Un giorno, ventiquattrore. Un tempo limitato, da una mezzanotte all’altra. Una fiaba preconfezionata e monodose. Uno spazio angusto, come un appartamento troppo stretto per una festa piuttosto forzata. La festa dei proclami, delle cene tra amiche, delle mimose regalate dai portinai, dai colleghi, dai compagni. La festa della donna, la giornata “dedicata a”.
A volte si fatica a digerire questo tipo di ricorrenze bagnate d’istituzionalità. Si accende la tivvù, si dà un occhio ai ministri con la mimosa nell’occhiello della giacca, si seguono i servizi che aprono il telegiornale, in preda ad emorragie di parole senza sale, come “battaglia”, “diritti”. Frasi buttate in mezzo al mare, senza possibilità di attracco: “c’è ancora molto da fare”, “dibattiti sulla condizione della donna”, senza lesinare riferimenti confusi “alle donne islamiche”, quelle donne spesso guardate con diffidenza dalle stesse donne “occidentali”.
Una valanga che travolge tutto: un flusso ad esaurimento, una corsa contro il tempo nel riempire il vuoto con involucri vuoti. L’importante è che questi involucri abbiano colori scintillanti, forme tonde e sorridenti, braccia aperte per abbracci accoglienti, braccia che si chiuderanno alle 00.01, e che si riapriranno tra un anno, scattando come molle al segnale del calendario.
Difficilissimo per un uomo giudicare ed esporsi in questa ricorrenza in cui si sa, il rigurgito sessista è facile come trovare una mimosa calpestata per strada, mentre si corre al lavoro borbottando «ah già, è l’8 marzo». Con piacere, l’apprezzamento va alle donne del nuovo millennio, che sempre più numerose (ma mai sufficienti) iniziano a rifiutare questo cappuccio di plastica usa e getta, fatto di auguri di marmo (come se fosse il compleanno di qualcuno) e di soldi nelle mutande di qualche perizoma maschile, in un night buio e nebbioso.



Un gigantesco controsenso, un post-it per ricordare a tutti che la donna è una specie protetta, come il Panda del Wwf. Protetta per ventiquattrore, addolcita da qualche entrata gratis al museo, o da qualche sconto al cinema, con scadenza fino alla mezzanotte, quando la carrozza ritornerà zucca, e del principe non ci sarà più nessuna traccia, almeno fin quando verrà richiamato dal calendario.
(Pubblicato sul “Fondo Magazine” dell’8 marzo 2012)



