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Al passo con i tempi

Creato il 06 febbraio 2012 da Rightrugby
Al passo con i tempi Non era un caso se alla vigilia di Irlanda - Galles si parlava di rivincita: lo era anche Scozia - Inghilterra, ma i paragoni tra la sfida del Murrayfield e quella di Dublino non reggono (il Socio sta stendendo l'analisi, con annessa cronaca). Che al nuovo Lansdowne Road si sia disputato l'incontro più bello della prima giornata di Six Nations non ci piove - o meglio, non ci nevica. Perché al di là dell'agonismo prolungato per ottanta minuti e delle emozioni condensate nell'ultimo quarto di gara, il confronto tra irlandesi e gallesi ha fornito prova che c'è gente nuova in giro: una conclusione alla quale solitamente si arriva sbirciando le partite dell'Emisfero Sud, quando ci si accorge dell'esistenza di utility forward arrivati dalla Rugby League e protagonisti nella Rugby Union di nuove opzioni tattiche: vengono in mente di Brad Thorn che si muovono lungo il campo con addosso il numero da seconda linea, ma l'intelligenza tattica di trequarti aggiuntivi. Esperimenti che riescono e quindi trovano terreno fertile anche al Nord: il giovane scozzese Dave Denton è stato l'ultimo in ordine di tempo a darne dimostrazione pratica sabato sera. 

Ieri invece è stato il giorno di gente fisicamente impressionante. L'ala gallese George North (classe 1992) ha ribadito che il suo posto è in nazionale - e qualcuno mostri il video a Giovanbattista Venditti che per statura e larghezza ci va vicino, così da lavorarci sopra dopo che contro la Francia il ragazzone degli Aironi ha messo in mostra la potenza che conserva tra spalle e gambe, pestando sui piedi con tre avversari addosso e tirando dritto. Rob Kearney, l'estremo scuola Leinster che vola in aria e acciuffa i palloni sui quali si prepara Leigh Halfpenny, un altro che ha dopo i guai fisici è tornato ad esibire quella confidenza che lo aveva portato alla ribalta giovanissimo (classe 1988). Di Stephen Ferris già sapevamo, di Sam Warburton abbiamo imparato a conoscere la foga agonistica e ora l'intelligenza tattica (ma pare destino che il capitano dei Red Dragons debba fare i conti con un certo fato avverso tra indisciplina personale - il rosso in Nuova Zelanda - e sfiga - infortuni). 

Poi ecco che arriva Conor Murray, mediano classe 1989 che ha imparato ad avere a che fare con gente come Ronan O'Gara indossando la maglia del Munster. Lo abbiamo conosciuto alla RWC nel dentro o fuori degli Azzurri contro gli irlandesi: furbetto, mediano insomma con buona pace dell'arbitro Nigel Owens. Prima provoca, poi allarga le braccia per evidenziare l'atteggiamento dell'avversario caduto nella trappola: la scuola che frequenta, dopo tutto, è quella. Il dirimpettaio ieri era Mike Phillips poi eletto Man of the match (sbagliamo o ha smesso di pettinarsi il ciuffo in campo?), un numero 9 che fa da terza linea aggiunta specie quando prende l'ovale ed esplora il lato chiuso per andare a marcare meta (vedere le mete proprio contro l'Irlanda ai quarti di finale di coppa e contro la Francia in semifinale). Beh, il giovane Conor fisicamente è più esile di Phillips, ma il modo di comportarsi sul terreno di gioco è pressapoco simile. Ha placcato, assorbito il quasi dottore Jamie Roberts e può essere che stando dietro ad un gigante come Jamie Heaslip si noti di meno, ma davvero ha segnato il territorio, ribadendo che c'è gente nuova in giro, adattatasi ai canoni richiesti dal rugby contemporaneo. 

La modernità di questo sport e dunque la sua bellezza che sopravvive alla malinconia dei tempi andati si esprime nella duttilità dei ruoli che rimangono quelli di sempre, ma nella logica dei fatti sono chiamati ad aggiornarsi: versione 2.0. Nota per Murray: anche lui come Kearney è stato giocatore di football gaelico con il Patrickswell e il Limerick, a dimostrazione che il mondo ovale è variegato e aiuta ad apportare skills individuali interessanti. Poi va da sé che si ci diverte. 

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