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Al Cinema, recensione "Irrational Man"

Creato il 22 dicembre 2015 da Giuseppe Armellini
Cinema, recensione Un film più interessante che bello che richiama in maniera impressionante Match Point anche se, e qui sta il suo difetto principale, molto più leggero nella confezione.
Il caso, la morale, la vita vera opposta alla filosofia, il gesto efferato per tornare a sentirsi vivi.
presenti piccoli spoiler, giganteschi nelle ultime 4 righe
Un anello colpisce il bordo di una balaustra che somiglia tanto ad una rete di tennis, va su per l'impatto e poi torna giù. La differenza tra il cadere nell'acqua o nel marciapiede è una differenza minima e francamente inutile per l'anello che, essendo oggetto, e perlopiù molto piccolo, di certo non vive le preoccupazioni, le ansie e le disavventure di quei buffi esseri sulle cui dita si trova infilato.
E mai si immaginerebbe, quell'anello, di cambiare il destino di un uomo soltanto in base a dove cadrà.
Chissà se le stesse riflessioni se le farà questa piccola torcia elettrica, vinta per caso ed intuizione in un luna park e finita per caso e colluttazione in questo pavimento.
Sta di fatto che alla fine siamo sempre là, possiamo essere istruttori di tennis o insegnanti di filosofia, uomini razionali o irrazionali, assassini improvvisati o no, ma poi per quanti sforzi facciamo e quante impalcature tiriamo su c'è lui, il Signor Caso, che in un amen e anche usando piccoli oggetti, come un anello, come una torcia, ci cambia il nostro destino per sempre.
Al Cinema, recensione
E' impossibile guardando Irrational Man non collegarlo, mettendolo prima, dopo o a fianco, a quel capolavoro che fu Match Point.
E non è solo l'incredibile importanza del caso e del destino il punto in comune (anche se, paradossalmente, nei due film gioca in maniera opposta, salvando e condannando l'assassino) ma anche un interessante discorso sulla morale, sul male necessario.
Forse Irrational Man spinge a riflessioni anche più grandi e belle, ma resta una o due (per qualcuno forse pure tre) spanne sotto al precedente film e il motivo, più che nel plot, comunque molto più basico dell'altro, sta in una confezione troppo leggera, quasi da commedia, piena zeppa di motivetti simpatici, annacquamenti di drammaticità e personaggi poco profondi.
Allen tira fuori un film quasi nerissimo mettendolo in un contesto rosa e lilla da college movie, a tratti quasi televisivo.
E scrive una storia scolasticissima negli eventi e nei personaggi (professore devastato alcoolista ma affascinante, studentessa troppo sveglia che se ne innamora - e scusatemi la battuta ma formano un perfetto duo musicale, lei suona il pianoforte e lui la tromba-, milfona che vuole farselo etc...) che si affida molto ai dialoghi e alle riflessioni che ne scaturiscono sì (con la scusa del professore il film è zeppo di filosofia) ma secondo me ha tutta la sua potenza nel turning point della vicenda, la chiacchierata "rubata" al pub.
Al Cinema, recensione
Una scena completamente sbagliata (lei che gli dice "shhh, ascolta", quando ancora non hanno praticamente detto nulla) che però ho trovato formidabile negli effetti.
Una vita senza alcun senso, una vita priva di vita, distrutta, senza colori, impotente sia nel sesso che nella scrittura, acquista un senso nel compiere un gesto efferato verso una persona sconosciuta e a favore di un'altra persona sconosciuta.
Un senso morale che va a braccetto col gesto eclatante da svolta e con un non avere niente più da perdere.
Una specie di roulette russa, esempio non scelto a caso, con la vita.
Non solo, il decidere come compiere l'omicidio porta ad un risveglio della creatività e con essa di tutto il resto, salute, fine del blocco dello scrivere e satanasso a letto.
L'omicidio come atto creativo salvifico.
Sì, ma questo gesto contro il corrotto giudice è davvero anche un gesto profondamente morale?
Può mai essere un omicidio un gesto morale?
Di questo si convince Abe (un sempre grande Joaquin Phoenix con una pancia così) perchè quando ormai decidi che la tua vita abbia un (nuovo) senso quel senso si ammanterà di tutte le giustificazioni possibili.
Anche quella, peraltro non peregrina, che questa azione è, appunto, un'azione, qualcosa di concreto rispetto a tutte le seghe mentali filosofiche di cui si imbeve e imbeve gli altri.
La vita vera signori, la vita vera!
Altro che quei parolai di cant, chirchegord o aideger!
La vita vera!
Semmai se proprio vogliamo qualcosa di letterario prendiamo il sommo Dostoevskyi, i suoi delitti e i suoi castighi, ancora una volta, come in Match Point (e anche stavolta il romanzo fa capolino veramente nel film).
Allen non ha il coraggio del noir tout court come detto.
Mette anche nella bocca di Phoenix e della Stone battute che nella loro bocca manco paion tali.
Un "I romantici trovano che il suicidio sia romantico" avrebbe funzionato con lui, poco con loro.
Ci regala almeno una scena formidabile, quella degli specchi deformanti.
Al Cinema, recensione
Ma riuscitissimo è anche l'omicidio nel parco e quella fantastica metafora sul poker e il minimo rischio, ma reale, di essere scoperti e tradirsi con le parole.
Mette dentro inutili e, almeno in un caso, traditrici con lo spettatore, voice off.
Eppure il film ti fa pensare, è uno di quelli che potresti parlarne dopo e trovarne letture sempre nuove.
E alla fine, in quella scena così simile a Match Point ti viene in mente anche altro.
Ti ricordi dell'incredibile fortuna e intuizione con cui quella torcia venne vinta.
Un solo numero su tantissimi, peraltro il tuo primo venuto in mente.
E allora pensi che il caso esiste sì, e pure doppio (la vincita della torcia, quello che per colpa sua accade) ma la beffa è che sei stato proprio tu l'artefice del tuo destino, proprio il tuo sesto senso quello che ti ha ucciso.
E mentre cadi giù ti si stampa un sorriso ripensando che in quel luna park hai vinto la tua morte.

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