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Il lungomare interminabile è sempre bellissimo e i tramonti pure, ma mentre noi arriviamo gli uccelli se ne vanno alla ricerca di lidi ancora più caldi; numerose formazioni in assetto migratorio solcano regolarmente i cieli.
Non finirò mai di stupirmi nel male come nel bene della tenacia dei tedeschi, una grinta che levati, loro non mollano mai l'osso, persino i loro cani, ci credo che hanno l'economia più forte. Sulla spiaggia c'era uno stupendo carlino appena arrivato in vacanza con i suoi giovani padroni da Berlino. E' andato avanti tre ore a giocare con la palla, tutto solo bello tranquillo senza abbaiare né rompere le scatole a nessuno, troppo simpatico, ho finito per filmarlo.
Mio figlio Marco che viaggia molto per diletto e per lavoro e se ne intende, ha cercato sul sito https://it.airbnb.com/ che offre una larga scelta di appartamenti in tantissime destinazioni e mi ha trovata qualcosa che mi piace proprio tanto, luminoso e centralissimo. Si trova in via Bograshov 7 all'angolo con via Ben Yehuda, si può andare praticamente a piedi dappertutto; una camera da letto, una sala-cucina e dal minuscolo balconcino, perfetto per la colazione del mattino, si vede il mare; di fronte il migliore ristorante Thai israeliano e l'ho provato, costa poco e si mangia benissimo.
L'unica particolarità della casa è che venerdì all'imbrunire non c'è mai l'acqua calda, si vede che tutto lo stabile si fa il bagno per accogliere bello lindo e profumato lo Shabbat. Una volta in Italia si procedeva alle grandi pulizie la domenica mattina prima di vestirsi a festa e andare alla messa. Adesso non so se è ancora così.
Il matrimonio era molto chic, si svolgeva in una modernissima sala delle feste che si è poi trasformata in locale notturno, terza e quarta generazione mangiavano e chiacchieravano, i giovani hanno ballato sfrenati senza interruzione fino a tarda notte, luci psichedeliche e volumi sonori alle stelle.
Non era certo un matrimonio particolarmente religioso, giusto quelle sette preghiere che il rabbino deve pronunciare officiando presto presto la funzione sotto la chupà, una sorta di tenda che vuole simboleggiare la nuova casa che gli sposi abiteranno insieme. Il rabbino legge a voce alta la ketubah, che è il contratto nuziale stipulato per salvaguardare i diritti della donna e che viene consegnato alla mamma della sposa affinché lo custodisca in luogo sicuro, quindi si recita la benedizione sul vino che viene sempre ripetuta nelle circostanze liete e dopo la donna riceve l'anello. (Anche l'uomo l'avrà ma non viene consegnato simbolicamente come alla donna). La cerimonia termina con la rottura di un bicchiere di vetro gettato per terra e calpestato dal marito col piede destro. E' quel bicchiere di vetro colmo di vino che durante le benedizioni di poco prima il rabbino celebrante ha tenuto in mano e poi porto agli sposi affinché per la prima volta ne bevessero insieme. Primo significato di quella rottura è l'invito a ricordare, anche in un momento di gioia, l'antica distruzione del Tempio sacro di Gerusalemme; la gioia si deve sempre legare alla memoria storica dei momenti difficili legando così la nuova coppia alla propria storia e identità. Può naturalmente anche significare la fragilità dei rapporti umani e il cambiamento, l'unione matrimoniale rappresenta un radicale cambiamento nella vita della persona.
Di qualità la scelta di Yohav, bella e simpaticissima la sua sposa Orna, io nel frattempo, ho fatto onore al mega buffet rimpinzandomi di foglie di vite ripiene di riso, una mia passione.
Tel Aviv è relativamente piccola, niente a che vedere con Manhattan o Parigi, inesauribili caverne di Alì Babà che non ti basta una vita intera per girarle tutte e scoprirne meandri e segreti.
A Tel Aviv di riffa o di raffa si finisce per ritornare sempre negli stessi posti e negli stessi quartieri, ma prima di tutto mi fa piacere rivedere luoghi che amo e secondo, scarpinando e curiosando metodicamente come sono solita fare, si finisce sempre per approfondire qualcosa, guardare con una nuova prospettiva, vedere delle novità o dei cambiamenti che non mancano mai, la città sta progressivamente restaurando i suoi quartieri e si vedono tanti cantieri aperti. A Tel Aviv ci sono venuta spesso negli ultimi anni, numerosi post del 2007, 2009 e 2010 e sono andata a rivederli per tentare di non ripetermi nei prossimi racconti.
Riconfermo l'impressione che da queste parti si viva sempre a 300 all'ora, il lungomare già in movimento alle sei del mattino, traffico caotico, spiagge, caffè, ristoranti gremiti di giorno come di notte, programmazioni culturali una via l'altra, come se non ci fosse tempo, come se fossero sempre tutti in vacanza. " Ahol vesciatò ki mahar nahmut", mi dice il cugino Mino e traduce: "mangia e bevi poiché domani si muore". A parte la naturale apertura di tutti i paesi mediterranei amici del caldo e del sole, secondo lui gli israeliani hanno perfettamente integrato nel loro vivere queste parole della Bibbia e per chi se le fosse dimenticate provvede la cronaca quasi giornaliera a ricordargliele come quel diciottenne accoltellato e morto su un autobus due giorni fa ad Afula mentre tornava al campo dopo una licenza a casa. Un bel po' di secoli dopo Lorenzo de' Medici con garbo poetico riprenderà il concetto: "Chi vuol esser lieto, sia, del doman non v'è certezza".
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