All’indomani della “veglia di preghiera e digiuno” indetta dal Papa per scongiurare, con le ‘armi spirituali’ di cui dispone, il pericolo di una guerra mondiale che potrebbe innescarsi con un intervento militare occidentale in Siria, e mentre l’America fatica a trovare consenso ed alleati per questa sua ennesima “liberazione” dettata – tanto per cambiare – da ragioni squisitamente “morali”, si delinea sempre più chiaramente, a livello mediatico, un’inversione di tendenza o quantomeno un riequilibrio del modo di presentare la cosiddetta “questione siriana”, il che si sta traducendo in una “offerta informativa” più variegata rispetto a quella, a senso unico pro “ribelli”, propostaci sulla Siria da un paio d’anni a questa parte.
Su Rainews24, solitamente schierata per tutte le cause occidentali secondo la retorica dei “diritti umani” (minoranze, donne, gay ecc.), sono comparse le corrispondenze da Damasco di Gian Micalessin, che scrive su “Il Giornale” gli articoli più filogovernativi (siriani) pubblicati sulla stampa a grande diffusione. Micalessin non è certo un giornalista con credenziali “di sinistra”, tutt’altro, il che aumenta lo stupore nel vederlo su Rainews24 (una specie di ammiraglia del Tg3, feudo inespugnabile del PCI-PDS-DS-PD); ma purtroppo – non si sa se per disinformazione sua o perché quelli sono i paletti che gli hanno imposto per portare nelle case degli italiani alcune “scomode verità”- egli presenta lo scontro in atto nel paese vicino-orientale entro lo schema, peraltro non nuovo, dei “cristiani massacrati dai musulmani”; il che non è esatto, se per “Islam” tout court s’intende l’interpretazione datane dai petromonarchi e dalla loro internazionale di “saraceni dello Zio Sam” o “jihadisti atlantici di servizio”.
In Siria ci sono infatti anche molti musulmani praticanti (e non solo “anagrafici”, quindi) dalla parte del governo o che comunque non sono dalla parte dei “ribelli” (avendo magari preferito delle “riforme” dell’attuale sistema); ma essi rappresentano un Islam più “tradizionale”, più profondo e più “mistico”, e perciò più aderente allo spirito del messaggio originario, perché può vantare un ricollegamento effettivo con la Fonte da cui promana lo Spirito, rispetto alle semplificazioni sconcertanti che girano nella testa del ‘jihadista medio’. Tra l’altro, questo tipo di lettura del Corano e della tradizione profetica islamica, estremamente semplificata e, va detto, sempre più diffusa tra le masse islamiche stesse, ricorda l’istupidimento di quelle occidentali negli anni Settanta, quando “tutti” facevano a gara a chi era più “proletario”, “operaista”, marxista-leninista eccetera, in una delirante gara a chi era più estremista e col logico corollario della violenza verso coloro che non erano d’accordo (elementi di sinistra compresi, considerati “deviati” e “revisionisti”).
Ciò premesso, e sottolineato che è solo un bene che la tv pubblica dia spazio ad una voce e ad una versione sin qui silenziate (come se in Siria “tutti” – tranne gli alawiti ed cristiani – fossero contro il governo, il che è palesemente assurdo, non fosse che per una questione meramente numerica), è evidente da questi servizi di Gian Micalessin, proposti ad un vasto pubblico, che esiste un notevole mal di pancia all’interno dell’”alleato” italiano… Si tratta infatti – come denunciato dallo stesso Micalessin – di una perdita secca in termini energetici e di mercato se la Siria va in mano agli amici wahhabiti e salafiti degli angloamericani e dei sionisti.
Quanto ai loro amici nostrani – che certo non mancano -, a fare da contraltare a Micalessin che ci parla di Maalula, cittadina a maggioranza cristiana dove ancora si parla l’aramaico e che ho avuto la fortuna di visitare da turista solitario una quindicina d’anni fa, trovandomi, con mia grande sorpresa e felicità, ospite a pranzo di una famiglia locale cristiana e parlante aramaico, vi sono le sempre stupefacenti corrispondenze di Claudio Pagliara, che è riuscito a mostrarci dei feriti siriani curati in… Israele (!), i quali (col volto nascosto alla telecamera), promettevano solennemente che al loro ritorno in patria avrebbero decantato le lodi dello “Stato ebraico”! Tuttavia, in mezzo ad immagini edificanti nelle quali si vedevano gli immancabili infermieri-pagliacci che allietavano le giornate dei degenti siriani, Pagliara non ci ha spiegato perché il così compassionevole “Stato ebraico” non avesse provveduto anche alle cure delle vittime palestinesi delle bombe israeliane al fosforo bianco!
