Eppure questa città, vivace come nessun altra, porta già in sé i germi del vecchio, dell' "antico" (se di "antico" si può parlare: e dopo quanti anni, o lustri, o decadi, o secoli?).
La città del ferro, dell'acciaio, del calcestruzzo; e poi del cemento armato, del vetro, delle superfici rispecchianti e lucide. La città dei parchi pubblici e dei giardini segreti. La città delle case in brownstone, delle rocce affioranti tra le collinette di Central Park, dei mattoni vittoriani, dei topi e dei randagi.
La città dei mille odori e dei mille sapori: cucina turca, cucina italiana, cucina greca, cucina polacca, birra irlandese, spezie indiane, hot dogs e pretzels.
Percorri i chilometri selvaggi e decadenti delle metropolitana, guardi dall'alto i tetti di rame e le guglie delle cattedrali del commercio e del danaro, e senti che è un vecchio che avanza, che ormai quel paesaggio sedimentato nella nostra memoria, cristallizzato da film e telefilm, da canzoni e da parole, comincia ad essere irrimediabilmente vecchio.
C'è, probabilmente, un'altra New York in attesa di esplodere.
Una città che la sostituirà, più o meno a breve. Come già NY sostituì Parigi; e Parigi aveva sostituito Londra e Vienna; e Vienna sostituiva Roma; e Roma aveva sostituito Firenze.
E un'altra Roma, una Roma remota, aveva sostituito Atene.
E' la storia del mondo, la storia che si insegue di città in città.
Chissà quale sarà, dove sarà, la nuova New York.