Magazine Cinema

Al Cinema: recensione "The Hateful Eight"

Creato il 09 febbraio 2016 da Giuseppe Armellini
Cinema: recensione
Un primo tempo talmente verboso, prolisso e ridondante da restarci secchi.
Poi il film si apre, diventa più cose, tutte anch'esse ridondanti ed esagerate sì, ma a tratti bellissime.
Un massacro che non è solo di uomini, ma il massacro di uno stato intero.
Un Polanski che sostituisce al cervello i muscoli e il sangue.
Presenti spoiler qua e là dopo la linea divisoria
Chiedere a Tarantino di asciugare sarebbe come chiedere al deserto di bagnare.
Eppure è buffo che una delle più belle scene della filmografia tarantiniana sia quella con una bara, una ripresa strettissima, un buio, una mano che in pochi cm tenta di raggiungere la salvezza, una meraviglia di minimalismo e del saper togliere.
Alla fine del primo tempo, in quei 5 minuti in cui aspettavo che venisse la ragazza delle bibite (mi andava un thè freddo ed ero pronto per una volta a tirar fuori la carta di credito per prenderne uno), in quei 5 minuti in cui una ragazza si avvicina ad un'altra nella fila davanti a me e le dice gentilmente se può far uscire il bambino di 3 anni che quella sventurata madre aveva portato (e meno male che una persona ha trovato questo coraggio di dirglielo, il secondo tempo avrebbe rovinato a vita quel bambino), in quei 5 minuti stavo pure riflettendo al film e avevo la netta consapevolezza che, per dirla all'umbra, c'avevo i coglioni gonfi come poche altre volte nella mia vita di sala.
Un'ora e venti di chiacchiere.
Verbosissimo, ridondante, estenuante persino.
Cinema: recensione
Un grande incipit, prima col Morricone e quel crocifisso su cui stiamo intorno 5 minuti, poi quella neve, la diligenza, il negro con i corpi e il primo notevole dialogo.
E anche dentro non si scherza, la ragazza funziona, il rapporto col Russell non ne parliamo, anzi, il rapporto tra boia e boiata (condannata) rimarrà interessantissimo per tutto il film, con questo incredibile mix di odio, rabbia, divertimento, complicità, persino tenerezza a tratti.
Poi arriva Goggins e funziona pure lui come personaggio eh, anzi, alla fine del film è quello che ti strappa più risate.
Poi arriva la bettola e i nuovi personaggi.
Il prologo, dopo quasi un'ora, è finalmente finito.
O.k, prendendo le scene ad una ad una, i personaggi ad uno ad uno, i dialoghi ad uno ad uno (e poi che altro aduno? boh, niente) va bene tutto quindi.
Ma Tarantino mette così tante parole in mezzo a tutto, allunga il brodo in maniera così impressionante che, ve lo giuro, a tratti staccavo volutamente la testa dai discorsi per non diventare scemo.
Qui non siamo all'esagerazione, qui siamo al celodurismo.
Perchè, vedete, l'anno scorso con Django avevo parlato di regista verticale.
Intendevo l'assoluta incapacità del nostro regista di saper dare orizzontalità alle proprie trame. Al suo curare tutto in maniera sublime, dialoghi, personaggi, scene, inquadrature, dimenticandosi però di mettere la stessa cura nell'andare avanti, per citare la storica frase del finale di Lost.
O.k, anche Sorrentino lo fa. Ma Sorrentino della trama se ne frega, manco ce prova a volte.
Tarantino no. Tarantino racconta anche.
Cinema: recensione
E o.k, di tutto questo sono ancora convinto. Ma l'altra caratteristica che mi piace sottolineare nel regista italo-americano è questo suo assoluto compiacersi nel raggiungere limiti che lui crede di potersi permettere.
I limiti-tarantino.
Tarantino si diverte a raggiungere i limiti-tarantino in ogni componente del film, Lui può dialogare 40 minuti su una mosca che scoreggia perchè lui è tarantino che sta usando i limiti-tarantino.
Lui può caricare i suoi personaggi fino ai limiti-tarantino.
Lui può essere cinico e violento fino ai limiti-tarantino.
Lui può eccedere dovunque, perchè dovunque ha portato i suoi limiti a livelli altissimi.
O.k, sì, ormai lui crede che dapertutto può far quello che vuole. Ma poi ci sono spettatori che lo stimano molto, come me, ma che non lo idolatrano, che vorrebbero dirgli "Ehi, Quentin, stai andando un tantinello oltre, non è che ti puoi permettere tutto eh, rischi di sbracare".
