Evidente è che la visita di Vendola nasceva dal fascino che ancora esercita un antico mito, appunto quello di Mirafiori come luogo simbolo della politica, per la sinistra italiana una sorta di Bastiglia o di Palazzo d’Inverno […]. È questo mito che Vendola, aspirante leader dell’opposizione di sinistra, ha probabilmente voluto sfruttare con la sua visita allo stabilimento torinese. Grande affabulatore, abile giocoliere di sogni, parole, sentimenti collettivi, più a suo agio nelle narrazioni, per riprendere una parola che ama usare, che nei discorsi di sezione, Vendola doveva forse inevitabilmente incrociare quel luogo così denso di antiche passioni e di miti mai scomparsi del tutto. L’esito della sua visita sembra indicare che non è con l’appello al sentimento che la sinistra potrà affrontare la difficile scelta di fronte a cui si trovano i lavoratori Fiat (quelli che votano sì e quelli che voteranno no), che la nostalgia di ciò che scaldava i cuori nel ‘900 difficilmente potrà servire da bussola per affrontare le sfide del nuovo secolo.
Ma di un “grande affabulatore” non si sa che farsene: ne abbiamo già uno (grande affabulatore proprio, non grande comunicatore) e risponde al nome di Silvio Berlusconi. Al quale, però, Vendola sembra talvolta somigliare. A tratti, almeno. “Credo che abbiano litigato con gli altri delegati, non ho avuto alcuna contestazione”, ha chiosato Vendola dopo i disordini avvenuti ai cancelli dello stabilimento Mirafiori. Parole già sentite, altroché.