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Aiuto, mi son preso il mal di Sardegna

Creato il 05 ottobre 2010 da Zfrantziscu
di Stefano BaldiSalude Zuanne Frantzisco,non ci conosciamo, ma io ho avuto modo di apprezzarti tramite Sa losa de Osana e il tuo blog.Sono un toscano di 57 anni che, dopo qualche decennio di frequentazioni saltuarie della vostra terra, ha finalmente vissuto lo scorso febbraio l’esperienza dei carnevali sardi. La accarezzavo da tanto. Già mi aspettavo qualcosa di forte, ma la potenza ancestrale di quanto ho vissuto in quei giorni è stata devastante. Faccia a faccia col mito, qualcosa di difficile da definire mi ha artigliato l’anima e ha scatenato un bisogno di appartenenza che va al di là di ogni mia possibilità di controllo. L’urgenza di farmi sardo, indipendentemente dall’origine anagrafica, mi ha spalancato un mondo nuovo di rapporti e conoscenze, dove in qualche caso mi è ancora difficile orientarmi. Come primo passo ho deciso di imparare sa limba. Leggo tutto quello che posso reperire in sardo, compatibilmente con la mia rapidità di lettura e il tempo che posso sottrarre a famiglia e lavoro, ed è cosi’ che ho incontrato il tuo libro. Dal libro al blog, sempre affascinato dai misteri archeologici della vostra terra e intrigato dalla vivacità delle discussioni. E il movimento indipendentista che tuttora mi addolora e non riesco a condividere, ma fra i cui esponenti ho trovato persone che stimo e con cui ho stretto amicizia.In questi mesi ho avuto modo di apprezzare il lavoro di ricostruzione di una identità linguistica sarda, partecipando, fra le altre cose, al corso online dell’Università di Cagliari, tenuto da Mario Puddu, e assistendo al dibattito, spesso polemico, fra i vari partecipanti. Un’esperienza che mi ha dato la misura di quanto importante e complesso sia il compito di unificare i vari ceppi della lingua sarda, e dell’urgenza di portarlo a compimento; sono fiero di averci, in qualche misura, preso parte, anche se in veste di spettatore impotente, dato che del sardo ho una conoscenza passiva e limitata e non riesco ancora a parlarlo.Ho sempre ritenuto che i sardi dell’antichità non avessero scrittura o, meglio, che per qualche motivo avessero deciso di non farne uso. Il tuo romanzo mi ha spiazzato insinuando che non sia così; è una posizione che ha un fondamento o è un’invenzione del romanziere? Siccome fai riferimento a rinvenimenti reali: i giganti “dimenticati” nei magazzini, le spade votive scomparse, mi viene il dubbio che siano state realmente rinvenute anche scritte incise nei nuraghi e tavolette istoriate di cui non sono a conoscenza. Sono una vittima dell’opera oscurantista dei baroni cattivi e del sovrintendente La Rocca?Il libro mi piace molto e, da quasi profano, trovo che sia scritto in una lingua bella ed elegante, anche se ogni tanto mi sembra di sentire affiorare la tensione ideologica che ci sta dietro. Una sorta di “sforzo”, a tratti quasi didattico, di riportare in uso uno strumento in qualche misura dimenticato o trascurato troppo a lungo e che bisogna tornare a impiegare massicciamente. Lo specchio di una cultura fra le più antiche del Mediterraneo, con molte crepe forse, ma in cui si può ancora scrutare alla ricerca di radici così profonde da far impallidire la storia, così tenaci da avvinghiarsi all’anima che le riconosce e non lasciarla più.

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