Inevitabile rifare la passeggiata lungo le fortificazioni che perimetrano questo lembo estremo di terra di fronte al Mediterraneo, qui Pisa, Venezia, Genova, Amalfi avevano i loro quartieri e ciascuna il proprio porto ben distinto con le indicazioni che portano ancora il nome di quei primi secoli del secondo millennio: un cartello indica per esempio "porto pisano" e la cosa, sette secoli dopo, mi fa una certa impressione. Altrettanto piacevole ripercorrere i vicoli del mercato arabo con le mercanzie mangerecce e non, tutte piene di colori e odori: frutta, verdura pescivendoli, mercanti di dolci orientali, essenze, profumi, olii, spezie, pentole, vestiti, di tutto in abbondanza. La via del mercato era ed è l'arteria principale della Città Vecchia che conduce da nord a sud, verso le zone portuali.
Ma questa volta non era giorno di grande festa, le strade non erano gremite di folla vociante e abbiamo potuto soffermarci meglio sulla magnifica moschea di Al Ja'zar, la più grande dopo Al Aqsa di Gerusalemme sulla spianata del Tempio e la maggiore delle moschee edificate in terra di Israele nel periodo ottomano. Interessante anche il grande "Hahn", ovvero il caravanserraglio "El Humdan" indispensabile per il commercio internazionale. I mercanti scaricavano le loro merci nei magazzini al primo piano e alloggiavano al secondo. Costruito anche lui, come la grande moschea, a fine '700.
Ma Akko, e questa è forse la sua più grande particolarità, svela i suoi doppi segreti, quelli in superficie e quelli sotterranei: una città fatta di due città, quella sopra e quella sotto; una città
nascosta nelle viscere della terra articolata e piena di meandri come quella alla luce del sole. Senza contare le reti metropolitane delle grandi capitali, mi è venuto da pensare al ventre di Odessa. Per cominciare il tunnel dei Templari, quei cavalieri di un ordine militare-monastico che aveva come scopo la protezione dei pellegrini che arrivavano in Terra Santa dall'Europa per visitare i luoghi sacri. Un tunnel lungo 350 metri (con la fortezza dell'ordine alla sua estremità occidentale) che costituiva il passaggio sotterraneo strategico per collegare la fortezza al porto.E poi l'Alcazar o cittadella fortificata degli Ospitalieri, l'altro ordine militare monastico di origine benedettina la cui finalità era quella di occuparsi dei malati in Terra Santa. L'Ordine ha spostato il proprio quartier generale da Gerusalemme ad Acri fra il 1191 e il 1291. Il quartier generale è stato costruito su vari piani, intorno a un grande cortile centrale, nei sotterranei varie sale fra cui il grandissimo refettorio dell'ordine: oggi un bellissimo percorso museale che ripercorre a ritroso la storia dei luoghi lungo i secoli. In seguito alla perdita dei territori cristiani in Terrasanta, l'Ordine si è rifugiato brevemente a Cipro e poi a Rodi per finire successivamente a Malta e il Sovrano Militare Ordine di Malta, abbandonato naturalmente il programma militare, è il principale successore di questa tradizione di assistenza ai malati. Nel periodo del Mandato Britannico in Palestina (concretamente dal 1917, ufficialmente dal 1920 fino al 1948) la Fortezza di Acri è servita da prigione centrale del nord del paese. Vi sono stati tenuti prigionieri centinaia di membri dell'Haganà, dell'Etzel e del gruppo Stern.Più di tutto però ad Akko ho amato i tombini incastonati nel selciato di pietra della città vecchia: sopra si racconta tutta la storia di questa antichissima città dalle origini fenicie: il porto, le attività marinare, le fortificazioni, l'insediamento umano.Tornando la sera a Haifa ho visto il nuovo Palazzo di Giustizia ( Haifacourthouse) e ho pensato che la moderna architettura talvolta assomiglia incredibilmente alle fortificazioni del passato.
PS: domani lascio il sole estivo di quest'inverno israeliano e me ne torno in quel della Ghisolfa, da noi i disastri del maltempo, da queste parti escalation di attentati, drammaticamente ogni giorno. Il mio Israele 2014 continuerà fra foto e note di viaggio. Come sempre un mix di emozioni, la gioia del ritorno e il dispiacere del distacco da questo paese incasinato, contraddittorio, sempre e comunque incredibilmente vitale, ruvido fuori e tenero dentro proprio come il fico d'India che gli arabi chiamano "sabra" e "sabra" viene definito in diaspora chi è nato qui, un gran miscuglio di spine e dolce polpa.