C’è stata un’epoca cui il nostro pianeta, la Terra, ha ospitato ben due diverse umanità, distinte e indipendenti fra loro. Sto parlando di noi e dell’Homo neanderthalensis, meglio noto come “Uomo di Neanderthal” scoperto in Germania nel 1856.
Questa è la ricostruzione del viso di una giovane donna neanderthaliana. Si vedono molto bene le differenze con un volto tipico della nostra specie, ma ciò non toglie che la somiglianza sia notevole, quasi inquietante. Si capisce molto bene che siamo parenti stretti, ma non come si pensa comunemente.
Tutti noi a scuola impariamo che l’Homo neanderthalensis è un antenato dell’Homo sapiens, ma non è affatto così: sono due specie appartenenti allo stesso genere, Homo, ma il neanderthalensis non è antenato del sapiens, è più una sorta di cugino che si è evoluto seguendo un ramo indipendente della nostra “grande famiglia”. Questo significa che, nonostane la comunità scientifica abbia da tempo dimostrato che non siamo discendenti dei neanderthaliani, i libri di scuola si ostinano a raccontare nozioni del tutto errate. Infatti noi siamo originari dell’Africa, mentre i neandertaliani erano a tutti gli effetti nativi dell’Eurasia.
Capiamoci meglio con un esempio.
In questa immagine sono ben riconoscibili un leone e una tigre. Guardate bene i musi: sono molto simili, no?
Il leone è classificato come Panthera leo (che vive in Africa e in Asia, dove si trovala sottospecie Panthera leo persica), mentre la tigre come Panthera tigris (che vive in gran parte dell’Asia, divisa un varia sottospecie), quindi sono due specie dello stesso genere. Tra sapiens e neanderthalensis si ha lo stesso identico tipo di parentela che esiste fra tigre e leone, i quali, pur essendo specie diverse, si possono addirittura incrociare dando un ibrido, il “ligre”:
Tuttavia l’incrocio fra specie diverse in natura è spesso scoraggiato da vari meccanismi che mantengono le specie separate, infatti di norma gli ibridi sono sterili come il famoso mulo, che è un ibrido sterile fra cavallo (Equus domesticus) e asino (Equus asinus). Anche nel caso del ligre si ha un effetto simile: il maschio infatti è sterile, mentre la femmina è fertile. La sterilità non assoluta indica che il leone e la tigre sono due specie molto vicine tra loro, molto più del cavallo e dell’asino.
Tenete presente questa breve trattazione sulla sterilità dell’ibrido perché ci tornerà molto utile fra poco. Ora cerchiamo di svelare i segreti dei nostri cugini neandertaliani!
L’Homo neanderthalensis è vissuto in Europa e Medio Oriente fra 130.000 e 35.000 anni fa, anche se alcune scoperte recenti posticipano l’estinzione a 29.000 anni fa. I maggiori ritrovamenti sono avvenuti in Spagna, Francia, Germania, Italia, Croazia e Israele.
Sebbene possano sembrare simili, i neanderthaliani erano piuttosto diversi dai sapiens, a cominciare dalla struttura ossea molto più massiccia, come si può vedere in questa immagine:
Il cranio a sinistra è umano propriamente detto, quello a destra è neandetaliano. Si vede chiaramente che quello di destra è molto più massiccio e robusto dell’altro. Vediamo una tavola comparativa fra i due crani per capire meglio:
Anche in questa figura il cranio di destra è neanderthaliano e quello a sinistra di sapiens. Vediamo che quello di destra ha un marcato toro sopraorbitario (il bordo osseo sopra le orbite); l’osso frontale (ossia la fronte) è appiattito e sfuggente; l’osso occipitale (quello dietro la testa) è spesso e dilatato all’indietro a formare uno “chignon”, ossia una protuberanza ossea a cui si legavano i muscoli posteriori del collo che, viste le dimensioni della protuberanza, dovevano essere piuttosto spessi. Anche lo splancnocranio (la faccia) presenta varie differenze, infatti le orbite sono grandi e arrotondate, mentre apertura e cavità nasali sono molto grandi; la madibola non presenta il mento che è una caratteristica tipica dell’Homo sapiens. Anche i denti erano grandi e massicci, con incisivi e molari più grandi di quelli della nostra specie.
Nel complesso la forma della testa è più arrotondata e globosa rispetto al sapiens e, addirittura, la capacità cranica può raggiungere anche i 1.600 centimetri cubi circa, ossia ben 300 in più rispetto alla nostra specie il cui massimo è circa 1.300 centimetri cubi. Questo vuol dire che l’Homo neanderthalensis aveva un cervello più grande del nostro, ma non vuol dire che fosse più intelligente: non contano infatti le dimensioni ma l’organizzazione e la superficie del cervello che è percorso da varie circonvoluzioni che permettono di ospitare più neuroni a parità di spazio. I calchi dell’interno dei crani neanderthaliani indicano che il loro cervello doveva avere un’organizzazione molto diversa da quello umano e probabilmente aveva capacità differenti, anche se è difficile capire in che misura.
Oltre al cranio, anche il resto dello scheletro era ben più massiccio di quello del sapiens.
Ricostruzione dello scheletro di un neandertaliano
Il torace è a botte e gli arti abbastanza corti: nel complesso i neandertaliani erano piuttosto bassi ma robusti, infatti le attaccature dei muscoli e dei tendini sono molto marcate sulla ossa, cosa che indica dei muscoli massicci e una notevole forza fisica.
