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Al Cinema: recensione "The Revenant"

Creato il 21 gennaio 2016 da Giuseppe Armellini

Cinema: recensione Location impressionanti.
Una regia da iniziati.
Una fotografia da stropicciarsi gli occhi.
Ma anche la sensazione di trovarsi davanti ad un cinema grande che non riesce completamente, però, a farsi grande cinema.
presenti spoiler
Trovo stucchevole, banale e assolutamente senza senso leggere anteprime di recensioni (recensioni intere ancora non l'ho lette) commenti e giudizi su The Revenant tirando sempre fuori la questione Di Caprio-Oscar.
Anzi la maggior parte delle volte ho letto solo questo, come se il film, il film cavolo, fosse in secondo piano in confronto.
Ecco, a me degli Oscar frega quasi nulla, mi piacciono a livello umano, mi piacciono alcune storie che raccontano, ma come premio, insomma, esticazzi.
Eppure...
Eppure nel film si passa da quella laguna iniziale che sembra tanto il Titanic quando cominciò a riempirsi e si finisce con un'interpellazione alla macchina da presa.
Ecco, The Revenant m'è sembrato una metafora della carriera de sto povero ragazzo, degli sforzi che ha fatto, della fatica, dell'impegno che ha profuso.
Dal Titanic iniziale a quello sguardo in camera che sta come a dire, ecco, io ho fatto questo, io vengo da qua, ora sta a voi.
Come Glass merita la vita Di Caprio merita l'Oscar. E non è la fine del suo percorso a farmelo dire ma il percorso tutto.
Torniamo al film che siam qui per questo.
Cinema grande, di quelli che te ne stai lì rimpicciolito sulla poltroncina a vederne la magnificenza.
Cinema grande di scenari mozzafiato, di fotografia impressionante, di regia che ormai, con Inarritu, che te lo dico a fa.
Cinema grande sì, ma con più di una sbavatura che, forse, non ne fanno necessariamente grande cinema.
Cinema: recensione
The Revenant ha più di un problema.
Il primo è quello di esser troppo ripetitivo.
Le location sono magnifiche, roba che in 3,4 occasioni sgrani persino gli occhi.
Ma non puoi starmi 2 ore e mezza là.
Perchè l'occhio prima o poi si assuefà alla bellezza.
L'occhio, per restar sveglio, non ha bisogno del bello, ma dell'interessante.
Se prendessimo qualsiasi scena dell'ultima ora del film e la mettessimo all'inizio ci sembrerebbe magnifica et interessante.
Poi però i volti sono sempre quelli, i luoghi sempre quelli, le dinamiche quasi sempre quelle.
Perlopiù prevedibili.
E il bello a quel punto va a farsi friggere, diventa cartolina.
Cinema: recensione
Ma quello che più manca al film sono le motivazioni che stanno alla base delle vicende o, volendo, la confusione che si fa con le motivazioni.
Fatichiamo a capire perchè Hardy-Fitzgerald rompa così tanto le palle a Glass.
Gli dà la colpa di ogni singola cosa, insomma, perdonatemi la battuta, lo tratta quasi come un Di Caprio Espiatorio.
O.k, non lo sopporta, o.k, non sopporta il figlio meticcio, ma da qui ad impostare il film quasi del tutto su questo dualismo per me ce ne passa.
Potremmo anche tralasciar questo e soffermarci solo su Glass.
Ed è qui che avviene la mancata magia di The Revenant.
Non soffriamo con lui.
Soffriamo per lui, soffriamo quasi fisicamente in certe scene sì, ma un film che basa tutto sulla sopravvivenza dovrebbe creare un'empatia pazzesca con il protagonista.
Non solo.
Arriviamo a fine film quasi convinti che la lotta di Glass sia stata una lotta contro la morte, una lotta per la vita.
E in questo The Revenant eccelle, l'attaccamento di Glass all'esistenza è straordinario.
Eppure alla fine sembra che l'istanza principale sia invece la vendetta.
Ecco, due bisogni confusi tra loro che non fanno altro che depotenziarsi l'un l'altro.
Cinema: recensione
The Revenant è un film in cui la potenza delle immagini sovrasta quella delle emozioni.
Eppure, per tornarci sopra, a me visto come film sulla disumana forza che ti porta a sopravvivere è piaciuto moltissimo. E mi ha ricordato più di tutti un piccolo cult che, secondo me, sull'argomento, è qualcosa di unico, Alive-Sopravvissuti.
Col mio amico Rocco citavamo in realtà anche Essential Killing, ci sta.
Con il rischio però che il film di Skolimowski sia addirittura superiore, e proprio grazie alla sua asciuttezza.
Sembra quasi che io stia parlando di un film sbagliato.
No, assolutamente.
Però un filo di delusione c'è.
Poi, certo, se ripenso al primo attacco indiano all'accampamento, alla lotta con l'orso, talmente perfetta e magnifica da farci stare quasi in apnea ad osservarla, se ripenso a Glass che arriva in cima al dirupo e guarda l'orizzonte, a lui che incontra i bufali, a quelle cascate, all'impressionante caduta nel vuoto col cavallo, alle palpebre che infine si chiudono alla richiesta di Hardy, a quel respiro che appanna l'obbiettivo mentre abbraccia il figlio morto, potentissima immagine con quel viso quasi deforme e ghiacciato, ecco, siamo davanti a qualcosa di grande.
Se ripenso poi alla terribile scena del cavallo sventrato, alla fuga appena precedente con lo stesso, alle frecce che entrano nel fiume mentre Glass scappa nuotando, al magnifico, virile, definitivo, disperato scontro finale con la sua nemesi Fitzgerald ecco che sì, lo dico, The Revenant ha le stimmate del capolavoro.
Ma le stimmate di solito si associano alla sofferenza mentre qui, almeno in parte, sembrano esser inferte dall'esterno, dalla regia.
Cinema: recensione
Inarritu cita anche sè stesso in quell'incontro metafisico tra padre e figlio.
Là, in Biutiful, era un bosco innevato, qua una chiesa diroccata (bellissima).
E basterebbe questa scena per capire quanto questo film giri intorno al nostro cuore senza colpirlo mai.
Una location ancora più bella di quella di Biutiful, una vicenda ancora più drammatica (un giovane figlio ucciso è il non plus ultra del dramma) eppure, se paragoniamo le due scene, quella di Bardem e del giovane padre fanno sembrare questa qua quasi una commedia.
L'epico senza pathos diventa epico da letteratura.
E il rischio che Glass diventi personaggio letterario anzichè qualcuno che per almeno due ore e mezzo ci sembri vivo e non cinematografico è alto.
Forse le sue vicende famigliari, la sua vendetta, il suo dramma umano di padre distrutto non riusciamo a viverlo fino in fondo è vero.
Ma la sua voglia di vivere invece la percepiamo tutta.
E la sua forza.
E il suo essere quasi indistruttibile.
Da uno che si chiama Glass non era scontato aspettarselo.
Non c'è niente che vada più facilmente in frantumi del vetro, del cristallo.
Nomen omen dicevano i latini.
Glass, se li avesse davanti, riderebbe di gusto.
Come con quell'indiano, con la lingua di fuori.
Una sola, unica, meravigliosa risata.
( voto 7.5)

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