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Albania, il regno più giovane d’Europa (6)

Creato il 25 marzo 2012 da Elton77

di Melville Chater

Per la rivista National Geographic, febbraio 1931

Sesta ed ultima parte

Link quinta parte

Il padrino dei capelli

Pietro spiegò che il padrone di casa che ci stava ospitando era il suo padrino che gli aveva tagliato i capelli. Così come gli antichi Illiri, anche gli abitanti delle montagne si radono la testa. In questa cerimonia, che si svolge quando il bambino compie due anni, il padrino porta le forbici. Se il bambino è cristiano, il padrino gli taglia i capelli in modo che sulla testa rimanga la forma di una croce. Se, invece, è musulmano, il padrino rade i capelli del bambino in maniera che appaia il simbolo di un triangolo. Dopo un'ora, ci ritrovammo seduti per terra insieme al bajraktar del posto ed ai suoi uomini, a rispondere alle loro domande incessanti, mentre continuavano ad offrirci tabacco. I montanari albanesi sono molto orgogliosi delle loro origini, della loro razza. Sono molto sensibili e abituati all'idea della morte.

Donne dell'Albania settentrionale (Mirdita) - Foto: Luigi Pellerano.

Donne dell'Albania settentrionale (Mirdita) - Foto: Luigi Pellerano.

Gli uomini della zona di Dukagjin hanno un motivo in più per sentirsi fieri della loro origine, perché proprio dalla loro tribù è nato Lek Dukagjini, colui al quale si attribuisce il codice delle consuetudini albanesi. Questo codice vale per tutto il paese, ma soprattutto nella zona dell'Albania settentrionale. Il codice medioevale di Lek Dukagjini ha un valore superiore ai dieci comandamenti, superiore anche alle leggi dello Stato. Questo codice si basa sulla “Lex talionis”. Le sue fondamenta sono nel patriarcato e nel potere dell'uomo. Secondo tale corpo di leggi, l'uomo ha pieni poteri sulla sua donna, ha diritto addirittura uccidere sua moglie e i suoi figli. Alcuni anni fa un uomo uccise sua moglie con un proiettile che gli era stato dato dal fratello della donna, come prova del consenso da parte della famiglia della donna stessa.

Un venditore di pane in attesa dei clienti - Foto: Melville Chater.

Un venditore di pane in attesa dei clienti - Foto: Melville Chater.

La vendetta è obbligatoria

Per quanto possano sembrare barbare queste usanze e queste leggi del codice di Lek Dukagjini, così come la vendetta, che costituisce un obbligo per gli abitanti di queste zone, dobbiamo capire che tutto ciò nacque come una necessità durante il periodo del dominio ottomano, a causa della tolleranza dei Turchi, i quali non punivano nessun malfattore. Queste tribù di montanari indomabili hanno resistito fino ai nostri giorni, indipendenti, liberi nonostante la ferocia degli imperatori e dei sultani che hanno occupato l’Albania durante i secoli. L'appellativo di conservatori, per questi cecchini infallibili, ci appare alquanto improprio. La verità è che gli abitanti delle montagne albanesi vivono secondo le loro leggi antiche. Prendiamo in esame la vendetta. In queste montagne si chiama debito di sangue. Tutt'oggi, colui che ritarda a “pagare la tassa” del sangue è minacciato di totale isolamento non solo dal paese ma dall'intera popolazione della zona. Se qualcuno uccide un uomo quand'è accompagnato da moglie e figli, il nome di colui cui spetta la vendetta entra nella lista nera, e tutti nel paese si prendono gioco di lui. Dopo che l'omicida è stato ucciso, il suo uccisore dichiara che vendetta è stata fatta. Nel caso in cui fosse inseguito, egli può chiedere asilo in qualsiasi casa del paese per 24 ore, e il padrone di casa ha l’obbligo di proteggerlo e di accompagnarlo in un posto sicuro. Alcuni anni fa un prete fece la sua vendetta e fu egli stesso a dare l'estrema unzione al morto. Il codice di Lek Dukagjini si mette in pratica secondo gli accordi raggiunti dai capifamiglia, che sono gli anziani. Questo è uno degli aspetti più originali di questi tribunali delle montagne. Per dichiarare innocente un accusato devono essere d'accordo tutti gli anziani; nel caso in cui anche uno soltanto si dichiara contrario, allora viene sostituito da altri due. Gli anziani non possono condannare a morte nessuno, ma possono comminare multe o addirittura possono decidere che vengano bruciati tutti i beni dell'accusato. Continuammo a scendere attraverso la vallata di Shalës per tre giorni. Avevamo la sensazione che ci aspettasse un'oasi di freschezza in questa stagione così calda dove, dappertutto, si sentiva il canto delle cicale. Davanti a noi camminava la nostra guardia del corpo, costituita da sette uomini provenienti dalla vallata di Shalës. Ad un certo punto, i nostri accompagnatori trovarono in un vecchio accampamento di briganti i loro fucili, e qualcuno cominciò a cantare e suonare usando come cornamusa la canna del fucile. Potrebbe sembrare un gesto di malaugurio, ma capendo le parole della canzone si cambierebbe idea: sono nascosto dietro una roccia / l'assassino di mio fratello è passato / la mia pallottola ha fischiato / il mio debito è saldato.

