Sei giorni fa, il presidente della Commissione Giustizia della Camera, Giulia Buongiorno, ha bocciato gli emendamenti (presentati sia da un esponente del Pdl che del Pd), al comma 29 dell’articolo 1 del disegno di legge sulle intercettazioni, in pratica tali emendamenti erano orientati a “salvare” i blog dagli obblighi che è tenuta a rispettare la stampa propriamente detta; se una persona si sentirà diffamata da quanto scritto su di lui in un post, o in un commento ad esso (anche di un anonimo), avrà il diritto di richiedere all’autore del blog una rettifica entro 48 ore, pena un’ammenda fino a 12500€. Tale normativa danneggia i blogger più di quanto leda i giornalisti di professione, che in quanto professionisti si occupano a tempo pieno di quello che scrivono, e hanno alle spalle una testata che eventualmente li assiste legalmente, mentre l’autore di un blog, che malauguratamente legge le mail dopo tre giorni, scoprendo che un tipo si è incazzato per quello che ha scritto un anonimo in un commento, scoprirà anche di dover chiedere un prestito per pagare una multa che definire infame è eufemistico. Con questa norma, gli autori di blog e siti senza carattere di periodicità, si fanno carico degli stessi obblighi dei giornalisti, i blog equiparati alle testate on-line registrate, ma senza godere dei relativi diritti. Ma cosa succede se l’autore (e responsabile) di un blog/sito è un Pasquino, una persona non rintracciabile perché i dati e i recapiti forniti durante la sottoscrizione dello spazio web sono fittizi? Cosa succede se il sito/blog “poggia” su un server posto in un altro paese, magari non comunitario? La legge in tema di intercettazione (ma è evidente che i blog ben poco hanno a che vedere con le cosiddette intercettazioni), è una legge generica che necessita di norme specifiche per la sua attuazione, è da attendersi quindi una norma specifica che imporrà la registrazione dei vari autori di blog e siti in uno specifico albo, ad esempio presso l’Agcom, proprio per poter sanzionare il cittadino che trasgredisce la norma (la mancata rettifica entro 48 ore). Stando così le cose in Italia si configurerebbe un’inquietante situazione orwelliana ma di difficile attuazione; se infatti le piattaforme più diffuse di blog (wordpress, blogspot, splinder ecc) si adeguerebbero, rimarrebbero fuori tutte quelle piattaforme e quegli spazi, magari con sede legale fuori dalla comunità europea, che non si pongono di certo il cruccio della macchinosa legislazione italiana, e qui entra la seconda considerazione, quella della nazionalità del provider, ieri un articolo di Repubblica parlava di un progetto legislativo islandese, che entro un anno dovrebbe portare l’isola nordica ad essere un porto franco del giornalismo internettiano (professionale e amatoriale). Teoricamente, in caso di trasgressione della norma sul diritto di rettifica e mancanza di recapiti dell’autore denunciato, e qualora il sito poggi su un server estero, gli organi giudiziari italiani dovrebbero chiedere la collaborazione dei colleghi stranieri per l’identificazione del trasgressore, come accade oggi per quanto riguarda siti pedopornografici o lesivi del diritto d’autore, ma se questi sono reati riconosciuti da tutti, sarà più complesso spiegare una norma, ovvero il diritto di rettifica per i blog, che non ha analogie nel resto del mondo. Rimarrebbe comunque alle autorità italiane la possibilità di bloccare gli accessi al sito dall’Italia. E tutto questo, magari, perché un tipo non ha il senso dell’umorismo. Ad esempio se il sindaco di Spresiano, Riccardo Missiato, da me citato nel post sottostante, si sentisse in dovere di rispondere a quanto scritto da me sul suo operato, e se io me ne fossi andato al mare per il week end non potendo pubblicare la sua rettifica, mi troverei a dover pagare venticinque milioni di vecchie lire per aver dato al suddetto sindaco del “deviato”, stesso aggettivo da lui riservato agli omosessuali, e senza che lui debba per questo pagare alcunché. La problematica della diffamazione a mezzo internet è un tema serio, ma non può essere affidato a una sorta di legge del Far West, in cui chi spara per primo, ovvero chi chiede per primo il diritto di rettifica, vince.
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