rose.
Un bacio. Ed è lungi. Dispare giù in fondo, là dove si perde la strada boschiva che pare un gran corridoio nel verde. Risalgo qui dove dianzi vestiva il bell’abito grigio: rivedo l’uncino, i romanzi ed ogni sottile vestigio… Mi piego al balcone. Abbandono la gota sopra la ringhiera. E non sono triste. Non sono più triste. Ritorna stasera. E intorno declina l’estate. E sopra un geranio vermiglio, fremendo le ali caudate si libra un enorme Papilio… L’azzurro infinito del giorno è come una seta ben tesa; ma sulla serena distesa la luna già pensa al ritorno. Lo stagno risplende. Si tace la rana. Ma guizza un bagliore d’acceso smeraldo, di brace azzurra: il martin pescatore. E non sono triste. Ma sono stupito se guardo il giardino… stupito di che? Non mi sono sentito mai tanto bambino… Stupito di che? Delle cose. I fiori mi paiono strani: ci sono pur sempre le rose, ci sono pur sempre i gerani…
INDOVINA L’ INDOVINELLO:
CHI E’ L’ AUTORE?
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INVITO ALLE ROSE
Ecco il maggio sereno: a chi le brama
ecco le rose, o giovinette. Fuori
uscite, o giovinette, alle odorose:
questo è il tempo soave che richiama
alla gioia gli amanti, al riso i fiori. Alle rose, alle rose.
Alle rose, alle rose, alle più molli
della nuova stagion vergin figlie
che fiammeggian tra l’erbe rugiadose.
Venite alla beltà che innostra i colli,
alle bianche venite, alle vermiglie;
alle rose, alle rose.
Alle rose, alle rose, ove un bel raggio,
nascendo, imprime la ridente aurora,
al fior che a voi simile il ciel compose.
Venite a quelle onde si pinge il maggio,
a quelle onde l’amore si colora;
alle rose, alle rose.
Alle rose, alle rose, e ghirlandette
tessete sì che il crin ve ne sorrida.
Tra lor, cantando, l’usignol si pose:
tra lor, cantando, l’usignol si pose:
e par dica: o leggiadre giovinette,
pria che più in cielo il sole arda e le uccida,
alle rose, alle rose.
-Agostino Cagnoli-
le colombe di Guttuso.
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