E, infatti, il primo tempo di Hateful Eight è uno sbracamento di dialoghi da restarci secchi se non sei del fan club.
Poi inizia il secondo tempo, il 3enne davanti a me non c'è più portavo via dal padre (la madre manco si è degnata di parlare con i due, gli ha fatto segno di uscire e sono usciti, vedere quel ragazzo tutto rosso andarsene col bambino mi ha fatto grandissima tenerezza) e il negro si siede davanti al Generale.
Intanto il messicano sonicchia qualcosa al pianoforte.
Cavolo, questa è una scena, questo è un dialogo che voglio godermi, non uno di quelli precedenti di 20 minuti sul nulla.
E, infatti, il film esplode.
E ci darà un secondo tempo a tratti formidabile.
Cinema: recensione
Con il paradosso che non è che Tarantino faccia qualche passo indietro rispetto ai ridondanti limiti-tarantino no, ma almeno li distribuisce qua e là.
Arriva la trama, finalmente. Arriva la violenza, finalmente. Arrivano una scena diversa dall'altra, finalmente. Arriva persino il giallo alla Christie. Arriva l'interesse. Arriva il gioco di ruoli.
E le parole rimangono eh, e son pure tante, ma non ci sono più solo quelle.
Vedete, ho letto nelle poche righe, quelle da "titoli", che ho visto in questi giorni sul film, una critica all'ennesima mancanza di sceneggiatura del film di Tarantino.
In realtà ci sarebbe da dire che le sceneggiature sono anche, anzi, soprattutto, i dialoghi. Quindi affermare che Tarantino pecchi di sceneggiatura è quantomeno improprio.
Semmai è il plot, una parte di sceneggiatura in qualche modo antecedente alla stessa, la componente in cui fa tremendamente fatica
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------.
In ogni caso il film si fa vario, l'interminabile imbuto verbale nel quale eravamo intrappolati viene divelto.
E c'è la divertentissima faccenda della porta, reiterata come in uno slapstick.
E c'è il suddetto dialogo tra il negro e il generale, dialogo tarantiniano, cinico, sconcio, quasi irresistibile.
E c'è lei che canta con la chitarra la morte del boia in una scena girata sulle messe a fuoco in maniera divina.
E c'è la morte del primo degli 8, e poi l'avvelenamento raccontato da un'improvvisa ma efficace voice off.
E ci sono le altre morti e la sensazione che assisteremo ad un massacro.
Una specie di Polanski meno cerebrale,  più muscolare, sanguinario e cazzone.
Ci sembra di assistere a 4,5 film precedenti del regista tutti fusi insieme tra loro.
Quando poi arriva il bellissimo capitolo del flash back i riferimenti al massacro di Kill Bill, anche quello raccontato in parte in flash back, sono fortissimi.
Il celodurismo di Tarantino, quel suo poter fare quel che cazzo gli pare con i suoi liberi limiti auto(non)imposti, raggiunge apici visivi e di cattiveria bestiali, quasi insostenibili. E ringraziamo che nei suoi film tutto in qualche modo è sovraesposto e cazzone, perchè, altrimenti, un filino di eccessivo cinismo e amoralità potremmo parlare eh...
Le donne fanno fini terribili ad esempio.
Cinema: recensione
Ma c'è poco da dire, l'antefatto si lega al presente in maniera perfetta. Non dico geniale, ma perfetta.
E l'uso di un personaggio come quello di Dern, uno che sa e ha visto tutto ma deve far finta di niente, è notevole.
Il massacro va avanti, e quello nel tempo presente sostituirà quello ancora più terribile della mattina.
Credo sia l'unico film che abbia mai visto in vita mia in cui muore ogni singolo personaggio sia comparso sullo schermo, dal principale all'ultimo figurante.
Ed è impossibile, anche per uno come me che di solito rifugge sempre queste interpretazioni,  non notare una componente politica impressionante.
Tarantino racconta di America e sangue, di libertà, privazioni, razze, battaglie, pregiudizi e ipocrisie.
Racconta degli Stati Uniti d'america, della loro anima e di come sono diventati quelli che sono.
E allora il finale con quella lettera lorda di sangue, una lettera quasi ecumenica di pace universale, la lettera scritta da un presidente ad un negro, che sarà pure finta sì, ma mentre anche gli ultimi personaggi ci lasciano sotto lo sguardo ormai spento di una bad girl alla fine arrivata al suo destino, quella lettera ci sembra una cosa bella, bellissima.
Ma nel vuoto dei titoli di coda la immaginiamo cadere da quella mani e restare lì, lettera morta di parole morte in mezzo a corpi morti.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines