Venti di guerra in Siria. Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia stanno per attaccare. Non si capisce bene come procederanno, se vorranno rovesciare il regime o se gli attacchi saranno mirati solo ad alcuni obiettivi. E’ il momento di ricapitolare gli avvenimenti. Grazie a il Post, alcune cose importanti sulla Siria:
Numeri
La Siria è ampia 185mila chilometri quadrati (l’Italia, per confronto, oltre 300mila) e ha una popolazione di 21,5 milioni di persone, con una densità di 117 persone per chilometro quadrato (noi siamo a 208). È suddivisa in 14 province a loro volta divise in 60 distretti a loro volta divisi in 206 sotto-distretti, che comprendono le città e i villaggi. Damasco si stima abbia 1,7 milioni di abitanti, ed è la seconda città per popolazione: prima c’è Aleppo (2,1 milioni) e al terzo posto c’è Homs (652mila). L’aspettativa di vita è di 71,2 anni di vita, mentre l’età media è di 21,7 anni. Nel 2012 il prodotto interno lordo (PIL) della Siria è stato di 73,67 miliardi di dollari: il PIL pro capite è di 3.289 dollari, contro i 33.049 dell’Italia. Nell’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite, la Siria è al 116esimo posto, al primo c’è la Norvegia, all’ultimo il Niger, l’Italia è al 25esimo posto.
Petrolio e agricoltura
La Siria non ha un’economia molto florida e dipende più che altro dalle esportazioni di petrolio e dall’agricoltura. Il settore agricolo costituisce circa un quinto del prodotto interno lordo (PIL), mentre le esportazioni di idrocarburi sono alla base del 40 per cento dei ricavi del paese. Le risorse si stanno comunque riducendo e questo pone problemi per il futuro dell’economia siriana. La guerra civile ha complicato le cose, causando una flessione del 35 per cento dell’economia del paese. Il governo ha irregimentato molto il settore economico, la disoccupazione è in aumento e ci sono settori che stanno patendo molto la guerra civile come quello del turismo: si stima che 4 impiegati su 6 nel settore abbiano perso il loro posto di lavoro dall’inizio del conflitto
La Siria indipendente
Dopo l’indipendenza, in Siria ci fu un lungo periodo di instabilità politica con continui cambi di governo e tredici colpi di stato. Il paese entrò a far parte della Repubblica Araba Unita, nata a inizio 1958 in seguito all’unione politica con l’Egitto. Non funzionò e dopo solo tre anni la Siria abbandonò il progetto. Seguì un nuovo periodo di disordine da cui trasse vantaggio il Partito Ba’th con un colpo di stato nel 1963. Tre anni dopo un colpo di mano interno al partito portò a un cambiamento della linea politica, da panaraba a socialista e filosovietica. La sconfitta nella Guerra dei Sei giorni, quella di Israele contro Egitto, Siria e Giordania del 1967, portò a un nuovo periodo di instabilità e a un nuovo colpo di stato interno al Ba’th che si risolse nell’instaurazione nel 1970 del regime di Hafiz al Assad, il padre dell’attuale presidente siriano Bashar al Assad che veniva da una intensa carriera militare e nel partito. Nel 1982 le forze siriane lanciarono un violento attacco contro la città di Hama per reprimere un’insurrezione promossa dai Fratelli Musulmani: il regime massacrò migliaia di persone dando un chiaro segnale ai propri oppositori.
Bashar al Assad
Bashar Hafiz al Assad è nato a Damasco l’11 novembre 1965 e sulla sua vita privata non si sanno moltissime cose. Parla bene l’inglese e il francese, gli piace nuotare e dal dicembre del 2000 è sposato con Asma al Akhras, con cui ha avuto tre figli. È di fede alawita, quindi musulmano sciita, e governa uno stato che è invece per la maggior parte sunnita. Fu scelto dal padre Hafiz come proprio successore dopo la morte del fratello maggiore Basil in un incidente d’auto nel 1994. Alla morte del padre, nell’estate del 2000, è diventato il nuovo presidente della Siria a poco meno di 35 anni e con nessuna esperienza politica alle spalle, tanto che si dice che ancora oggi governi grazie alle indicazioni della cerchia politica del padre. Il regime di Assad sostiene il partito libanese dello Hezbollah e il movimento palestinese Hamas in una posizione anti-israeliana. Anche grazie a questo, Assad è un leader popolare nel Vicino Oriente, nonostante il suo regime abbia via via ridotto le libertà e i diritti fondamentali dei siriani.
Nel 2010 fu fatto Cavaliere di gran croce decorato di gran cordone dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, onorificenza revocata “per indegnità” due anni dopo.La guerra civile
La Siria non è rimasta estranea ai moti di protesta e alle rivolte della cosiddetta “primavera araba” in corso da tre anni. Le prime manifestazioni contro il regime di Assad sono iniziate nel 2011 nel sud e si sono via via diffuse verso nord, interessando anche Damasco. I manifestanti chiedevano maggiori aperture democratiche, ma le proteste sono state represse con violenza e ci sono stati duri scontri tra polizia e oppositori del regime. La protesta è degenerata nel 2012 in guerra civile e vede contrapposti da una parte le opposizioni riunite nella Coalizione nazionale siriana – ma anche molte fazioni autonome e diverse – e dall’altra il regime siriano, che gode dell’appoggio di paesi vicini come l’Iran e più o meno apertamente della Russia. I ribelli hanno ottenuto aiuti e sostegno, anche in questo caso più o meno indirettamente, da Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Turchia, per citarne alcuni.
Armi chimiche
Secondo gli Stati Uniti e diversi altri paesi occidentali, in almeno un’occasione sono state utilizzate armi chimiche durante gli scontri tra ribelli e forze leali al regime di Assad. Nella stragrande maggioranza delle nazioni del mondo le armi chimiche sono state bandite con la Convenzione di Parigi entrata ufficialmente in vigore nel 1997. La Siria non ha aderito alla convenzione e si ritiene abbia grandi quantità di gas nervini a disposizione, soprattutto gas sarin: è molto tossico e a contatto con la pelle, oppure se inalato, causa violenti conati di vomito, fuoriuscita di feci e urina e spasmi muscolari, l’esposizione al gas può portare alla morte per soffocamento in pochi minuti. Ci sono indizi molto concreti che fanno supporre che gas nervini siano stati usati in un attacco contro i ribelli a est di Damasco lo scorso 21 agosto. Gli Stati Uniti dicono di esserne certi e stando alle ultime minacciose dichiarazioni del Segretario di stato, John Kerry, si stanno preparando per un intervento armato contro il regime di Assad. Probabilmente un’incursione di avvertimento, che non porti comunque direttamente al rovesciamento del regime.
La mia opinione è corrispondente a quella che oggi Enrico Mentana ha postato sul suo profilo facebook:
Le guerre “etiche” nel nostro tempo sono quasi tutte ingiuste, e sbagliate. Non è una frase retorica, è il risultato dell’analisi di quello che è successo nei Balcani, in Somalia, in Afghanistan, in Iraq, in Libia. Ci siamo liberati di Milosevic, di Saddam, di Gheddafi, di Bin Laden, e stiamo per cacciare Assad, da Damasco o dalla faccia della terra. Ma l’intervento che forse sta per cominciare, e che ha le sue ragioni, dopo oltre due anni di massacri nella guerra civile, è già minato dagli errori e dai fallimenti precedenti. Fu patetico lo sbarco di Mogadiscio, affrettato e non indispensabile l’attacco alla Serbia, deciso solo sulla scia dell’emozione l’intervento in Afghanistan poche settimane dopo l’11 settembre. Del tutto ingiustificata l’invasione dell’Iraq (mai trovate le armi di distruzione di massa di Saddam, come le migliaia di fosse comuni nel Kossovo), e altrettanto privo di reale significato umanitario l’aiuto ai ribelli anti-Gheddafi in una pseudo guerra civile appena iniziata, peraltro contemporaneamente a quella siriana. Senza l’intervento americano negli anni 40 forse oggi in tutta Europa marceremmo col passo dell’oca, e non dobbiamo mai dimenticarlo: ma questo enorme debito democratico e militare non può farci dimenticare tutto quello che è successo dopo, e neanche l’America può scordare le lezioni della storia, dal Vietnam in poi. Eppure, non sembri una contraddizione, è doveroso usare la forza per porre fine alla mattanza siriana. La diplomazia ha avuto tutto il suo tempo, e ha fallito. Tocca all’Onu imporre un esercito di interposizione, intanto, per fermare la carneficina. Questo neanche Mosca, fin dai tempi dell’Urss grande protettrice del regime degli Assad, lo può impedire.