Poesia fantasmagorica, questa di Alberto Automa: è un caleidoscopio di figure, umane, animali, vegetali in continuo avvicendarsi e che accendono pertanto scintille nella fantasia del lettore il quale spesso si trova spiazzato e incapace di coglierne il senso.
Ma per ammissione dello stesso Alberto, non è necessario comprendere, si può anche solo constatarne i suoni, i colori, e aggiungo, coglierne gli aspetti puramente poetici.
A volte esiti di piccoli ‘esperimenti’ un po’ folli, altre più velate di malinconia, come quelle presentate qui, le poesie di Alberto Automa costituiscono un piccolo universo sensibile in cui lasciarsi andare senza crearsi aspettative, liberandosi da pre-giudizi e tentativi di genere.
Vi si alternano ricordi di infanzia rielaborati come in ‘Tuba’, altre in cui la fantasia dell’autore spazia e si lascia andare al sogno (Passerella di Liegi) ma che sono insieme realtà vissuta, ricordi di viaggi (Uppsala) facenti da sfondo a molte composizioni.
Non ultimo è il costante riferimento alla gestualità del quotidiano con i suoi oggetti d’uso, il tovagliolo, il cucchiaio, il mobilio di casa ecc, e le frequenti ‘incursioni’ nel mondo animale-vegetale, come prima accennato, che rivelano un’attenzione alle piccole cose espressa sempre con pudore e originalità mai intesi a stupire. Al contrario tutte le composizioni hanno in comune una naturale vena ispiratrice associata a una fervida creatività e sintesi espressiva che fanno di questi testi una lettura curiosa e interessante.
Si possono leggere altri testi dell’autore su www.clubpoetico.it
Angela Sias
Passerella di Liegi
Leggera come il vento freddo
la scalinata s’attorciglia alla Mosa,
vi cadono dentro i ragazzi
la donna elegante con i tacchi
tutte le chiavi di ferro
che porto alla cintura
e a guardare scorrere l’acqua
sospeso sulla passerella
la notte piano sveste le bucce nelle cassette,
toglie il blu dai tetti
e i cuscini dall’abbaino
con l’aria di una cometa.
Miriam
Fallisce l’abbandono,
un cucchiaino
cade di là
in cucina
con la tonalità
perfetta
di un risveglio.
Siamo sulle vette create,
o mio caro ideal,
la collisione tra neve
e noia del suono,
il viso
i tuoi capelli rossi
si nascondono
se lo voglio
in dispersioni
di nuvole.
Lobotomie
Una piccola antenna
che pare in miniatura
una deliziosa lanterna verde
-cinese, sotto l’arco variopinto di linguette
-giardino davanti ai sassolini caduti in acqua.
Oh … la pioggia l’acqua il pianto
sono per me la stessa cosa adesso!
Pende
si flette a zampa di mosca
l’encefalo
ricucito
dopo l’esperimento.
Lapis di provincia
Dopo anemoni
tumefatti scuri lamponi
sotto vetro
sott’acqua,
sollevati occhi
di morti e di luminarie,
e nemmeno
una vera nebbia.
Dal ponte tedioso
le tediose poesie,
fossile tranquillo che ripassa,
una mula si abbevera al canestro
dove l’hanno dimenticata.
Uppsala
Se oltre il cielo
e le nubi di Uppsala
non mi è dato andare,
camomille sfiorite
la casa gialla,
un tamburino
aspetta.
Credo nell’aria
che investe il ponte
e credo nel parco addormentato
con le foglie del rosario della terra,
così credo,
una sera
spero non troppo lontana
carezze piccine
di foglioline di menta.
Tango di un minuto
Nel cuore d’arancio dei vetri
fra le meduse dell’iride
i tentacoli
di fili
di sole
di prodigio-
abbiamo la barba
azzurrata dei pesci-
mi àncoro
in un armistizio
portato alla luce
con chissà quale
compositiva
tecnica segreta.
Tuba
Ho dovuto aspettare qualche giorno
per ritrovare
la porta della malinconia,
la figura di un ragazzo
in mezzo a un triangolo di
sassi eterei,
un abito da morto
di quelli di una volta
e il cappello a tuba, storto.
Cancello di pioppi alla sua destra,
lui al centro,
fra i corvi,
gli occhi rossi ed arancioni
passati al setaccio
dalla siepe accanto.
Il libro degli insetti
Non senti che la vita ci allontana?
Invocare angeli o larve d’insetti
è uguale,
è inutile.
Il copriletto va in terra
per cambiare l’estate.
L’abat-jour fa una luce gialla
come di foglie,
come d’ali morte
di qualunque natura.