Dunque, meno male che, oltre a Pagliara, adesso il pubblico a casa può anche ascoltare Micalessin. Eppure, sebbene stia emergendo anche mediaticamente una presa di coscienza che la caduta del governo siriano sarebbe un tracollo per gli interessi italiani, il modo di presentare il tutto non è ancora quello giusto.
E non mi riferisco a questioni di dettaglio, bensì di sostanza del discorso che la gente minimamente interessata dovrebbe capire.
Con la distruzione della Siria vi è difatti il concreto rischio (suffragato da quanto già avvenuto in Iraq e, decenni prima, in Arabia) che un Islam “tradizionale”, quello delle turuq, le vie iniziatiche che traggono legittimità da catene ininterrotte di Maestri che risalgono fino al Profeta dell’Islam, scompaia dalla scena per lasciare il posto ad un Islam dalla “pietà” tutta scenografica, il quale, tanto per dirne una (ma l’elenco è lunghissimo), permette la costruzione d’un gigantesco orologio in stile “Big Ben” accanto alla sacra Ka’ba… Un’interpretazione che, nella sua furia di escludere per decreto il soprannaturale dall’esperienza religiosa dei credenti, non fa che preparare un inaridimento che preannuncia la fine stessa dell’Islam, così com’è successo ovunque le correnti più antimetafisiche si sono imposte.
Adesso un cristiano potrebbe disinteressarsi di tutto ciò, e pure goderne. Ed invece farebbe malissimo, perché, se quella “convivenza” tra differenti religioni è stata così viva ed operante per secoli (dunque non aveva un estremo bisogno delle “iniziative” di Padre Dall’Oglio), ciò lo si deve anche al fatto che nelle terre a maggioranza musulmana – e nello specifico in Siria – vi è sempre stato un rispetto profondo per tutti i “santi” e le istituzioni da essi fondate, che hanno rappresentato quell’humus che ha permesso, anche nel quotidiano (com’è riscontrabile in altre realtà, in India, ad esempio), la vicinanza e addirittura la condivisione spirituale tra “diversi”, tutti sotto questo stesso Cielo…
Per chi non crede che tutto si risolva in faccende strettamente “terrene”, la partita si gioca essenzialmente su questo piano. Ovvio che tutte le altre chiavi di lettura sono valide e spiegano parzialmente le dinamiche in atto; tuttavia, per orientarsi nell’intera “questione mediorientale” e perciò anche in quella siriana, è necessario comprendere che il pericolo non è rappresentato dall’Islam, bensì dalla sua deviazione razionalistico-letteralista, da sempre presente in ogni religione, ma provvidenzialmente sin qui tenuta ancora in parte a freno. Forse, colmo dello ‘scandalo’, proprio da certi cosiddetti “regimi laici” che non hanno mai incoraggiato il laicismo e la corrispondente visione del mondo, tanto per fare una precisazione necessaria.
D’altra parte non si possono spiegare altrimenti certe “inspiegabili” alleanze di ferro tra i fautori del progetto di “occidentalizzazione del mondo” e gli “ultraconservatori islamici”, che in realtà, ad un’attenta disamina della loro ideologia, non “conservano” un bel niente ma, anzi, apportano continue innovazioni, senza timore di scadere in palese contraddizione, visto che proprio loro accusano continuamente l’Islam tradizionale – ovvero quattordici secoli di storia e di elaborazione dottrinale – di “innovazione” eretica!
Non comprendere questo espone a gravi rischi interpretativi della situazione in corso; il primo rischio che si corre consiste nell’abboccare ad una propaganda, sempre pronta a riattivarsi al massimo dell’intensità, che dipinge lo scontro in atto come quello tra “l’Occidente (giudeo-) cristiano” e l’Islam, che è quanto di più falso si possa immaginare.
Postilla: proprio mentre scrivo queste note, giunge la notizia della liberazione del giornalista de “La Stampa” Domenico Quirico, il quale, afferma che “è un dovere morale” – sulla base di informazioni reperite durante la prigionia nelle mani dei “ribelli” – far sapere a tutti che “non è stato al-Asad ad aver usato le armi chimiche”. Il risalto dato a queste parole sia dall’Ansa che da Rainews24 conferma che è in atto, se non un ripensamento generale al riguardo della “alleanza atlantica”, quanto meno un riposizionamento italiano nei confronti della “questione siriana”.
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