A cura della Dottoressa Anna Chiara Venturini, psicologa psicoterapeuta a Roma
Paura di non piacere, di non essere abbastanza interessanti, di essere banali e per di più noiosi.
Chi di noi non ha sperimentato questo senso di insicurezza alla vigilia di un incontro importante?
L’ansia da primo appuntamento, infatti, coglie tutti, a qualsiasi età ed indipendentemente dalle esperienze di vita.
Il nuovo e l’ignoto, se da un lato affascinano, dall’ altro fanno comunque da spauracchio per ogni persona che si accinge a calpestare un “terreno inesplorato”, a maggior ragione se ci si ritrova di fronte ad una persona emotivamente coinvolgente.
Aspettative, ansie, insicurezze iniziano così a danzare nella mente: “devo evitare di fare.. di dire..”, oppure “ devo stare attenta a …” senza considerare che così si rischia di recitare “ruoli a tema” per di più, molto spesso, poco convincenti.
Come spesso ripeto, è impossibile non avere aspettative, persino quando andiamo al ristorante ci aspettiamo che arrivi il cameriere e ci porti il menù per ordinare, quindi, per quanto ci si sforzi di dire “non mi devo aspettare nulla”, in realtà non è così. Le aspettative derivano dal nostro modo di categorizzare ed organizzare le informazioni che provengono dall’esterno e facilitare così la lettura del mondo, ovvero “dato x.. mi aspetto y”
Ovvio quindi che, trasposto in un rapporto, o meglio in un incontro ad alta connotazione emotiva, il tutto diventa più difficile perché “individuare x” significa “decodificare l’altro”.
Ecco così che inizia l’odissea del “cosa starà pensando? Mi sta giudicando noiosa? Si si, ne sono certa, lo vedo da come si muove e da come mi guarda”.
Ora, partendo dal presupposto che gli indici corporei sono un ottimo vocabolario di lettura dell’altro, in realtà è bene comunque aver chiaro che non possiamo assolutamente sapere cosa passa nella mente dell’altro, né per quale motivo si sta comportando in una data maniera piuttosto che in un’altra. Inoltre, così facendo, trascuriamo un dettaglio affatto da poco: “cosa stiamo provando noi? Come ci sentiamo? “
Ci muoviamo, guardiamo, respiriamo in un certo modo per vedere la reazione dall’altra parte , quando, in realtà, la bussola più efficace sta dentro di noi. “Sono a mio agio? Mi sento giudicata? Sono me stessa?” Questi importanti quesiti sono predittori molto efficaci su come evolverà non solo l’appuntamento, ma anche un eventuale rapporto. Se infatti , per esempio, la sensazione di inadeguatezza perdura anche negli incontri successivi, è importante soffermarsi su tre importanti aspetti: 1) cosa fa l’altro per farmi sentire così? 2) cosa faccio io? 3) Questa sensazione di non essere all’altezza mi protegge da, mi consente di, mi evita di …? Ed è proprio a partire da questo che è possibile acquisire maggiore consapevolezza di chi siamo e cosa vogliamo davvero da quella situazione, evitando di assumere atteggiamenti falsi e distanti da chi siamo realmente e smettendola di proiettare sull’altro quello che noi vorremmo. Se riusciamo in ciò, sarà allora aperta la porta per vivere il “momento presente” nel reale incontro con l’altra persona, indipendentemente da paure e credenze comuni ad ambo i sessi.
Se difatti, la donna teme di non piacere fisicamente, mentre l’uomo ha maggiormente paura di un flop sessuale con tutto quel che ne consegue, è comunque pur vero che tutti e due hanno il timore di non suscitare abbastanza interesse nell’altro, di non essere particolarmente brillanti, anzi, piuttosto noiosi. Questo è maggiormente imputabile a esperienze pregresse, alla paura della solitudine, ad una scarsa autostima e soprattutto a pregiudizi e stereotipi propinati dalla società. E’ chiaro che, infarciti da tutto ciò, ci si appresta ad un primo incontro già carichi di ansia e paura direttamente proporzionali a: 1) quanto ci coinvolge emotivamente l’altro; 2) quanto ci pesano le esperienze passate e i condizionamenti sociali; 3) quanto siamo disposte a lasciar entrare “qualcuno” nei propri spazi, tanto arditamente costruiti e difesi.
