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Al cinema: recensione "Mientras Duermes (Bed Time)"

Creato il 29 luglio 2012 da Giuseppe Armellini
leggeri spoiler
Oh, ci hanno provato in tutti i modi eh?
Prima con quel titolo internazionale che va a sostituire un altro comunque internazionale (almeno per noi), un titolo che con un banalissimo gioco di parole prova a portarci dove vogliono loro.
Poi con quella locandina in cui c'è quella mano che fa tanto baubau, mano tra l'altro leggermente modificata all'uopo. In realtà è la semplice mano di un normalissimo (almeno al'apparenza) portiere d'albergo, no, tanto per capirci.
Poi il trailer dove tutto, dalle musiche, alle scritte in sovrimpressione, alle scene scelte ad hoc (tutte, ma proprio tutte quelle che potevano) vuole portare ad una sola cosa.
Quale?
Titolo, locandina, trailer. Bed Time è un horror.
Manco pe la fava.
Bad Time è un dramma, il dramma di un uomo che fatica da matti a portare avanti la propria esistenza..
E' vero, il film thrilla che è un piacere ma la base è fortemente drammatica.
Ed è proprio lì che rischia di affondare però, vedremo perchè.
Cesar è depresso, un infelice cronico che odia vedere persone sorridenti e felici intorno a sè (questo è l'anti Saw in poche parole).
Cesar fa il portiere d'albergo. Prende di mira un'inquilina (me coglioni! complimenti alla madre per la figlia).
Ogni notte gli si piazza sotto il letto, la narcotizza e attua il suo progetto. Progetto tutt'altro che a breve termine...
Balaguero, consapevolmente o no, completa la sua trilogia del condominio (con Para entrar a vivir e Rec) dimostrandosi un maestro nell'uso degli spazi e nella gestione degli attori, ancora una volta nettamente sopra la media. Luis Tosar, l'indimenticabile Malamadre dell'ottimo Cella 211 questa volta recita per sottrazione, nascondendo dietro la normalissima faccia di un portiere d'albergo un'animo più che tormentato e, indubbiamente, malato.
La sceneggiatura è gestita in maniera perfetta, con un climax ascendente leggerissimo, lieve, controllato.
Alla fine quelli di Cesar sono semplici dispetti, azioni che in altri contesti potrebbero persino risultare ridicoli. E' qui il miracolo di Balaguerò, costruire un thriller abbastanza serrato con elementi che, fino al finale, con il thriller c'entrano veramente poco. Ma l'atmosfera è perfetta, la curiosità dello spettatore tenuta sempre vivissima e alcune sequenze sono veramente notevoli. La caratterizzazione del personaggio principale è perfetta, riusciamo forse a capirne perfettamente le motivazioni anche se è quasi impossibile provare una qualsivoglia empatia con lui (tranne forse nella scena in cui vaga per casa con la paura di essere scoperto dagli amanti, lì avviene una specie di magia, Cesar diventa quasi vittima e lo spettatore è portato a immedesimarsi in lui).
Per non farci dimenticare che è pur sempre il regista di Rec, Balguerò sforna poi una sequenza splatter davvero coi controcazzi sia visivamente che emotivamente.
Però. però, però...
A me pare che il tentativo di dare profondità al tutto sia un pò maldestro, come voler fare una grossa buca con una paletta da spiaggia.
Resta difficile capire perchè una persona che non sopporta la felicità altrui si concentri per due mesi su una sola vittima. Chissà quanta altra felicità lo circonda tutti i giorni.
E la felicità è avere un sorriso stampato in faccia la mattina?
E l'infelicità è avere la pelle arrossata o gli scarafaggi in casa?
Se questa è l'intentio autoris siamo davvero fuori strada, se è soltanto la visione di Cesar è un altro discorso.
La felicità è un concetto molto più alto.
E l'infelicità ancora di più.
Anche se quel bimbo alla fine forse salva tutta la baracca, il progetto di infelicità di Balaguerò-Cesar trova un suo perchè.
Ma un figlio è sempre un figlio.
E' sempre felicità.
O così dovrebbe essere.
( voto 7,5 )

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