Vorrei fare alcune considerazioni sul romanzo storico. Il romanzo storico offre l’indubbio vantaggio di mettere a disposizione del narratore molto materiale con cui alimentare una trama. Dal momento che le vicende del protagonista si intrecciano con quelle della storia degli uomini e la sua mole immensa di avvenimenti, suggestioni, personaggi e ambientazioni. Uno dei protagonisti del romanzo storico è infatti lo scenario o gli scenari storici che si sono scelti come quadri in cui inserire la vita o le vite degli attori principali. In quanto co-protagonista della trama la storia offre alla narrazione la sua affabulazione. In un romanzo storico pertanto non mancheranno sicuramente l’alternarsi di molte vicende di carattere ‘universale’ che si intrecciano con la vita dei protagonisti, con la loro storia particolare, che si movimenta, si sfaccetta, si arricchisce grazie a questa confluenza di piani. Il romanzo storico pertanto, non risulterà mai povero di vicende e questo rappresenta un indubbio vantaggio per quel narratore che ha difficoltà a confrontarsi con una trama avvincente e ricca di eventi, qualora ne avvertisse la necessità. D’altro canto il romanzo storico è molto insidioso, poiché non solo richiede un accurata documentazione da parte del narratore sul periodo storico che si è scelto di rappresentare, ma questo quadro deve essere animato, non risultare solo un elenco di fatti, di descrizioni stereotipate o dettagliate che si possono desumere tranquillamente da libri specialistici sull’argomento. Aspetto ancore più difficile è poi il tentativo di riprodurre in maniera credibile la vita di uomini vissuti nei secoli passati. Questo naturalmente risulta tanto più difficile quanto più ci si allontana dalla contemporaneità, dal nostro modo di sentire e di osservare il mondo. I sentimenti umani sono universali e senza tempo, quelli più profondi, almeno quelli che si sedimentano nell’interiorità incosciente di ogni essere umano, ma le sfaccettature, le espressioni con cui si manifestano sono naturalmente molto diversi. Intrecciare la coscienza di un uomo con il periodo storico in cui si è svolta la sua vita è forse l’aspetto più difficile da cogliere nella narrazione di questo tipo.
In tal senso uno degli ultimi romanzi che ho letto: La figlia del sole e della pioggia di Markus Orths edito da Piemme, è stato una grande delusione (nel 2006 ha vinto il premio Sir Walter Scott Award come miglior romanzo storico dell’anno), a parte la ricchezza degli avvenimenti narrati in uno stile picaresco, i personaggi, tra cui la protagonista principale, appaiono scialbi, piatti come la carta su cui sono stati nominati. Il periodo storico rappresentato, la Spagna del Seicento, non riesce veramente ad imporsi all’attenzione del lettore, resta scollegato dalle vicende dei protagonisti, non realmente fuso con essi. Quello che succede a Catilina sarebbe potuto accadere in qualunque altro periodo storico in cui prevaleva una mentalità maschilista, in qualunque altro luogo, non si capisce in che modo la personalità di questa donna si fonda in quegli eventi, prenda corpo da essi. In altre parole né Catilina né la sua storia paiono avere un’anima. Non almeno per tutta la durata del romanzo. Vi sono momenti in cui la fusione, infatti, riesce meglio, come la prima parte ad esempio in cui si descrive la nascita della ragazza e la sua crescita. Direi che la descrizione dell’origine dei due protagonisti principali, Catilina e Juan, sia la parte più riuscita mentre mano a mano che si procede nella lettura si perde il filo della loro evoluzione umana e storica.