Ammettiamo però che, nonostante tutto questo, la serata scorra via piacevolmente e che ci si saluta con un “sentiamoci”: cosa fare a questo punto l’indomani? Attendiamo che l’altro si faccia vivo o facciamo noi la prima mossa? A questo punto a molte di voi sarà venuto alla mente l’insegnamento della nonna relativo al non fare mail il primo passo, così da poter effettivamente valutare il reale interesse dell’altra persona. Ma avete mai pensato che, se anche l’altro ha avuto i medesimi “canoni”, si crea un’impasse degna del miglior muro contro muro? A questo punto è chiaro che uno dei due deve fare il primo passo, ma indipendentemente se sia lui o lei, e in barba dei condizionamenti socio-culturali, è importante essere se stessi, non censurarsi e cercare invece qual è il bisogno che ci spinge a sentire l’altra persona: abbiamo bisogno di conferme e sicurezze sul fatto che magari siamo state piacevoli la sera prima? Abbiamo bisogno di riempire un vuoto e la paura di restare sole? Vogliamo condividere un momento della giornata con quella persona che ieri sera ci ha semplicemente fatto stare bene?
Comprendere i bisogni alla base delle nostre azioni è fondamentale perché ci permette poi di capire emozioni e comportamenti conseguenti, oltre che facilitarci il compito della comunicazione: se so di cosa ho bisogno, sono in grado di dirlo all’altra persona che a sua volta è messa nelle condizioni di scegliere se soddisfarlo o meno. I bisogni sono il motore dellre relazioni, con gli altri e con se stesso. Sono la benzina del quotidiano, sono il fulcro di ogni rapporto sano, in dare e avere.
Se quindi anche lo scoglio “the day after “ è superato e ci rendiamo conto che la frequentazione prende quota, possiamo osservare alcune cose che magari, di primo acchito, avevamo più o meno volutamente ignorato. Magari lui è più giovane, oppure un uomo di successo, o ancora un ragazzo incontrato in internet e che scopriamo pian piano essere diverso da come ci era sembrato. Cosa possiamo fare?
In questi casi le parole d’ordine sono sempre e comunque 2: 1)”liberarsi” dai condizionamenti sociali e ricordarsi che si tratta della propria vita e delle proprie scelte; 2) “mostrarsi” per quel che si è ( evitando caricature da teenager o da femme fatale) e a giocarsi la carta della spontaneità, così da conoscere e farsi conoscere.
E’ importante infatti non cercare di piacere a tutti i costi e soprattutto cercare di ribaltare la prospettiva. Al “Chissà se gli piacerò” proviamo a sostituire un “Potrebbe anche non piacermi”, spostando l’attenzione da lui a noi e mettendo in conto di non essere noi a venir rifiutate ma che può accadere anche il contrario.
In generale è comunque bene tener presente alcuni consigli utili quando ci accingiamo a conoscere qualcuno e noi stesse all’interno di una nuova situazione.
1) Prendersi cura di sé : avere momenti per sé aiuta ad essere più lucidi, rilassati ed aperti all’altro e al nuovo, sia nel caso di un primo incontro, sia si tratti di una vera e propria frequentazione
2) Avere fiducia in sé: ripeto sempre ai miei pazienti la frase “lascia alle cose la possibilità di accadere”. Un’apertura benevola al quotidiano ci rende maggiormente fiduciosi e orientati ad incontri positivi
3) Concentrarsi sul qui ed ora: non bisogna dimostrare nulla a nessuno né prendere ora una decisione sul “da farsi”. Godiamoci la serata e le sensazioni che proviamo. Per ragionarci sopra abbiamo poi tutto il tempo nei giorni a venire
4) Mantenere il proprio benessere: rispettare se stessi e i propri tempi; un caffè è diverso da una cena e implica tempistiche oltre a dinamiche differenti da gestire. E’ importante avere chiaro questo onde evitaredi sentirsi sotto pressione in situazioni che dovrebbero essere piacevoli e non ansiogene
5) Essere sempre se stessi: solo così possiamo avere e godere di relazioni autentiche
Ricordate che male che vada avrete conosciuto una persona in più: un appuntamente non fa una storia e una storia non fa la totalità della vita.
Amate e rispettate voi stessi, solo così potrete esserlo anche da chi vi sta accanto
(Ultimo articolo pubblicato “Omosessualità: tra falsi miti stereotipi ed omofobia“)
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