Torniamo all’Alcoa, la fabbrica di alluminio nel Sulcis sardo che ha spento le ultime celle dello stabilimento il 3 novembre. Ieri gli operai hanno contestato Bersani a Cagliari, con uno striscione: “Alcoa chiude, Bersani traditore”, ma lo scontento verso il Pd gli operai l’avevano già manifestato il 10 settembre a Roma, quando avevano strattonato Stefano Fassina davanti al Ministero dello sviluppo. Bersani replica: “Non ho tradito nessuno”, eppure fra i lavoratori il senso dell’abbandono è molto forte. Abbiamo incontrato Alessandra, ultima operaia dell’Alcoa, minoranza nella minoranza: sarda, sulcitana e donna. Fino a pochi anni fa in fabbrica non c’erano neanche i bagni per le donne: sono 20 contro 480 colleghi uomini. Ha marciato, è stata a Roma, ha protestato, presidiato lo stabilimimento assieme ai suoi colleghi, ma oggi Alcoa chiude.
Alcoa, Portovesme, Sulcis. A scandire la storia di questi lavoratori ci sono i loro caschetti battuti a ritmo di marcia sulle strade impoverite del Sulcis, una musica che è diventata un requiem per un’intera provincia, la più povera del Paese.
L’Alcoa l’abbiamo vissuta pure allo stadio, con i giocatori del Cagliari che la sostenevano, l’abbiamo sentita sulla pelle ogni volta che i telegiornali trasmettevano le immagini degli scontri a Roma con la Polizia. Su questo blog l’abbiamo raccontata in prima persona seguendoli fisicamente nelle loro proteste originali, sfrontate, coraggiose. Siamo stati tutti orgogliosi di questi fratelli che oggi al Ministero del Lavoro raggiungeranno un accordo importante, hanno perso la vertenza ma hanno vinto almeno in tema di diritti: verrà firmato, assieme alla cassa integrazione per i lavoratori diretti dell’Alcoa, un accordo per i lavoratori degli appalti.
A fare la loro forza è stata l’unità, la dignità, il non arrendersi ma anche l’enorme e purtroppo spesso invisibile sostegno che le donne hanno dato alla causa. Mogli, sorelle, madri, fidanzate, ma anche colleghe.
Alessandra Perna ha 37 anni, laureata in ingegneria meccanica, è entrata come stagista nel 2008 e dopo sei mesi ha iniziato ad accumulare contratti a progetto, fino a marzo 2011 quando, dopo l’accordo firmato a Roma che salvava l’Alcoa per due anni, ha firmato il tanto sognato contratto a tempo indeterminato. “Sai, non ero felice solo perché mi consideravo più tutelata e vedevo davanti a me una sicurezza duratura, ma anche come donna. In fabbrica siamo solo 20 su 500, essere un alcoana integrata era per me un’ulteriore traguardo importante. Un onore”.
Di cosa ti occupi? “Lavoro nel reparto di manutenzione della fonderia, in pratica verifico i guasti e intervengo trovando delle soluzioni. Fino a pochi anni fa non c’erano neppure i bagni per le donne, infatti io avevo una mia chiave per poter usufruire liberamente dei servizi”.
Ci sono più soldatesse che operaie nell’industria pesante, non è strano? “È una questione di mentalità, questo lavoro in fabbrica è percepito troppo pesante per una donna. In tutta Italia di donne operaie nel siderurgico se ne trovano, da noi nell’isola è veramente una cosa rara. Pensa che anche io sono inquadrata come impiegata contrattualmente.”
Come hai vissuto questi anni di lotta? Eri presente? “Sì, sono andata ben tre volte a Roma, ho marciato, partecipato ai presidi, e oggi mi ritrovo con la cassa integrazione. Nel mio futuro non vedo che emigrare all’estero.”
Perché pensi che il siderurgico sia morto in Italia? “Perché credo che la globalizzazione abbia ucciso la nostra economia, non ha retto, e perché dopo 60 anni di miniere e poi di fabbriche il Sulcis spero trovi una soluzione a questa crisi terribile, per esempio nelle bonifiche, anche se è ovvio che noi vorremmo tenerci le fabbriche per continuare a lavorare e a fare il nostro mestiere… ma sono pessimista”.
Hai fiducia nei politici locali? “In 20 anni non hanno saputo realizzare una politica industriale seria e duratura. Anche i soldi a pioggia che arriveranno dopo l’annuncio dei ministri tecnici, dovranno essere gestiti e incanalati in un progetto serio, altrimenti faranno la fine di tutti gli aiuti ricevuti in questi decenni”.
Quindi ti ha deluso anche questo governo? “Sì, purtroppo sì.”
Come lo vedi il Sulcis fra 20 anni? “Ci vorrà un miracolo per farci rinascere, lo auspico per tutti noi, per le donne anche di questo territorio, per le loro battaglie, per i giovani, per la Sardegna”.
di Claudia Sarritzu | @CSarritzu