Claudio Finelli, SULLE MIE LABBRA, La Vita Felice 2013
È esperienza che si dirama tra un prima e un dopo, tra l’esserci totalmente e lo scomparire per sopravvivenza. Così in queste poesie la parola si ritaglia la formula di un canzoniere rinascimentale, ingabbiatissimo, quindi, in strutture metriche che ne esaltino le pulsazioni ritmiche, il canto, come se il cantare non fosse esperienza contingente, ma esperienza universale del movimento verso l’altro, con tutto l’attrito che questo comporta; verso il totale potere dell’altro – come dimenticare i versi di Gaspara Stampa, mentre “chi soffre non è profondo”, e non lo può essere, certo, in preda com’è a trovare parole lenitive, il pharmacon, anche nella forma del ragionamento, della speculazione risolutiva.
Che cosa ha imparato, alla fine, chi scrive, dalla propria musa, e che cosa ha imparato la musa, l’oggetto della corrispondenza? Difficile a dirsi. Sta di fatto che i testi finali di questo libro, parlano, appunto, di un concludersi, di un trapassare, di un attestarsi oltre lo sconquasso e il dolore. Quantomeno per sopravvivenza. E, in fondo, amore crudele, altro non vuole che sacrifici, la parola del canto e la consunzione. Chi ha da imparare non ha imparato niente; deve solo scrivere ciò che, alla fine, è rimasto disossato. Necessario.
Sebastiano Aglieco
(Luneborg, luglio 2013)
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Sei tu
che ci sei
nell’aprirsi
e chiudersi
di colpo
delle palpebre di vetro
nell’ora densa
di questo tempo che
immobile
m’inchioda al presente
ed alla morte
che mi s’incrosta fra le dita.
p. 41
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Giallo
l’angolo della memoria
con quel che resta
del mio e del tuo nome
polvere già
tra gli interstizi
del tempo
che non sarà
restituzione
mai.
p.43
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Stasera
sassi non parole:
acciottolare sillabe
tra labbra ruvide
e a mezza voce dirti
roccia la voce in gola
che sei ricordo
e nel mio verso
mai più il tuo sangue
non ci sarà dolore.
p.46
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Il tempo è un filo a piombo
che lascia barcollare entrambi
senza peso come fanno i giorni tuoi
che portano il mio passo attento al dosso
e viaggiano un profumo che conosco
quello che resta impresso dove
non più segreto
né mai più speranza
tu hai baciato un bacio da non dire
sfiorando nottetempo quasi un sogno
il nome arcobaleno sulla soglia
sosta l’orgoglio ancora nella nebbia.
p.47
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Pensarti
proprio stanotte
che sosto
come un passante
su questo lato della verità
e immaginare
la vita che dicesti
con entusiasmo di ragazzo
essere per sempre
il fuoco che per gioco
ci rivelò gennaio.
p.51
***
Tu
ormai lo sai
lo leggi scritto
ad occhi chiusi
sulle mie labbra.
p. 54