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Una pellicola raffazzonata, incerta, quasi improvvisata, montata alla bellemeglio, poverissima, anticinematografica.
Ma con un'anima talmente grande, con un grido talmente forte dentro che poi di come sono messe insieme le cose quasi te ne scordi.
Una specie di creatura di Frankenstein che ha braccia di documentario, gambe di favola, e testa di filosofia, una cosa strana dal cuore grande, che più zoppica e più riesce a camminare fino a te.
Bella e perduta, perdutamente bella, è una reggia che un tempo ospitava reali e adesso sta là, sola e abbandonata, a pochi metri da infami fuochi che bruciano scorie tossiche e salute, rifiuti e dignità.
Bella e perduta pare anche la vita di un tempo, una vita che viaggiava alla velocità di crociera di 3 km l'ora.
Bella e perduta è anche una tradizione popolare e la civiltà che l'accompagnava.
Di regge, vita di un tempo e tradizione parla questo film uguale solo a sè stesso, una pellicola che partì per essere qualcosa e che poi divenne giocoforza qualcos'altro.
Il qualcosa era un documentario su chi quella reggia voleva salvarla da tutto, dalla dimenticanza, dall'incuria, dall'abbandono e anche dal vandalismo.
E questo "chi" era, perchè adesso non è più, Tommaso Cestrone, soprannominato l'Angelo di Carditello, angelo perchè faceva qualcosa che di solito gli uomini non fanno e Carditello perchè lì lo faceva.
Volontario, mai una lira da nessuno, accudiva la reggia come fosse sua figlia.
La terra, i prati, le stanze, gli animali, tutto.
E però in questa storia che non parla di religione eppure pare così tanto religiosa accade che Tommaso muoia la notte di Natale.
Un angelo morto a Natale, pensa te.
E quello che doveva essere un documentario, adesso, non può più esserlo.
E allora serve un'idea e l'idea che arriva è pazza.
In una specie di ufficio di collocamento tra il regno dei vivi e quello dei morti (cosa che ricorda molto un film di Tornatore che non posso nominare) vivono i Pulcinella, sì, i pulcinella che tutti voi conoscete. E ad uno di loro di affida Tommaso prima di morire.
Vai, vai alla reggia e salva il mio bufalotto dal macello. Salvalo e portalo via con te.
E questo Pulcinella alla reggia ci va, si prende il bufalotto, e parte con lui.
E parte così pure il vero film, anche se, a dir la verità, questo è solo il film che non doveva essere.
E quello che ne viene fuori è una pellicola raffazzonata, incerta, quasi improvvisata, montata alla bellemeglio, poverissima, anticinematografica,
Ma con un'anima talmente grande, con un grido dentro talmente forte che poi di come sono messe insieme le cose quasi te ne scordi.
Bella e perduta è come un peluche che qualcuno aveva distrutto e poi rimesso insieme con i pezzi di tanti altri peluches.
Il risultato è qualcosa che di omogeneo non ha nulla, che, se un senso ce l'ha, non ce l'ha in come sono stati messi insieme i pezzi, ma soltanto nel risultato finale.
E in questa creatura di Frankenstein che ha braccia di documentario, gambe di favola, e testa di filosofia alla fine conta l'insieme, e l'insieme è qualcosa dal cuore grande, che più zoppica e più riesce a camminare fino a te.
Un miracolo se vogliamo.
Un miracolo di montaggio, di passione e di voglia di dire cose.
Che il cinema è un lavoro e tante volte. come tutti i lavori, le cose, in questo caso i film, vanno fatte.
Questo no, questo è un film che non andava fatto ma voleva esser fatto.
E la differenza è abissale.
I difetti non si contano. Lento, a volte ai confini dell'amatoriale, pieno di trovate alla cazzo per fare stare in piedi la storia.
Pulcinella parla di un lungo viaggio ma noi, di questo viaggio, vediamo solo un paio di camminate e due luoghi visitati, nulla più.
Un film on the road, anzi, on the grass, di cui non riesci a capire la finalità ultima.
Parla della reggia?
Parla dell'angelo che l'ha salvaguardata?
Parla delle lotte sociali contro la camorra e a difesa del bello?
O parla del punto di vista degli animali? (in tutti i sensi, visto che abbiamo più volte la soggettiva (visiva) del bufalotto e ascoltiamo i suoi pensieri con la voce di Elio Germano).
Oppure è un'accusa all'uomo, al suo antropocentrismo, al suo sentirsi grande, forte e unico?
Alla fine sembra addirittura questa essere l'istanza principale del film. In realtà non lo è, non può esserlo, perchè un film che partiva come documentario su un uomo angelo non può finire in un'invettiva generale sull'uomo demone.
Il fatto è che Bella e Perduta è tante cose, alcune sussurrate, altre gridate.
E' anche la storia di creature senza felicità, serve, il bufalotto degli uomini e Pulcinella di questa sua condizione ultraterrena, ma ancora così terrena, che non riesce più a sopportare.
Troveremo altri personaggi, anche loro buttati là, pezzi della creatura ancora diversi.
C'è una scena bellissima in una caverna, con del fieno, con un bufalo che pare una mucca, con un pastore che si chiama Gesuino, sarà un caso, e Pulcinella.
Ecco, quel campo medio non può non richiamarci un'altra capanna, la stessa capanna dove un giorno nacque qualcuno e 2013 anni dopo morì un altro, Tommaso Cestrone.
La reggia è finalmente aperta al pubblico, appartiene allo Stato.
E in un montaggio "impossibile" vediamo Tommaso che si aggira per le nude stanze e sente il boato della folla, quel boato che nella realtà lui non avrà vissuto mai.
E un bufalotto è diventato grande, adesso è un bufalo.
Sognava che gli uomini, un giorno, se ne andassero felici in un altro pianeta e lasciassero a loro, agli animali, questa nostra terra.
Invece gli uomini sono ancora qua, e lo spingono a forza nel cassone di un furgone.
Il bufalo che un giorno fu bufalotto e visse con un angelo e poi con Pulcinella non vuole salire.
Impossibile, alla fine, non cedere.
Lui se ne andrà nel regno successivo al nostro mentre quello che un giorno fu Pulcinella, adesso, è vestito da uomo, senza più maschera.
E ha appena fatto il viaggio opposto, è tornato da noi.
In quel mondo di bravi uomini e altri pessimi, di terra di fuochi e di anime belle, ancora, non tutte, definitivamente perdute
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