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Al Cinema: recensione "Forza Maggiore"

Creato il 17 maggio 2015 da Giuseppe Armellini
Cinema: recensione
presenti spoilerucci
Si comincia con una foto dove, sotto comando, ci sono braccia che cingono corpi e caschi reclinati sugli altri.
La forzata e rassicurante cristallizzazione di un'unità.
Si finisce in una strada di montagna, divisi un gruppetti, con teste e cuori che in 5 giorni sono finiti sotto una valanga di cose, uscendone mutati per sempre.
In mezzo a questo prima e a questo dopo c'è una valanga vera, che senza travolgere nessuno riesce a travolgere ancora di più.
In mezzo c'è un film scritto in maniera così perfetta che drammatizza meglio di un drammatico, sdrammatizza meglio di una commedia, ha scene di tensione superiori a qualsiasi horror e lati surreali migliori di un buon grottesco (ad esempio la surreale scena del pianto di lui, quasi una sequenza a colori del Piccione anderssoniano).
La valanga è simbolo di tutto. La valanga è qualcosa che per definizione travolge e non si ferma. O si ferma quando lo decide lei, non noi.
Ma molto spesso le valanghe hanno bisogno di montagne dalle quali cadere. E quella che ha colpito la famiglia di Thomas probabilmente quel versante di  montagna per farlo ce l'aveva. Perchè molte volte ti accorgi di una crepa quando in realtà si è già formata prima una voragine. La voragine non la vedi, o magari fai anche finta di non vederla ma poi arriva una crepa troppo evidente per non essere vista, anche se piccola, e più analizzi quella crepa più inizi a vedere la voragine.
Cinema: recensione La famiglia di Thomas quella crepa evidente l'ha vista in un pavido ma (quasi) comprensibile accenno di sopravvivenza di lui che fugge, da solo, davanti alla valanga che arriva sempre più giù (grande scena quel ristorante e quello sfondo minaccioso), mentre loro invece si abbracciano ed urlano.
Lo schermo diventa bianco, (e lo farà più volte), poi piano piano torna il sereno, non è successo nulla. non si sono nemmeno mossi i piatti del pranzo.
I piatti no, ma qualcosa dentro Ebba, la madre, sì. E parecchio.
Parte un film quasi a tesi, dimostrativo, scientifico, in cui alle emozioni tout court si preferisce anteporre i labirintici ed imperscrutabili movimenti della psiche, tutti quei pensieri, tutti quei dubbi, tutti quei processi che molto spesso sono dannazione dell'uomo.
Lei si sente tradita, sembra non riconoscerlo più, lui nega, un pò per salvare la faccia e un pò in buonafede, una di quelle rimozioni inconsce e salvifiche ma che poi, di solito, mostrano sempre la corda.
Quei 4 corpi blu stesi placidamente sul letto adesso sono 4 persone che vivono di tensioni, sospetti e
Cinema: recensione delusioni, con una simbiosi che è rimasta là, al ristorante prima della valanga, come una portata principale nemmeno assaggiata.
Ormai sono così ammalati che quella coppia di amici, senza volerlo, si prenderà il virus per via aerea, soltanto sentendoli parlare.
Non succede quasi nulla in Forza Maggiore, i fatti contano e non contano, il tempo e gli avvenimenti sono soltanto interiori ormai.
Si pensa, si riflette, a tratti si ride pure, molte volte si vive una tensione quasi impressionante, in un film che riesce a farti provare tutto questo proprio perchè non si decide mai ad essere una cosa soltanto, una pellicola dove può succedere di tutto, e te sei lì, indeciso se aspettarti una risata o un'immane tragedia.
Scene come quelle del fuori pista su neve fresca (probabile metafora del desiderio inconscio dei due uomini di portare la loro testa fuori dal flusso delle cose), l'urlo, la scomparsa di lei in quel pre-finale bianco e nebbioso come un sogno, le manovre dell'autobus viste dal di dentro, sono sequenze dalla tensione pazzesca, quasi tutte raccontate per sottrazione, con silenzi e gesti circoscritti. Senti la tragedia appena dietro le tue spalle, sempre.
Che poi la scelta della montagna non è casuale, questa cosa enorme che quasi sempre se ne sta in silenzio, questo luogo ideale, ahimè. per riflettere e farsi male, che voglio vedere se gli stessi processi potevano avvenire in una strada affollata di Honk Kong.
Non mancano le scene che fanno storcere un pò il naso eh, come quella palesemente finta, lo credevo un videogame, di loro che fanno volare fuori quel drone, come il dialogo didascalico, scontato e mille volte già sentito, tra lei, madre e moglie amorosa, e la donna libertina, come la sequenza del delirio discotecaro, potentissima sì. ma inserita un pò alla cazzo. O quel quasi inutile inserto delle due turiste e del cambio di persona.
Il film trae la sua forza maggiore (sigh) nelle parole, in quelle dette e in quelle che non si riescono a dire, perse in dei silenzi assordanti.
Il racconto di lei mezza ubriaca è favoloso, un freddo, scientifico e perfetto resoconto di quello che è successo (a proposito, io la scena della valanga non l'avrei fatta vedere, ma vivere solo attraverso i racconti).
Cinema: recensione E in quel flusso di ricordi e coscienza lei dice una parola magica, che magari può sembrare ininfluente all'ascolto ma che diventa quasi cardine di tutto per me.
Iphone.
Sì perchè è vero che l'istinto di sopravvivenza c'è, che l'uomo in certe circostanze dimentica  (può dimenticare) tutto, anche gli
affetti, che nessuno, finchè non vive queste cose, può giudicare.
Ma "ha preso l'Iphone e se ne è andato" è una frase di un nanosecondo che invece nasconde un dettaglio inquietante, ossia un barlume di coscienza nell'incoscienza, un brevissimo gesto di salvaguardia di qualcos'altro rispetto a sè. L'Iphone, non i figli.
Credo che quello che abbia veramente distrutto lei sia quella mano che prende quel tablet.
Funivie perse nella nebbia, fantastiche e lentissime riprese di loro che sciano, interminabili tapis roulant che trasportano persone, un residence da favola che pare sempre deserto, il film è pieno di tempi e luoghi morti e lenti, perfetti per sedimentare coscienze e processi intellettivi.
E quando pensavi di aver visto tutto arriva però un finale magistrale, che in un film così relativo, di verità e percezioni diverse, trova così la sua perfetta conclusione.
C'è un nuovo pericolo, un nuovo panico.
E stavolta a fuggire non è Thomas.
Due persone camminano in mezzo alle altre ma dentro chissà cosa provano.
Magari questa nuova piccola crepa è veramente l'inizio della fine.
Oppure no, oppure è il contrario, queste due crepe adesso potranno riconoscersi, e unendosi tra loro formare terraferma sopra la voragine.
( voto 8 )

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