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Aiuto, aiuto! Le streghe non se ne sono mai andate

Creato il 20 settembre 2010 da Massmedili

tscd571 eliza carthy dreams of breathing underwaterAllora, l’importante è non farsi spaventare dalle foto di copertina delle due magone, figlia e madre. E di che caratura!

La giovane,  Eliza Carthy, trentacinquenne, è una specie di follettone onnipresente ogniqualcolta si parli di folk inglese e non solo. Anche oltreoceano, dove il concetto di folk è molto allargato (quelli che noi chiamiamo cantautori si chiamano folksingers anche quando fanno rock n’roll a cominciare dal Dio del genere, Bob Dylan): ed Eliza ha già una lunga serie di collaborazioni spaziali al suo attivo, con signore di prima grandezza come Judy Collins, Emmylou Harris, Maria Muldaur ma anche come nella superantologia antologia Rogue’s Gallery   ”canzoni di pirati, antiche ballate e canzoni di mare” che nel 2006, sulla scia del successo del film “Pirati dei caraibi” la Disney aveva commissionato a una delle superband  più titolate di sempre, con gente del calibro di Lou Reed, Sting, Brian Ferry, Tom Waits. Lei, giustamente, suonava il violino.

L’altra signora dall’aspetto inquietante è sua madre, Norma Waterson, 71 anni portati così così. Dunque: fondatrice dei The Watersons (la più famosa band vocale di tutto il folk revival inglese) con sua sorella, suo fratello e suo cugino,  agli inizi anni 60 nel nativo Yorkshire, già cantante skiffle negli anni ‘50, DJ negli anni ‘60 e 70 fra le più attive nel sostenere il folk revival alla BBC, esponente di una famiglia canterina di tinkers (calderai, gli zingari inglesi e iralandesi) ancora nomadi ai tempi di sua nonna,  soprattutto moglie di Martin Carthy (69), supereroe del folk revival inglese già con il duo Carthy/Swarbrick nei primi Sessanta, autore di Scarborough Fair ripresa poi da Simon & Garfunkel ma anche dell’arrangiamento di Geordie rapinato da Fabrizio De André, poi fondatore degli Steeleye Span, dove ha anche imbracciato chitarre elettriche (fender Stratocaster, per gli impallinati), della Albion (Country) Band, dei Watersons (ha rimpiazzato il cugino), dei Brass Monkeys  e, negli ultimi anni, della Waterson Carthy Band, appunto con moglie e figlia, le due signore della foto sopra.

In questo album non c’è, almeno a livello di comprimario. E si sente. Perché le due signore lasciate a sé stesse mettono in piedi un set di canzoni nostalgiche, perfette nella loro essenza folkista e nella forma, dalla Poor Wayfaring Stranger  che fu per mezzo secolo un cavallo di battaglia del vecchio Pete Seeger alla conclusiva Shallow Brown  esempio storico di sea shanty , canto di mare per alare le vele, dove le parole sono inglesi ma il ritmo sembra genovese. Ma ancora piacevoli da sentire?

L’emozione difetta un po’ a 50 anni di distanza dal primo disco che papà Martin fece di vecchie ballate campagnole, a 40 da quando ha imbracciato la chitarra elettrica. Forse manca qualche ingrediente. Per esempio la produzione di quel misconosciuto genio di Joe Boyd che 45 anni fa inventò il folk revival inglese producendo band come i Fairport Convention, Nick Drake, John Martyn, Richard Thompson e naturalmente Martin Carthy, oltre a “non folk” come i Pink Floyd, Traffic e i Soft Machine . O, sull’altra sponda dell’Atlantico, i più bei dischi dei Loudon Wainwright (padre di Rufus e Martha Wainwright), delle sorelle Mc Garrigle (folkiste di Montreal, Kate & Anna: Kate, appena scomparsa e a cui è dedicato il disco di cui stiamo parlando, era la mamma di Rufus e Martha Wainwright), del Coro delle voci bulgare. O in seguito dei REM, dei 10.000 Maniacs e della loro cantante Nathalie Merchant, senza dubbio una delle voci più entusiasmanti di oggi…

Insomma, folk sì, vi prego. Ma non troppo forzato. Meglio se miscelato, grazie.


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