1 ottobre 2014 Lascia un commento
Tutto facile in apparenza ma qualcuno non ci sta, laddove la politica s’infrange sugli scogli del dovere e della tradizione e l’onore conta piu’ dei soldi.
Era da tantissimo che non tornavo su Miike e mi piace farlo col genere dei gangster movie perche’ diciamocelo, per quanto il nostro sia eclettico, talvolta fenomenale nei tanti generi e stili che di volta in volta adotta, i film sulla yakuza sono certamente i piu’ efficaci e di massima quelli che sanno garantirgli miglior risultato. "Agitator" film del 2001, in quello che forse e’ l’annus mirabilis di Miike, si colloca tra il celebre "Ichi the killer" e il divertente "The Happiness of the Katakuris", un periodo nel quale la sua produzione fu copiosa e allo stesso tempo di grandissima qualita’ e qui non abbassa la media, anzi.
Miike e’ serio, serissimo nel raccontare le storie di questi uomini che agiscono come non ci fosse un domani, ed in effetti per molti di loro non ci sara’ ma non di meno lesina punte di umorismo che poi e’ quanto lo contraddistingue da molti altri bravi ma piu’ seriosi colleghi.
Lungi da lui il voler esaltare uomini di malaffare, nel contempo pero’ non cela il fascino del vivere di chi rinuncia a cento giorni da pecora in cambio di uno da leone. Filosofie diverse, conflittuali ma senza una posizione precisa scelta dell’autore che non a caso, tratta la vita dei suoi personaggi come all’interno di una dimensione d’esistenza a se’, lontana dai comuni mortali che solo marginalmente partecipano allo loro vicende. La separazione e’ netta e voluta, in qualche modo funzionale a non confondere mai la fiction con la realta’ ed escludere ogni romanticismo che non sia prettamente letterario. Percio’ ancora una volta il cinema orientale offre spunti impossibili per l’Occidente decadente con una violenza inusitata ma proprio per questo irreale quindi incontestabile, laddove noi si e’ scelto di smorzare i toni ottenendo tragiche pantomime.
Miike in stato di grazia. Piu’ del solito.