I nostri angeli custodi perlustravano il terreno concentratissimi. Dov'erano i briganti di cui ci avevano tanto parlato? Uno degli uomini ci spiegò che la maggior parte dei malfattori erano uomini scappati per evitare le vendette, e avevano creato delle bande armate che portavano disordine in tutta la penisola Balcanica.

Sulle vie di Scutari - Foto: Melville Chater.

Sulle vie di Scutari - Foto: Melville Chater.

Un paese caldo e affamato

Il paese non era soltanto caldo, ma anche molto affamato. In molti villaggi manca il pane, e gli abitanti bevono latte di capra diluito al posto dell'acqua. Un giorno, mentre stavamo dividendo i pochi viveri offerti da un prete, gli chiedemmo se era vero che qualcuno avesse pescato con la dinamite nel fiume e avesse preso oltre 20 chili di pesce. Quando sentì di questo atto barbarico, il prete alzò le mani verso il cielo con espressione grave. Noi avevamo notato poco prima in un armadio alcuni oggetti che non sembravano per niente cose che potessero servire ad un prete. Non parlammo più, ma aprimmo l'ultima bottiglia di whisky che era rimasta. Dopo aver bevuto, il prete cominciò a confidarsi. Andammo con lui sulla riva del fiume. Il prete preparò un piccolo ordigno, e, con tutti i rimorsi di coscienza, vi posso confessare che mangiammo uno splendido pranzo a base di pesce. Camminando nei pressi del paese, notammo una fontana con acqua fresca. Questa fontana era l'unica sorgente di acqua per le trenta famiglie del paese. Il caldo insopportabile, gli insetti fastidiosi fecero sì che noi perdessimo spesso la pazienza. Ma il nostro traduttore, Pietro, cercava di mantenere alto il morale: “Vedete quel posto lassù? Andremo lì, poi scenderemo giù camminando per una ventina di metri ed arriveremo in una città dove troveremo un posto di ristoro meraviglioso.”

Finalmente acqua

Arrivammo a Guri i Kuq. Più camminavamo e più il posto diventava selvaggio e deserto. Ogni tanto incontravamo qualche viaggiatore solitario, come una donna che camminava da tre giorni portando un sacco di grano sulla schiena. Dopo cinque ore di viaggio, ci ritrovammo nei pressi del fiume Kiri. Finalmente acqua! Smontammo dai cavalli, ci spogliammo e ci buttammo nel fiume giocando, insieme ai bambini, con l'acqua. L'ultimo giorno di viaggio camminammo per otto ore consecutive per arrivare nel punto di confine come avevamo concordato. Salutammo calorosamente gli uomini che ci avevano accompagnato per tutti quei giorni. Pietro, dopo i saluti, si girò il capo di lato per non farsi scorgere e si mise a piangere. Saliti su una macchina che ci stava aspettando, partimmo. Rimanemmo a lungo in silenzio. Ho la sensazione che Pietro ci avesse attaccato la sua nostalgia.

Traduzione dall’albanese di Elton Varfi


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