Albano Carrisi
In una settimana, a Napoli, piena di concerti di icone vere e proprie della nostra cultura pop, non poteva mancare il ritorno di Al Bano, vero monumento di quello che negli anni 80 fu definito l’italian pop style; in realtà attribuire ad Al Bano
questa etichetta è effettivamente restrittivo, poichè il suo successo arriva da molto prima, da quella fine degli anni 60, che ce lo propose quale una delle più potenti voci che mai il nostro pop abbia avuto, nonchè protagonista di vari film, cosiddetti musicarelli,
ispirati dalle sue canzoni di maggior successo. E galeotti furono quei film per l’amore con la figlia del divo americano Romina Power; il loro matrimonio da favola durato 29 anni fece sognare gli italiani, ma questa è un’altra storia.
Parliamo quindi di cosa le nostre orecchie hanno potuto ascoltare nella cornice di un Teatro Augusteo, che a dispetto ( si mormorava ) di prevendite andate al rilento, si è invece fatto trovare agli occhi dell’artista pieno e caloroso. Vere e proprie comitive di signore in età non proprio adolescenziale, coppie di coniugi probabilmente innamoratesi sulle note della bella voce del cantante pugliese, ma anche tanti giovani sui 30, legati più presumibilmente ai duetti amorevoli, occhi negli occhi con Romina, che ricantano a squarcia gola quelle canzoni così popolari che oggi potrebbe cantarle anche un bambino che allora non c’era. Eppure qualcosa a questo concerto del Carrisi manca e non è cosa da poco conto; manca la band, manca quel senso di live che per quanto meravigliosa e sempre potente, la sua voce da sola non riesce a comunicare. Di fatto Al Bano è accompagnato da tre coriste, per altro bravissime, tra cui la già segnalata in altre occasioni Lu’ Heredia, un chitarrista, che però ha davvero poco che da schitarrare visto il genere e dal maestro Artemisio Paoletti, da anni al suo fianco ed autore tra l’altro dell’ultimo brano sanremese “Amanda è libera”, con cui il cantante si posizionò terzo; le sue tastiere sono praticamente anche basso, batteria e synth dei brani anni 80. Davvero troppo poco per una carriera di tale longevità ed un teatro di tale prestigio. Detto questo di profondamente negativo, poco altro da aggiungere se non la assoluta disponibilità dell’artista nei confronti del pubblico, di stravolgere anche la scaletta per accontentare le richieste, la splendida voce, nonostante continui a ripetere di essere provato anche dal viaggio ( arriva da Sofia dove si è esibito con Tozzi e Cutugno ), salvo poi cantare addirittura parti dalla Tosca, o il “Ridi pagliaccio”. Pubblico in visibilio per i successi degli anni 60 come “Nel sole” con cui apre, ma anche “Mattino” e “Pensando a te”, che era il brano dal film omonimo in cui si simulava una momentanea separazione da Romina poi purtroppo divenuta triste realtà. Su Romina si ritorna in occasione di due brani, la significativa “Libertà” del 1987, di cui Al Bano rivela la nascita a Berlino, quando in seguito ad un concerto a cui erano stati invitati lui e l’ex moglie, furono fermati al muro e perquisiti e poi per “Sharazan” del 1981, che è stato anche il loro primissimo grande successo, anche se avevano già inciso insieme; a quella canzone il cantante pugliese rivela essere legati ricordi bellissimi che tornano alla mente sempre, all’attacco della prima nota. E poi “Ci sarà” con cui la coppia vinse Sanremo nel 1984 e che il pubblico non ha scordato, anche se è su “Nostalgia canaglia” di qualche anno dopo, che ci si scatena in canti un po’ precari e sbilenchi. Tra chi gli urla di tornare più spesso a Napoli e chi gli dice:”Sii nu babà”, Al Bano conclude il concerto con la vera e propria festa che è “Felicità”, con cui invita la gente sul palco. Se Al Bano è così amato è perchè è da sempre uno del popolo, per il popolo; puoi riconoscere in lui un fratello, un padre, un amico, uno tangibile, non una star irraggiungibile, anche quando avrebbe potuto tirarsela. Questo fa si che gli sia perdonato tutto, anche una serata come questa, più vicina ad un karaoke che ad un effettivo live.