In definitiva, la morfologia ossea indica sia adattamenti al clima freddo (bassa statura ed estremità corte) che adattamenti al clima arido (le grandi cavità nasali che permettono di inumidire l’aria inspirata), che sono perfettamente compatibili con la diffusione del Neanderthal in Medio Oriente (dal clima notoriamente arido) e in Europa (che all’epoca era in piena glaciazione Wurmiana).
Poco fa ho detto che i cervelli di sapiens e neanderthalensis sono diversi, cosa che è stata dedotta dai calchi intracranici che hanno messo in evidenza una diversa vascolarizzazione e quindi una diversa struttura dei due encefali.
Le differenze principali sono al livello dei lobi parietali e frontali (rese evidenti dal profilo più piatto della fronte neandertaliana), questi ultimi sono la sede del ragionamento e dell’astrazione (la matematica, per esempio, dipende dai frontali). Infatti lo sviluppo in altezza del cranio umano indica che i nostri lobi frontali sono molto più grandi.
Queste differenze, insieme a una diversa struttura del palato, indicano con certezza che i neandethaliani dovevano avere un linguaggio meno complesso e versatile del nostro, infatti la nostra specie è specializzata nella comunicazione.
A oggi non esistono evidenze che l’Homo neanderthalensis avesse una forma complessa di cultura: sono stati ritrovati solo oggetti di utilità pratica, come armi e vari utensili; nessuna testimonianza di arte o monili, cosa che fa pensare a un’assenza di concetti come astratto o estetica. Non è noto con certezza nemmeno se usassero o meno il vestiario. Tuttavia è certo che si prendessero cura di anziani e feriti, che non venivano abbandonati a sé stessi ma accuditi, cosa dimostrata dal ritrovamento delle ossa di alcuni esemplari affetti da artrite e quindi morti in età avanzata.
Cosa possiamo dire riguardo alla loro dieta?
La dentatura neanderthaliana è molto simile a quella dei sapiens, quindi la dieta doveva essere onnivora. Purtroppo non si hanno testimonianze certe del consumo di alimenti vegetali (presumibilmente sfruttavano a pieno il loro ambiente raccogliendo frutti, foglie e radici commestibili) mentre invece si sono trovati reperti che indicano con certezza il consumo di carne: ossa bruciate o tagliate, utensili per tagliare e armi adatte alla caccia attiva. La discreta abilità venatoria dei nostri “cugini” è testimoniata anche dal ritrovamento di trappole a fossa che servivano alla cattura di animali di grossa taglia.
I neanderthaliani producevano un’industria litica detta Musteriana, caratterizzata da manufatti molto sofisticati e ottenuti con lavorazioni complesse come la tecnica Levallois, che prevedere di scheggiare la selce in senso radiale mediante percussione.
Esempi di industria litica musteriana
Ma passiamo ora alla parte più affascinante della vicenda: le nostre due specie si sono certamente incontrate, dato che l’Homo sapiens è giunto in Europa vari millenni prima dell’estinzione dell’Homo neanderthalensis.
Purtroppo il contatto con noi fu probabilmente fatale per loro: siamo più adattabili e meno specializzati, con una maggiore capacità di comunicare e di organizzare i gruppi, quindi la competizione coi sapiens a lungo andare ha portato all’estinzione i nostri “cugini”.
Ma questo non vuol dire che il contatto non abbia portato dei benefici sul medio termine o, sorprendentemente, che i neanderthaliani siano del tutto svaniti.
Sono stati trovati dei reperti litici attribuiti ai neandertaliani ma diversi dall’industra Musteriana e classificati come industria Castelperroniana, i quali presentano dei tratti in comune con l’industria Aurignaziana, ossia quella dei sapiens. Questo significa che le due culture hanno avuto dei contatti anche non violenti che hanno portato i neandertaliani ad assimilare e mettere in pratica delle conoscenze assimilate dai sapiens.
Ma c’è di più: ricordate l’ibridazione di cui abbiamo parlato all’inizio dell’articolo? Sono stati ritrovati dei reperti ossei, seppur rari, con una morfologia ossea intermedia fra le due specie, cosa che lascia ragionevolmente supporre che esse possano essersi incrociate. Inoltre, abbiamo visto per il ligre che non necessariamente un ibrido è sempre sterile, infatti in specie molto affini può capitare che uno dei sessi possa essere fertile, come la femmina nel caso del ligre. Ebbene, questa considerazione permette di ipotizzare che i neanderthaliani non siano davvero scomparsi ma che, almeno una parte del loro genoma, sia nel DNA del moderno sapiens, nel DNA d tutti noi. Studi sul DNA mitondriale (anche se ancora non confermati) sembrano supportare la tesi dell’assimilazione almeno di femmine di neanderthal, infatti il DNA mitocondriale permette di ricorstruire la discendenza in linea materna.
Personalmente ritengo l’Homo neandethalensis molto affascinante perché è la cosa più vicina a una cultura aliena che la nostra specie abbia mai incontrato. Mi chiedo: cosa sarebbe accaduto se non si fossero mai estinti?
Il prossimo articolo sarà l’ultimo di questa serie e parlerà finalmente dell’Homo sapiens, ossia di noi!