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Ivan Locke entra in macchina.
Lo aspetta un viaggio di 2 ore che, inevitabilmente, gli cambierà la vita.
E per ora può cambiargliela solo in peggio.
E lui lo sa.
Ma parte lo stesso.
E parla.
Un trattato di moralità chiuso dentro un abitacolo di un automobile.
Quante volte facciamo le scelte più convenienti? Quelle più facili, quelle meno distruttive?
Locke, no, Locke fa la scelta più giusta.
Impressionante lezione di etica, di coraggio, di riscatto, di tentativo di sentirsi uomo.
Locke lo dice al collega che dovrà sostituirlo l'indomani, gli dice che se sbagli calcestruzzo, se sbagli anche di un solo cm a posizionarlo, ogni minimo errore che farai, quel palazzo crollerà.
E lo dice mentre sta crollando il palazzo della sua vita, e solo per un metro di calcestruzzo sbagliato, solo per una notte sbagliata, solo per un errore così umano, così piccolo e insieme così grande che Ivan non vuole nascondere.
I km scorrono via e piano piano Ivan sente che tutto si sta sgretolando, il suo lavoro, la sua famiglia, la sua casa. Lo sente ma va avanti, gli occhi gli si bagnano di lacrime perchè gli occhi a volte si sa vanno per conto loro, ma la voce invece non trema mai. Perchè un uomo che ha deciso di esser tale non ha paura. O, se ce l'ha, non gliene frega nulla.
Non ama quella donna, non sa quasi nemmeno niente di lei.
Ma sa che è una donna sola, fragile, probabilmente all'ultima possibile oasi nel deserto della propria esistenza. E Ivan sa che esserle vicino, stanotte, è tutto. Ha fatto un errore ma quell'errore può diventare la felicità di qualcun altro.
Se non lo farà invece la distruggerà una seconda volta.
Ivan continua a guidare e lo fa anche piano, rispettando i limiti di velocità, perchè quella notte Ivan rispetta tutto e tutti, anche i limiti, è un uomo talmente limpido e integerrimo che fa paura guardarlo. Perchè è così trasparente che lo sguardo lo può penetrare. E così tutte le altre automobili gli sfrecciano vicino quando in realtà dovrebbe esser lui quello a far rombare il motore, quando in realtà dovrebbe esser lui a far correre quella macchina come non mai per arrivare in tempo da lei. Per poi magari fare anche in tempo a tornare indietro, esser là al cantiere alle 5.15 a far colare quel calcestruzzo, e forse anche esser là a casa sua dopo il lavoro senza che sia successo nulla.
Ma Ivan nemmeno ci pensa a tutto questo. Ivan ha deciso di esser uomo, e quel bambino una volta uscito dal ventre dovrà vedere suo padre. Perchè Ivan invece suo padre non lo vide o se lo vide lo vide andar via. E forse è un pò tutta lì la chiave psicologica del film, quell'istanza impressionante che porta Ivan ad un'eccessiva moralità al costo di perder tutto. Ivan deve riscattarsi. E guarda dietro, su quel sedile vuoto, perchè da lì trae forza, solo da lì, da quella presenza.
Ivan, cui presta il volto un attore formidabile che risponde al nome di Tom Hardy, uno di quegli attori che può far tutto, far luccicare i muscoli o parlare lo sguardo, farsi vedere o farsi ascoltare, passare da un Cavaliere Oscuro a un film, come questo, che è un piccolo Buried in cui l'unica differenza è che la bara che Ivan si sta costruendo ha 4 ruote sotto, Ivan dicevo è persona che anche adesso, in questo momento, pensa a tutto e a tutti. Lei deve star tranquilla per portare a termine un difficilissimo parto; il lavoro, malgrado non sia più cosa sua, deve andar bene, la famiglia deve solo credergli e aspettarlo.
E' impressionante come in un'ora e mezzo Ivan non riesca a dire la minima bugia o nemmeno mancate verità. Riesce nell'incredibile impresa, quasi un ossimoro, di dire sempre la verità a tutti e nel contempo dire le cose migliori per farli star bene.
E poi il figlio gli racconta del magnifico goal di quello che sembrava un brocco mentre il volto, in 3 minuti di un magnifico primissimo piano di Tom Hardy, sono sempre più gonfi di lacrime.
E poi tutto è finito, tutto è perso, ma Ivan sente un pianto dall'altra parte del telefono, ed è un pianto che non è un pianto di dolore ma è il pianto più importante della nostra esistenza, il primo pianto, il pianto che significa vita.
Ivan ormai ha detto tutto, quel che è stato è stato, in quella macchina è come se si fosse creata una specie di chiusura stagna per cui ogni cosa che c'è dentro può esser solo e sempre la verità. Ogni frase, ogni affermazione, ogni sentimento.
Il problema è che molto spesso a tener chiusa la verità là dentro, in quell'automobile, si finisce per perder tutto.
Sarà per questo che quasi tutti noi troppo spesso apriamo quel finestrino e la facciamo uscire. Ma col vento di fuori diventa bugia, col vento di fuori si trasforma.
Locke è arrivato dove voleva.
Da domani potrà succeder di tutto.
No regrets Ivan.
No regrets.
( voto 8 )
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