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presenti spoiler
Certo che gli americani dovrebbero odiarlo sto Bong.
Sì perchè questo grande regista coreano (sempre loro...) con solo due film ha dato agli statunitensi la paga in un modo spaventoso in due dei loro generi preferiti.
Prima gira The Host, il miglior monster movie degli anni 2000, che da solo va a sfidare tutti i suoi epigoni prodotti in America uscendone trionfante. Con, tra l'altro, l'Apparizione del mostro che forse si installa direttamente al primo posto delle apparizioni nell'intera storia del genere.
Poi fa uno Sci-fi, questo Snowpiercer e anche stavolta rischia di sbeffeggiare tutti gli altri film dello stesso genere girati in America, questi sì decine e decine, altro che i monster movie.
E' vero, in questa operazione ci sono dietro parecchi dollari americani ma per il resto è tutto con gli occhi a mandorla, soggetto, sceneggiatura, regia, troupe.
E' una frase affettata ma questo Snowpiecer è uno di quegli sci-fi che segnano un'epoca, uno di quelli che ce n'è massimo due per decade.
A partire da 2001 di Kubrick, passando per Guerre Stellari, Alien, Blade Runner, Terminator e, anche se a me non piace, Matrix (vado a memoria eh, non vi scaldate per le mancanze) questo è un genere che ha poche pietre miliari nella sua strada e, probabilmente, un solo periodo d'oro, quello della fine 70 e anni 80.
Snowpiercer non avrà la forza dei capolavori citati ma si candida come possibile miglior esponente della fantascienza 2.0.
E, attenzione, Kubrick a parte, il film di Bong è tra tutti gli altri quello forse più ambizioso come tematiche, quello che sembra usare la fantascienza più come un mezzo per che come fine.
L'intera umanità sopravvissuta a un'era glaciale creata dallo stesso uomo (per combattere il surriscaldamento globale) vive da ormai 18 anni su un treno, lo Snowpiercer, un convoglio con una locomotiva dal motore perpetuo. Non c'è altro fuori, solo gelo su gelo, tutto il mondo è stipato nei vagoni di questo treno. In fondo i poveri (fortissimo il richiamo ai campi di concentramento), e poi su su su fino alla locomotiva dove vive da solo il Dio-Tiranno-Creatore che ha fatto costruire il treno.
In fondo preparano una rivoluzione. Si vuole avanzare, vagone dopo vagone...
La metafora è semplice quanto straordinaria.
Se si voleva un esempio più pertinente e "lineare" per rappresentare la società con le sue lotte di classe, con il controllo dei poveri da parte dei potenti, con la rivoluzione, con la necessità di mantenere un certo "ecosistema" stabile e chi più ne ha più ne metta, beh, difficile trovare meglio di questo.
E' proprio la linearità, la consequenzialità il concetto più interessante e niente in questo caso è migliore dei vagoni di un treno. Non si può andare di lato, vanno percorsi uno ad uno, uno di seguito agli altri.
Il film è molto ambizioso, in ogni azione, in ogni dialogo la carica metaforica è fortissima.
Però c'è anche tanto cinema, forse troppo.
E non credo purtroppo si raggiunga il mix perfetto tra autorialità e obbligatori tributi al genere.
Innanzitutto quello che funziona sono i personaggi, su tutti quello della "Ministra" Mason, interpretata da quel mostro di Tilda Swinton. Soprattutto tra i cattivi c'è tanto di buono, dai boia incappucciati al pelato braccio destro del capo, dalla donna in giallo al killer grasso. Ho trovato molto più deboli i buoni, anche nella recitazione. Molto bene il protagonista Evans, ottimo Song Kang-Ho (attore feticcio di Bong ma anche di Park Chan-Wook), discreti gli altri.
Tante bellissime scelte come ad esempio la tortura del braccio congelato, le barrette proteiche a base di insetti, il Capodanno (geniale, fantastico), l' Asilo dove come materia di studio non c'è la Storia tout court ma quella dei 18 anni di treno, e quella locomotiva così "viva", pulsante, quasi un'entità a sè, forse lei più che il suo Creatore il vero Dio di quella derelitta umanità.
A proposito, curioso che Ed Harris interpreti un ruolo similissimo a quello di Truman Show.
Ma c'è anche tanto trash, come ad esempio la rivolta dei discotecari, la sparatoria da finestrino a finestrino, alcuni momenti in cui in situazioni molto drammatiche si tirano fuori battute quasi comiche, i due personaggi coreani, padre e figlia, in cui troppo insistentemente si ricorda la figura dei tossici, la scena del sushi e altro ancora. Insomma, una delle tare del cinema orientale, quel non prendersi mai sul serio fino in fondo, è senz'altro presente.
E così, quasi assistendo a una specie di platform in cui piattaforma dopo piattaforma si arriva alla fine...arriviamo alla fine.
E qui sta forse la parte più interessante.
Perchè tutti i personaggi più importanti acquistano sfaccettature nuove.
Curtis, il capo della rivolta, personaggio sì positivo ma con molte cose da farsi perdonare sia nel passato che nel presente.
Gilliam, il vecchio capo dei buoni che invece si rivelerà qualcosa di molto diverso. A tal proposito reputo la metafora della testa e della coda che in qualche modo devono "comunicare" per mantenere un certo ordine a questo strano microcosmo come la più geniale del film.
E lo stesso Wilford, il Creatore, sarà anche un sanguinario dittatore ma alcuni suoi discorsi sulla miseria della sua stessa condizione e sul fatto che senza questa società gerarchica che lui ha creato l'umanità nemmeno esisterebbe magari fanno accapponare la pelle ma sono discorsi affatto banali e scontati.
Il finale dividerà molti ma io l'ho trovato nerissimo, altro che speranza.
Del treno non rimane niente. Degli uomini non rimane niente (forse) se non due bambini.
E quell'orso potrà dire tante cose ma a me dice solo che se speranza ci sarà è per lui.
Non certo per noi.
( voto 8 )
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