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Africa nel 2014: il buono, il brutto e il cattivo

Creato il 29 dicembre 2014 da Cafeafrica @cafeafrica_blog
L’Africa non è un unico paese. Ciò che potrebbe essere stato un anno eccellente per alcuni stati è stato un disastro per altri.
Per i manifestanti in Burkina Faso il 2014 è stato un anno molto buono. Il pacifico rovesciamento di Blaise Compaoré, alla fine del mese di ottobre, è stata una vittoria per la democrazia. Anche se resta da capire se il potere dei militari nel governo transitorio minerà le conquiste democratiche ottenute fino ad ora.
L’estromissione di Compaoré è stata, inoltre, un’ispirazione per molti paesi ove permangono leader oltre i limiti di legge, come nella Repubblica democratica del Congo (RDC), la Repubblica del Congo e il Burundi, e ha rappresentato un chiaro avvertimento ai leader di paesi come Zimbabwe, Uganda e Angola.
Sul fronte Unione Africana. Nkosazana Dlamini-Zuma, presidente della Commissione dell’Unione Africana, ha ottenuto la possibilità  per il settore privato di contribuire ai programmi dell’AU, in particolare in sostegno alla missione Ebola Outbreak in Africa Occidentale. Dopo un incontro di raccolta fondi dell’8 novembre, il gigante della telefonia MTN ha stanziato una somma di 10 milioni di dollari per la lotta contro l’Ebola e l’Econet ha donato 2,5 milioni di dollari.
Il 2014 è stato un anno positivo per i partiti al governo e gli ex movimenti di liberazione in Africa Australe. In Namibia, Botswana, Sud Africa e Mozambico, chi era al potere è rimasto al potere, pur se con margini leggermente ridotti e con proteste da parte dell’opposizione.
In Mozambico, il presidente Filipe Nyusi dal FRELIMO è stato eletto il 15 ottobre, ma il partito d’opposizione RENAMO e il nascente Mozambic Democratic Movement ritengono che le elezioni non sono state libere ed eque.
In Namibia, il 29 novembre, il presidente Hage Geingob – del partito già al governo SWAPO – è stato eletto con un margine enorme.
In Sud Africa, l’African National Congress ha vinto le elezioni del 7 maggio con il 62%, con calo dal 66% alle ultime elezioni. Anche se è stato inferto un duro colpo all’alleanza di governo a causa della frattura con il potente movimento sindacale e la corruzione, gli scioperi e un’economia indebolita hanno pesato sul voto.
In Botswana, il presidente Ian Khama ha nuovamente vinto le elezioni del 24 ottobre, tra le denunce di attivisti per i diritti umani e giornalisti, circa la limitazione del dibattito politico.
Buone notizie anche per il boom economico africano che è continuato nel 2014. La relazione annuale African Economic Outlook dell’African Development Bank prevede, infatti, una crescita del 4,8% nel 2014 e tra il 5-6% nel 2015. Tuttavia, l’abbassamento dei prezzi del petrolio costituiscono una grande preoccupazione per i principali produttori di petrolio del continente come la Nigeria, l’Angola e il Sud Sudan.
Per altre zone del continente il 2014 è stato un anno negativo. Le guerre in Sud Sudan, nella Repubblica Centrafricana e in Libia sono continuate.
La devastante epidemia di Ebola ha avuto effetti catastrofici su Sierra Leone, Guinea e Liberia, con oltre 7mila morti fino ad oggi.
Un duro colpo quest’anno per la Giustizia Penale internazionale in Africa. Nel mese di giugno l’Unione Africana ha approvato l’istituzione della Corte Africana dei Diritti Umani e Giustizia, che esentare presidenti e alti funzionari governativi dalle accuse per una serie di reati gravi.
Il 5 dicembre, il procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI) è stato costretto a ritirare le accuse nei confronti del presidente del Kenya Uhuru Kenyatta, dopo una lunga lotta per raccogliere sufficienti prove e supportare i testimoni che misteriosamente muoiono, scompaiono o ritirano le testimonianze.
Il brutto nel 2014 è giunto indossando passamontagna e sventolando bandiere nere. Attacchi ai villaggi, massacri, rapimenti di scolari ed esecuzioni sommarie di stranieri che non sapevano recitare il Corano.
Nel nord della Nigeria è proseguito il terrorismo e il numero di morti degli attacchi Boko Haram continua a salire quasi quotidianamente. Nonostante la protesta contro il gruppo Boko Haram e la popolare campagna #BringBackOurGirls – un’iniziativa nigeriana che ha conquistato l’attenzione del mondo -, centinaia di ostaggi sono ancora nelle mani dei Boko Haram. Compreso le 219 ragazze rapite a Chibok nell’aprile di quest’anno. Gli attentati suicidi si sono espansi dal nord-est della Nigeria ad altre zone, tra cui la capitale del nord Kano, ove più di 100 persone sono state uccise con il bombardamento del 29 novembre di una moschea.
In Mali i gruppi islamici, che hanno occupato nel 2013 la parte settentrionale del paese, non sono stati ancora tutti sconfitti dai francesi e dalle truppe africane presenti sul territorio. Inoltre, proprio queste forze di pace sono diventate i bersagli di gruppi legati ad al-Qaeda, ottenendo come conseguenza 43 vittime da giugno.
I peacekeepers africani della missione dell’Unione Africana in Somalia  quest’anno hanno fatto passi importanti contro al-Shabaab. Sebbene il Kenya sia scosso da una serie di attacchi contro la popolazione civile a Nairobi, sulla costa e nel nord-est, vicino al confine con la Somalia. Il peggiori sono stati l’uccisione di 60 persone in Mpekotoni a giugno e due attacchi particolarmente raccapriccianti, su un autobus in direzione di Nairobi a fine novembre in cui 28 non musulmani sono stati uccisi e in una cava di pietra dove sono stati uccisi 36 lavoratori.
È difficile fare previsioni per il 2015, ma già ci sono alcuni segnali. In paesi ove sono previste elezioni, come la Nigeria il prossimo 14 febbraio, o laddove i gruppi di opposizione si stanno mobilitando contro i terzi (o più) mandati dei loro presidenti. Anche la Costa d’Avorio, dove i nervi sono ancora tesi dopo l’amaro conflitto politico del 2011, andrà alle urne nel 2015. Nella parte orientale della RDC, inoltre, potrebbe sostanziarsi l’azione militare da parte dell’esercito congolese e la Force Intervention, se le Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda (FDLR) rifiuteranno il disarmo prima della scadenza 2 gennaio.
Il 2015 promette di essere un altro anno difficile per l’Africa, con la sua quota di alta drammaticità e rischio politico.

Fonte: Liesl Louw-Vaudran, Institute for Security Studies – ISS – Consultant


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