Airport '77 e la disperata ricerca di un modo per uscire da un jet(set) che è un colabrodo

Creato il 13 agosto 2011 da Dejavu
Quando Francois Truffaut incontrò Alfred Hitchcock nel suo ufficio agli Universal Studios per realizzare un libro sulla sua splendida carriera - Il cinema secondo Hitchcock -, il celeberrimo regista gli spiegò come poco distante da loro ci fosse un gran fermento di persone che si stavano dannando l'anima per trovare il modo più funzionale a tirare fuori dall'acqua un aeroplano.Ovviamente il fermento era solo creativo e riguardava la realizzazione di un film.
Hitchcock si stava infatti riferendo a Airport '77, la terza aero-catastrofica avventura nella fortunata saga aeroportuale di Hollywood.
Nei '70, quando il mondo non faceva ancora così paura, c'era un perverso compiacimento di pubblico e cinematografi nel mandare una carrettata di star emergenti o affermate incontro a situazioni di inesorabile pericolo e figurare quale potesse essere la reazione dei loro personaggi, sebbene entro i limiti prefissati di un copione. 

(Visitatori sul set agli Universal Studios)

Questa malcelata abitudine c'è in qualche modo ancora oggi e si sublima in quei reality che spogliano improvvisamente dei loro agi personaggi più o meno noti, mettendoli in condizioni di parziale disagio e vulnerabilità su un'isola piuttosto che in una fattoria o comunità fuori dal mondo civile.
Airport '77 non fa eccezione alla regola ed è rispetto agli altri 3 - Airport '70, '75 e '79 -  probabilmente l'episodio più apprezzabile per via del plot più dinamico che coinvolge l'intero cast per via di una inquietante e quasi onirica atmosfera notturna e per la suggestiva ambientazione subacquea in cui il velivolo finisce per precipitare.

(Il romanzo dal quale fu tratta la serie)

Un Boeing 747 che si inabissa nel Triangolo delle Bermuda senza spezzarsi è sicuramente trovata originale e forse un pizzico inverosimile. Fortunatamente. Eppure, quando il velivolo si posa sul fondale oceanico divenendo un sottomarino senza averne purtroppo le qualità e rischiando di soffocare o annegare i propri passeggeri allora è proprio lì, che comincia a prendere corpo il vero volo, il volo pindarico della fantasia che è febbrilmente costretta a cercare la scappatoia più breve verso la sopravvivenza.
James Stewart è un ricco collezionista che sta per inaugurare una villa-museo a Palm Springs e ha organizzato per i suoi ospiti una trasferta collettiva in grande stile sul suo aereo privato. A bordo si consumano le solite storielle più o meno interessanti: dalla figlia del magnate (Pamela Bellwood) che torna da lui per presentargli il nipote e tentare una riconciliazione, al flirt rispolverato in tarda età (DeHavilland-Cotten), alla donna trascurata e isterica (Lee Grant) che si riempie di alcool e che fa di tutto per riuscire insopportabile al marito (Cristopher Cushing) e agli altri, al solito, immancabile romanzetto tra pilota e hostess (Lemmon-Vaccaro) che in mezzo al resto pare star su con lo sputo.
Ma ci sono anche Alibaba e i 40 ladroni. O meglio, i ladroni sono 3 se la memoria non mi inganna e vanno in giro vestiti da stewart aspettando il momento convenuto per entrare in azione.

Liberato a un certo punto del viaggio del gas nervino per addormentare l'equipaggio, in meno di una decina di minuti i farabutti riescono ad organizzare la refurtiva di opere d'arte, a dirottare l'aereo fuori dalla portata dei radar e, tenendosi troppo bassi rispetto ai tracciati, a causare un incidente contro un ostacolo imprevisto.Come se la realtà di un viaggio di lusso e l'incubo di essere finiti all'inferno si fossero scambiati di posto, i passeggeri si ridesteranno improvvisamente per ritrovarsi nel loro sogno peggiore.






















Non mancano cliché e buonismi di sorta e, pur nella varietà dei volti presenti, l'azione circoscrive come un compasso l'interesse solo intorno ad alcuni dei protagonisti. 
Fra questi, c'è sicuramente l'abbordabile eroe Jack Lemmon che, per quanto in seguito si sia  dichiarato pentito per aver accettato la parte, al fine di calarsi nel ruolo del pilota Don Gallagher si sottopose a un training di volo presso la base militare del Texas e prese anche il brevetto da subacqueo.
Cristopher Cushing ricevette dall'Unione degli Stuntmen una cintura con fibbia come riconoscimento per aver interpretato personalmente lo stunt nella scena della sua morte.

2 nomination all'Oscar, rispettivamente per i costumi e per l'arredamento di scena, quanto ai favolosi interni - ricostruiti alla Universal - del rivoluzionario Boeing 747.


C'è stata anche una lettura in chiave lesbica del tenero rapporto tra Emily (Olivia DeHavilland) e la compagna di viaggio dalla pelle nera Dorothy (Maidie Norman) che a parer mio altro non sono se non padrona e cameriera, probabilmente in un omaggio citazionista dei produttori alla coppia Mammy e Scarlett di Via col Vento, film che regalò la celebrità alla DeHavilland nel ruolo della remissiva Melania Hamilton.

E' un volo che di tanto in tanto è anche piacevole ripetere, seduti sulla poltrona. Ovviamente quella di casa nostra...

Un rarissimo dietro le quinte di Airport 77

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