pigro prende il telecomando e cambia canale. Un carosello che intrattiene in vista del brevissimo brano successivo prima dell’apoteosi finale.
  11. Return of the Chicken (Belew) – 1:36 – Il concetto è simile a Things You Hit with a Stick, ma ha un suo senso compiuto. Return of the Chicken potrebbe essere considerato un quaderno di appunti su cui Belew studia, si esercita e registra suoni e idee.
  12. Dinosaur (Belew/Bill Bruford/Robert Fripp/Trey Gunn/Tony Levin/Pat Mastelotto) – 5:44 – Tratta dall’album THRAK dei King Crimson (1995), l’intro di chitarra sostituisce gli archi del brano originale. Si arriva al ritornello «I’m a dinosaur, somebody is digging my bones», con doppia voce di Belew che crea quell’effetto di coro polifonico. L’accompagnamento della sei corde lungo tutto il brano è soffuso, caldo, coinvolgente. L’enfasi della ritmica. Nella parte centrale un cammeo di triadi e ricami, prima che il treno riparta dopo una breve pausa. Una locomotiva preistorica: più bella dell’originale.
  13. 1967 (Belew) – 5:36 – Un vaudeville di beatlesiana memoria, prima di lasciarci immergere nel live di Free as a Bird. A partire da 1′ di ascolto, le corde dell’acustica si piegano alla stonatura studiata da Belew. Il giro blues rispecchia appieno il titolo: solo in quegli anni poteva essere concepito… Manca solo il fruscio del vinile e passerebbe per un falso storico. Sono due o tre canzoni fuse assieme e dentro c’è tutta l’esperienza al fianco di David Bowie.
  14. Free as a Bird (John Lennon) (Live at the Longacre Theater, NYC) – 3:19 – Unico brano registrato dal vivo al Longcare Theatre di New York. Belew siede al piano, l’occhio di bue sulla sua seggiola e la bocca che fa a gara con le dita sui tasti. Ogni tanto l’artista si volta verso il pubblico, fa smorfie, sembra sbeffeggiare McCartney. Il pubblico ride sornione, applaude, apprezza il gioco. Resta un grande omaggio ai quattro di Liverpool.
  15. Nude Wrestling with a Christmas Tree (Belew) – 2:08 – Si chiude con la terza parte di contemporanea. Le percussioni hanno la meglio, l’elettronica fa il resto. È una Return of the Chicken 2.0. Il titolo è un nonsenso: lotta nuda con un albero di Natale. Si sentono le palline: «Oh, fantastic», dice Belew. Un coro basso sfuma su una scaletta di piano. Stop. Vi siete divertiti? Pigiate play e ricominciate.


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