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Se vi piacciono quelle atmosfere nere, cupe e dense di certe pellicole americane come Mystic River e Gone Baby Gone senz'altro questo bellissimo film di Paul Schrader fa al caso vostro.
Strana la carriera di questo regista. Un inizio folgorante con American Gigolo e poi piano piano la cresta dell'onda che si fa sempre più bassa. Proprio Affliction (anno 98) fu probabilmente a livello di critica e consensi l'opera che poteva farlo tornar fuori. Niente da fare invece. Di Schrader mi piace ricordare però il particolarissimo Adam Resurrected, molto apprezzato in questo blog.
Affliction è il classico film americano che racconta la propria provincia, in questo caso una piccola cittadina del New Hampshire. Mascherato da crime story il film è in realtà il lento ma inesorabile sprofondamento nella depressione del suo protagonista, lo sceriffo Wade Whiteouse (un ottimo Nick Nolte), un uomo che in pochi giorni vede sgretolarsi tutto quello che ha attorno, la famiglia, il lavoro, gli amici, sè stesso. Opera di rara forza psicologica Affliction racconta di come il nostro passato, la nostra infanzia, specie quando viene innaturalmente deturpata e violata, ci cambia poi per tutta la vita, ci indirizza, ci porta piano piano, senza che ne accorgiamo, a un punto che pare prestabilito da sempre. La progressiva solitudine di Wade (convinto che un suo collega abbia ucciso un uomo in una battuta di caccia) è l'inesorabile declino di un uomo i cui demoni passati urlano nelle orecchie. La sua incapacità di gestire il rapporto con la figlia, i suoi scatti di violenza, l'accorgersi lentamente che la sua "natura" sta venendo fuori portano Wade ad una sorta di lucida pazzia, mai completamente folle, ma quel forte senso di disagio che in vita ci mostra le cose per quello che in realtà non sono. A tutti noi sarà capitato di stare così male e aver così tanta paura da non riuscire freddamente a capire la realtà che ci sta intorno, a cercare risposte e verità per permetterci di mantenere un nostro personalissimo equilibrio interiore. Wade cerca di formulare una sua verità riguardo quella battuta di caccia ma nel frattempo si allontana sempre più dalla vita, dalla realtà dei suoi rapporti. E il trauma avuto da bambino è uno tsunami che in questi casi si fa sempre più fatica a contenere. Magnifica la scena in cui suo padre (grandissimo Coburn) è finalmente orgoglioso del figlio quando riconosce in lui quella violenza che gli faceva da piccolino.
E' la storia del figlio che diventa sempre di più come suo padre e il fatto che le vicende riguardino un 50enne e un 80enne rende le cose forse ancora più tragiche e dà a questo film un'aura così triste, deprimente e nera che colpisce lo spettatore.
Attori magnifici, location sotto la neve molto suggestive e una sensazione di lenta discesa all'inferno davvero potente.
Un recupero doveroso credo.
( voto 8 )
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