Magazine Cinema

Al Cinema: recensione "Joy"

Creato il 30 gennaio 2016 da Giuseppe Armellini
Al Cinema: recensione
Inaspettatamente per me un gran bel biopic.
Certo romanzato, certo molto "americano".
Ma del resto di Stati Uniti e di un pezzettino della loro storia stiamo parlando.
E di sogni che si realizzano in mezzo a tante difficoltà.
Una storia di donne e coraggio.
Con almeno una parte, quella negli studi televisivi, di grandissimo spessore.
Me la ricordo poco più che adolescente reggere da sola, in un gelido inverno, tutto il peso di una famiglia disastrata.
Me la ritrovo adesso 6 anni dopo e quella ragazzina cazzuta, o meglio, l'attrice che la interpretava è diventata ormai una diva.
Anzi, probabilmente La Diva per eccellenza della seconda decade di questo millennio.
In mezzo a tutto questo, in questi 6 anni, ho visto soltanto un altro film suo.
Quindi passare quasi direttamente da Winter's Bone a Joy ti fa sembrare che il tempo si sia quasi fermato.
La Lawrence è ancora una ragazza cazzuta che tiene tutto il peso di una famiglia disastrata sulle spalle.
Sì, o.k, però qua, in Joy, di possibili vie di fuga, di possibili sogni, ce ne sono.
Ed è vero, la famiglia è un crogiolo di disadattati e strani esseri, ma alla fine ti strappano quasi un sorriso, a Wes Anderson sarebbero piaciuti.
Non come 6 anni fa insomma.
Joy è una ragazza intelligentissima, un'inventrice. Ma non un'inventrice da castelli in aria no, piuttosto una che se c'è bisogno prende calce e mattoni e costruisce da sola le fondamenta dei suoi sogni.
Al Cinema: recensione
Ecco, sarà per colpa della mia scarsissima, quasi nulla, frequentazione coi biopic (non riesco proprio a vedere quelli su personaggi famosi, mi affascinano invece molto quelli su storie e uomini quasi sconosciuti) ma io ho trovato sto film veramente buono.
Forse ho talmente pochi termini di paragone che non so dove appoggiarmi.
Eppure a me è parso ben scritto, ben recitato, non eccessivamente retorico e, cosa più importante, non gratuito.
Insomma, la storia di Joy Mangano secondo me è una storia che doveva esser raccontata, altrochè.
Una storia di genio e perseveranza, crolli e forza di volontà. inferno e paradiso.
Una self made woman che ha costruito un impero dal nulla, e quel nulla è iniziato con lo sporcarsi le mani per pulire pavimenti.
E proprio per evitare di sporcarsi ancora quelle mani Joy ebbe l'intuizione che, seppur con un iter travagliatissimo, le cambierà la vita.
Joy Mangano ha inventato il Mocio (Miracle Mop) che si strizza da solo.
Hai detto cazzi.
Al Cinema: recensione
Era il mio primo Russell. Eppure questo è un regista che negli ultimi 5 anni ha sfornato una sfilza di film di cui si fa fatica a contare i premi.
Ecco, forse anche in Joy percepisco una certa furberia del nostro, uno che sembra aver studiato i libri del successo di Hollywood e sicuro di sè si offre volontario all'interrogazione.
E' innegabile come in Joy ci siano molti elementi che nei film statunitensi la fanno da padrone.
Ma del resto degli stessi Stati Uniti racconta il film.
Anzi, ho trovato la parte "sociale" quella più riuscita.
I 20 minuti (dico una cifra a caso) negli studi televisivi sono il meglio che ci offre Joy, notevolissimi.
Prima io perfezionista Bradley Cooper che, novello Riccardo Muti, dirige illuminato ed esaltato la regia degli studi.
Poi la scena dell'intera famiglia di Joy davanti alla tv, quella sì davvero wessandersoniana.
E poi la prima televendita di Joy, benissimo orchestrata.
Tre scene perfette che raccontano in maniera altrettanto perfetta la nascita di un nuovo modo di fare la televisione, quello della televendita appunto (in rigorosissima diretta). E con la Mangano avremo un modo nuovo di entrare nella casa degli spettatori. Un modo non impostato, naturale, anche impacciato volendo, ma vero.
E, attenzione, il mondo del falso e del recitato nel film è predominante.
Non solo per la soap opera ventennale che si sorbisce la madre, ma anche, appunto, per le televendite pre Joy.
Al Cinema: recensione
Il film racconta l'odissea di una ragazza che crede nella propria idea e nei propri sogni,
E sì, un certo eccesso romanzesco c'è, sia nella confezione sia nel susseguirsi degli eventi.
E' Hollywood, e Hollywood ha delle tare, sempre.
Ma tra ottime scene come quella delle 4 domande o quella nell'albergo col texano (che forse è proprio la risposta alla quarta domanda di cui sopra, quella della pistola), esagerazioni nella caratterizzazione dei personaggi (troppo caricati alcuni, e quasi incoerenti a volte) e un lento avvicinarsi a quello che sapevamo già in partenza (Joy avrà un successo impressionante) io credo che la forza di questo film sia in quelle 4 generazioni di donne, tutte (quasi) senza (più) uomini accanto.
Una nonna, una madre che è l'anello debole della collana, una figlia che è quello forte, una nipote che probabilmente da quell'anello forte prenderà spunto.
Ho trovato questo fil rouge femminile magnifico.
Con questa nonna che è come dovrebbero essere le vere nonne.
Le nonne sono due generazioni lontane dalle nipoti.
E quando sei due generazioni di distanza non hai più le sovrastrutture sociali, morali e comportamentali che invece padri e madri molto spesso si impegnano a seguire.
Le vere nonne non devono essere un ruolo, o non esserlo più.
Possono permettersi, semplicemente, di essere quello che sono, sangue del tuo sangue.
Una parola, uno sguardo, un gesto, una carezza.
Sarà per questo che se quando muoiono ti dicono qualcosa te sai che sì, quella cosa è una cosa in cui credere.
(voto 7 abbondante, tipo 2 etti di prosciutto abbondante, che in realtà ne vorresti tre ma un pò per senso di colpa un pò per soldi non riesci a chiedere. Poi speri sempre che il salumiere arrivi almeno a 243 grammi)

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines